USA e getta

1 Settembre 2008

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Antonio Mannu

“Usa e getta”, titolo di una mostra fotografica esposta per alcuni giorni di agosto a Maddalena,  è un progetto che coniuga linguaggi e modi della comunicazione pubblicitaria con la documentazione fotografica di un evento reale: la partenza dalla Maddalena delle truppe e dei mezzi navali USA che, per circa 35 anni, hanno occupato parte del territorio dell’isola di Santo Stefano, nel cuore dell’arcipelago. Il lavoro è costituito da una serie di dittici fotografici, semplici ma efficaci, che accostano immagini in bianco e nero, realizzate nel villaggio Trinita, luogo di residenza delle truppe e delle famiglie al seguito,  o nel centro storico di Maddalena, con fotografie a colori di oggetti “di consumo” contenuti dentro un’anonima scatola di cartone, suggestione che evoca reperti di autopsia o d’ investigazione. Il bianco e nero  racconta luoghi ormai vuoti e muti, aule scolastiche, orologi fermi alla stessa ora, un tabellone da pallacanestro, una mappa-graffito USA tracciata su un pavimento, un carrello per la spesa americano doc, probabilmente giunto sull’isola dopo un lungo tragitto navale o aereo. La vetrina di una concessionaria di automobili, “usate”, ingresso riservato ai soli militari americani, recita una scritta, un’altra, su un’altra vetrata, ha perso qualche lettera: dice di una clinica per personale militare statunitense. Tracce, memorie, segni, in qualche caso ormai evanescenti, della presenza e del passaggio degli americani. Accanto  a queste le foto neutre di oggetti “di consumo”: un rasoio usa e getta; un cartone di latte strizzato a dovere; un proiettile; un preservativo; le belle statuine da torta nuziale di due sposi; un guanto, una fotocamera monouso, altri oggetti che passano in fretta. Oggetti che sono anch’essi tracce concrete di quella presenza, di quel passaggio, alcuni “forse, ma non necessariamente rinvenuti sulla “scena del delitto”, perché non c’è nessuna verità da svelare, ma, come sempre solo una storia da raccontare.” “Usa e getta” nasce da un’idea di Roberto La Monica, nato a Bergamo nel 1968, pubblicitario professionista da 17 anni che conosce e frequenta la Sardegna e La Maddalena da 20 anni. La Monica frequenta l’ isola essenzialmente per trascorrervi brevi periodi di vacanza, ma è persona attenta e vivendo i luoghi del passaggio e dell’abbandono americano, relazionandosi con la gente di Maddalena, coglie appieno la portata della partenza delle truppe USA, un’attenzione che da il via al progetto. La Monica propone la sua idea al fotografo Virgilio Fidanza, anche lui bergamasco, fotografo professionista dall’81, principalmente attivo nel settore industriale e pubblicitario al quale affianca l’insegnamento e la realizzazione di progetti fotografici d’autore. Insieme, nel novembre 2007, compiono un’incursione a Maddalena, cercando i luoghi che ancora testimoniano la più che trentennale presenza statunitense. “L’uscita di scena degli americani” scrivono “diventa così un laboratorio a cielo aperto di ciò che significa appropriazione e disappropriazione di un territorio, aprendo scenari imprevedibili e numerosi problemi rispetto al futuro dell’isola. Una realtà che oggi appare inevitabilmente contraddittoria e dis-armante (significativa coincidenza terminologica). Lo si intuisce: non potrà restare per molto così come oggi la vediamo, complice anche la struggente bellezza di un’isola che, forse, potrà trovare solo ora una propria vocazione turistica. Dominatore assoluto dello scenario è in ogni caso il trascorrere del tempo, entità immateriale eppure palpabile in ogni immagine, capace di disgregare perfino il cemento armato. Tempo della memoria, della riflessione, ma anche chiara sollecitazione ad esprimersi ed agire.” La mostra è completata da dei testi, tra i quali  un sintetico ma documentato resoconto  che ripercorre la storia di mezzo secolo di servitù militare: dall’ accordo segreto, stipulato nel 1954 fra Italia e Stati Uniti, relativo a «infrastrutture bilaterali», che prevede, fin dagli anni 60 la creazione di un «punto di approdo per una nave appoggio della Us Navy per sottomarini da attacco». Sotto questa denominazione venne costruita una vera e propria base per i sottomarini da attacco nucleare della Sesta flotta, progressivamente ampliata e attrezzata per accogliere personale militare, unità di marina e armamenti nucleari. Non una base Nato ma un centro logistico-militare esclusivamente statunitense, che rientrava a tutti gli effetti nella catena di comando del Pentagono. Pur essendo in territorio italiano, era sottratta a qualsiasi meccanismo decisionale da parte del paese ospite. La prima nave appoggio a sottomarini nucleari, la Uss Fulton, arrivò di fronte all’isola il 2 agosto 1972, ormeggiandosi alla banchina di Santo Stefano. L’arrivo degli americani scatenò polemiche sull’opportunità politica e sociale di ospitare armamenti in Sardegna. Una storia locale e globale, inserita nello scenario della Guerra Fredda, che ha segnato l’isola influenzandone l’ economia, i costumi, la cultura, la politica, l’ambiente. Una presenza inquietante per molti, una opportunità di lavoro per altri, un rebus militare e strategico caratterizzato da segreti e anche bugie. Come nel 1984 quando il ministro Spadolini disse che si trattava solo di: «uno speciale punto di attracco oggetto di vari accordi tra il governo italiano e quello degli Stati Uniti, e mai si è pensato di trasformarlo in base operativa». garantendo anche che «non esistono missili nucleari Cruise, tipo quelli di Comiso, a La Maddalena né nelle acque territoriali italiane». Venne però smentito quattro anni dopo da una ricerca compiuta, anche sulla base di documenti ufficiali, da due analisti statunitensi, William Arkin e Joshua Handler (Briefing paper on La Maddalena: a key site for sixth fleet Tomahawk Cruise missiles, Greenpeace News, 22 giugno 1988). «La base della marina statunitense a La Maddalena – documentano – si trova al centro della corsa agli armamenti nucleari navali nel Mediterraneo. La Maddalena costituisce uno dei più attivi e completi depositi nucleari e centri di riparazioni della marina statunitense”. Il testo si conclude analizzando brevemente l’attualità, ricordando anche la situazione dei lavoratori che, con la fine della presenza statunitense nell’isola, hanno perso il lavoro. “Inizialmente i lavoratori potenzialmente a spasso con la dipartita americana erano 172, alcuni sono andati in pensione, altri sono stati trasferiti in altre basi, sono così 160 i dipendenti che entro la fine dell’anno dovranno essere inevitabilmente licenziati. Nel frattempo alcune cose stanno cambiando. Ad esempio un noto pub, frequentato fino a tarda notte dai soldati americani, cambierà insegna e ragione sociale. Il locale notturno, ha pensato il proprietario, non funzionerà più: meglio una spaghetteria.” “Usa e getta” è visibile sul sito web: www.usaegettaprogetto.com

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