2 Giugno: la Repubblica onora la Memoria degli internati IMI nei lager nazisti

1 Giugno 2021

[Marco Sini]

Il 2 giugno è la Festa della Repubblica e della Costituzione e la Repubblica con la consegna della “Medaglia d’Onore” rende memoria ai militari italiani.

Soldati, Carabinieri, Guardie di Finanza, Poliziotti che furono internati nei lager della Germania nazista. Si tratta di quei soldati italiani che il giorno dell’armistizio dell’8 settembre del 1943, e nei giorni immediatamente successivi, si trovavano nel continente italiano o in Paesi e territori occupati dall’esercito tedesco e rifiutarono di proseguire la guerra a fianco della Germania nazista nei ranghi ausiliari della repubblica di Salò di Mussolini. Per questo loro rifiuto furono arrestati, deportati e internati nei lager nazisti in Germania e nei Paesi sotto occupazione tedesca.

I soldati italiani arrestati dai tedeschi subito dopo l’8 settembre erano circa 1 milione a cui fu posta quella drammatica alternativa tra continuare a combattere a fianco dei tedeschi, cosa che solo pochissimi fecero (circa 97.000, meno del 10%) mentre circa 800.000 furono deportati. Un numero rilevante di loro riuscì però a sfuggire all’arresto o durante il trasporto e andò a rafforzare le formazioni partigiane che si stavano costituendo. Il restante, pari a 650.000 circa, finì internato nei lager tedeschi come IMI.

Come ha annotato il Presidente Mattarella “Fu il senso dell’onore e dell’amor patrio a far preferire a 650.000 militari italiani la terribile, e spesso mortale, deportazione nei lager in Germania, piuttosto che combattere a fianco degli oppressori e degli aguzzini”.

Gli internati militari italiani, gli I.M.I., Italienische Militär-Internierten, come furono definiti da Hitler per privarli dei diritti che spettano ai prigionieri e dell’assistenza della Croce Rossa Internazionale, furono i protagonisti della Resistenza senz’armi, o dell’“Altra Resistenza”, come la definì Alessandro Natta, anche lui internato insieme a Giovannino Guareschi, Tonino Guerra, Gianrico Tedeschi, solo per citare i nomi più noti. Quella degli internati militari è stata una Resistenza ignorata per tanto tempo, nascosta dai governanti del dopoguerra e anche da quella parte che pure onorava la Resistenza in armi dei Partigiani e li difendeva perchè in quegli anni erano sotto attacco. Ecco perché la Repubblica rende loro onore attraverso un riconoscimento formale.

Il 2 giugno il Prefetto di Cagliari, proseguendo una consuetudine iniziata diversi anni fa, consegna alcune Medaglie d’Onore a quei sodati che fecero “la scelta giusta”, quella che fu una scelta di Resistenza, “per senso dell’onore e dell’amor patrio”, come ha detto il Presidente Mattarella.

Le Medaglie d’Onore sono conferite in base all’art. 1, commi 1271- 1276 della Legge n. 296/2006 e sono rilasciate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la dicitura completa impressa nella medaglia che recita Nome e cognome dell’IMI – Medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti 1943-1945.

Il Prefetto consegnerà le medaglie, di persona a Ignazio Meleddu, di anni 98 anni, e alla “Memoria” a figli e nipoti di altri che non sono più in vita, accomunando a loro idealmente anche quelle centinaia di migliaia di IMI, sconosciuti ai più, che non hanno fatto la procedura per il riconoscimento e che in vita hanno nascosto o rivelato solo in parte la drammatica esperienza vissuta.

Ignazio Meleddu ha raccontato la sua storia di IMI in un Diario “Viaggio della mia vita”, di cui pubblico qualche stralcio che rende il senso della scelta.

Arrestato a Tirana dopo l’8 settembre “Due giorni dopo la resa, vennero in reparto tre ufficiali tedeschi, ci riunirono con i nostri ufficiali, e, tramite un interprete con un discorso che non lasciava nessuna speranza di libertà e rientro in patria, ci dissero: Volete venire con noi o seguire la sorte? Nessuno alzò la mano. La risposta era ovvia: Seguire la sorte! Così avvenne la resa”.

Poi lunghi viaggi in treno fino a Belgrado, Budapest, Bratislava e Vienna.

“Montati nuovamente sul treno, questa volta in vettura, per il campo di concentramento, dove arrivammo verso l’una di notte a causa di prolungate soste. Fu il 12 Ottobre del 1943 che varcai la porta entrando in una zona recintata con del filo spinato ed attraversandola, con la guardia vicino, accorato ricordai le parole di Dante nella Divina Commedia, III canto dell’inferno, per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore. Ci assieparono in un grande salone pieno di panche e tavole e, sopraffatto dalla stanchezza, sdraiato per terra mi addormentai, ma solo per poche ore. Non era ancora l’alba quando le guardie ci svegliarono con il sibilo dei fischietti interrompendo così il nostro riposo e, tramite l’interprete, ci ordinarono di uscire all’aperto ed in fila per tre, avanti di corsa costeggiando il perimetro del campo per diversi giri, erano centinaia di metri, loro dicevano che era necessario per sgranchire un po’ le gambe. Ricordo, il posto era bianco di brina ed aleggiava una leggera foschia. Faceva freddo ed io, abituato ad una temperatura mite, ne soffrii parecchio”. “Partimmo per ultimi, destinati ad un campo di concentramento vicino alla ferrovia, denominato “ S. Martino” Lager 1102/ G. W. 398/ Linz” La Liberazione e il rientro “

“Nel campo di concentramento di Ebensee restai quindici giorni. Il rimpatrio era programmato in maniera da rispettare i tempi di permanenza in prigionia. I primi ad essere rimpatriati furono i belgi con i francesi e gli spagnoli perché prigionieri dal 1940 poi via via gli altri. Noi italiani partimmo con un’auto-colonna la prima decade di Giugno con destinazione Innsbruck per proseguire in treno fino al Brennero. Arrivammo alla frontiera in una mattina molto fredda, ricordo bene quel posto bianco di brina”. Primo Luglio 1954 sbarco a Cagliari.

Anche Angelo Puddu, classe 1921, alla cui memoria riceverà la medaglia sua figlia Elisiana, ha scritto un “Diario di prigionia” con annotazioni significative a partire dal titolo “25 ottobre 1943, un NO di massa!”. Angelo Puddu era un geniere di stanza a Valona (Albania) quando fu arrestato dai tedeschi il 10 settembre del 1943 e dopo essere passato per un campo di concentramento provvisorio a Drashovice era stato internato in diversi campi da Petrvald a Karvina, sotto-campi dello Stalag VIII-B, lavori in miniera, nella Repubblica Ceca.

Dopo la liberazione da parte dell’Armata rossa Angelo Puddu fu portato in un sanatorio in Polonia che era diventato un luogo di raccolta dei profughi dove anche gli internati italiani trovarono posto e anche sollievo. Poiché i tempi del rimpatrio si stavano allungando, dopo due mesi di permanenza Angelo scappò dal sanatorio in Polonia insieme a due compagni per tentare di rientrare in Italia al più presto per proprio conto. Dopo essere ripassato per la Cecoslovacchia e poi per l’Austria e di nuovo in Cecoslovacchia finì in un presidio militare americano. Il 28 luglio presero il treno per l’Italia.

Giovanni Pitzalis, nato a Suelli il 17.11.1921, invece non ha lasciato scritti della sua prigionia e, come hanno fatto in tantissimi come lui, non ha parlato della sua drammatica esperienza fino alla sua morte avvenuta il 3 luglio del 1978. Giovanni Pitzalis era un marinaio della Regia Marina Militare che fu arrestato dai tedeschi il 10 settembre del 1943 a Livorno e da lì deportato in un Paese dell’est occupato dai tedeschi fino alla liberazione del 6 luglio del 1944 come risulta dal foglio matricolare. Per lui ritireranno la medaglia alla Memoria la figlia e i nipoti.

In tutti quelli internati che hanno scritto o raccontato è presente l’orgoglio di quel “No di massa” di cui ha scritto Angelo Puddu e di cui aveva raccontato il monserratino Franceschino Fois, scomparso di recente, a Gianfranco Vacca che ne aveva trascritto la testimonianza nel libro “Monserrato – Uomini e donne raccontano la seconda guerra mondiale”. Ha raccontato Francesco Fois intervallando l’italiano con il sardo: ‘Qualche giorno dopo l’armistizio si presentarono i tedeschi con un interprete e ci dissero “Piccioccus chini olidi abarrai cun is tedescus arzit sa manu ca depinti andai volontarius a su fronti (Ragazzi chi vuole stare con i tedeschi alzi lamanoper andare volontario al fronte) ’. Io dissi subito di NO! In genere i tedeschi non erano cattivi ma quel giorno quelli delle SS facevano paura solo a guardarli”.

In questo 2 giugno non posso non ricordare il 2 giugno del 2013 che vide il conferimento della medaglia d’onore alla Memoria del mio concittadino Antonino Argiolas, carabiniere IMI di Monserrato.

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