Assistenza sanitaria primaria in Sardegna: Rifondazione della medicina generale e cure primarie

10 Febbraio 2023

[Francesco Carta]

La crisi della sanità in Sardegna sta superando le più pessimistiche previsioni. La carenza di personale sanitario impedisce il funzionamento degli Ospedali, dei Reparti ospedalieri, dei Pronto Soccorso (PS) e del Servizio di emergenza e urgenza.

Tale situazione è aggravata dalla crisi della medicina territoriale e delle cure primarie (extraospedaliere) che dovrebbero costituire il primo accesso dei cittadini al Servizio sanitario nazionale (SSN). Il ruolo di filtro per l’accesso alle cure oggi viene meno a causa della gravissima carenza di medici di medicina generale in tutta la Sardegna. La medicina generale e delle cure primarie costituisce il secondo pilastro del SSN; se viene meno la sua funzione crolla tutto il S.S.N. Se non funzione la medicina generale territoriale non possono funzionare né gli ospedali né i PS e tanto meno si può praticare la prevenzione e garantire la tutela della salute nel suo complesso. In una situazione di carenza numerica e organizzativa di medici di medicina generale, aumentano i ricorsi al PS anche quelli impropri, e se vengono rifiutati oggi, si ripresenteranno domani in condizioni di maggiore gravità. In queste situazioni non è garantito il diritto alle cure. Noi, come medici di medicina generale, nei nostri studi e ambulatori abbiamo sempre garantito le cure per i codici bianchi, verdi, ma anche gialli e rossi; vorremmo continuare a farlo senza essere sommersi da un carico burocratico insostenibile. Ovviamente si invia l’assistito al PS o in ospedale quando necessario.

In tutti i comuni della Sardegna mancano medici di medicina generale a causa del pensionamento degli stessi (largamente prevedibile) e dell’abbandono di un settore lavorativo non attraente come in passato. Centinaia di comuni sono senza medico di base. Nella maggior parte degli ambiti territoriali i concorsi vanno deserti. Non si trovano medici sostituti in quanto i pochi medici presenti preferiscono fare altri lavori.

I medici di continuità assistenziale (CA,ex guardia medica) vedono aumentare le richieste degli utenti, anche improprie, a causa della carenza di medici di base, senza precise direttive, concordate, da parte ella ASL e della Regione.

In questa situazione si ricorre a scelte di emergenza che non sempre risolvono i problemi anzi, talora li aggravano.

Il malcontento, i disagi e le proteste dei cittadini e degli operatori sanitari sono all’ordine del giorno. I sindaci e gli amministratori minacciano proteste clamorose, ricorrono a denunce legali per garantire il diritto alla salute e alle cure dei propri cittadini amministrati.

Il personale sanitario e i medici di medicina generale sono allo stremo. Talvolta sono addirittura costretti ad abbandonare il lavoro a causa di stress eccessivo (burnout) e le sempre più esasperate, e talora aggressive, rivendicazioni degli utenti. Teniamo conto che le pressioni arrivano anche da coloro che sono senza medico di famiglia.

Le proteste dei sanitari della medicina territoriale sono anche collettive come dimostrano le prese di posizione della categoria dei medici di famiglia; i sindacati denunciano il tentativo di liquidazione della medicina generale.

Le proteste arrivano spontanee anche al di fuori dei sindacati, come dimostra l’assemblea di centinaia di medici di medicina generale a Tramatza, auto-convocata sui social, per esporre le proteste, i disagi  e le proposte concrete dopo la decisione dell’Assessore regionale alla sanità di aumentare il massimale da 1.500 a 1.800 assistiti in modo obbligatorio per tutti i medici di medicina generale , non facoltativo come invece sarebbe corretto.

Ho svolto il lavoro del medico di famiglia per scelta, non per ripiego, con passione ed entusiasmo, per 42 anni, e lo rifarei, a certe condizioni. Negli ultimi due anni ho assistito circa 1.800 pazienti, quando un collega dell’associazione andò in pensione e non fu nominato un sostituto. Lo feci liberamente, per mia scelta.

Lavorare con 1.800 assistiti è cosa gravosa e per molti aspetti impossibile. La qualità del lavoro non è soddisfacente (né per il medico né per gli assistiti), il tempo che puoi dedicare ad ognuno è limitato e talora si è costretti a rinviare la visita. In tale situazione i conflitti sono possibili e inevitabili, con tutta la buona volontà del medico che deve cercare di evitarli.

Esiste il tempo per il lavoro e quello per la vita. Tutti abbiamo diritto di lavorare per vivere, non possiamo essere obbligati a vivere per lavorare anche oltre 12 ore al giorno, spesso anche nelle ore notturne e nei giorni festivi.

La gravissima situazione emergenziale pone problemi reali che devono essere affrontati e risolti nell’interesse della popolazione e degli operatori sanitari. Eccone alcuni: scarsa qualità del lavoro dei medici, eccessiva burocratizzazione (vecchia e nuova), certificazioni richieste al medico di famiglia in quanto non redatte da altri sanitari nonostante obblighi di legge, associazionismo non riconosciuto, indennità varie applicate in modo discrezionale.

Penso che anche i sindacati di categoria debbano discuterne con maggior incisività, proporre soluzioni e coinvolgere tutti gli operatori.

In realtà non è in discussione il ruolo dei vari sindacati di categoria, bensì il ruolo del medico e l’esistenza della medicina generale, delle cure primarie e dello stesso Servizio sanitario pubblico che si è affermato in Italia con l’applicazione della riforma sanitaria del 1978 (L. 833/78).

Per favorire questa discussione è auspicabile che l’Assessorato alla sanità elimini l’obbligatorietà dell’innalzamento del massimale a 1.800 assistiti per renderla facoltativa, con adesione individuale.

L’obbligatorietà peggiora la qualità del lavoro del medico, crea condizioni di vita insostenibili per molti, porta tanti  medici ad abbandonare il lavoro anticipatamente o a cambiare mestiere.

Ormai lo abbiamo sperimentato da diversi anni: si ottiene un risultato opposto a quello desiderato.

Successivamente vanno esaminate le proposte volte a migliorare le condizioni di lavoro per rendere agli utenti un servizio migliore.

Infine, va affrontato l’annoso problema della carenza di medici, arrivando al superamento del numero chiuso per l’accesso alla facoltà di medicina, per avere un numero di nuovi medici adeguato alle esigenze sanitarie della società odierna, per aumentare i posti nelle scuole di specializzazione e nei corsi di formazione in Medicina generale, con contratti e retribuzioni adeguate quanto le borse di specializzazione universitarie, permettendo ai medici in formazione di poter acquisire assistiti e lavorare.

La Regione Sardegna sta discutendo della Riforma sanitaria proposta dalla Giunta regionale e degli Atti aziendali approvati dalle singole ASL.

È sorprendente che non sia stata coinvolta la categoria dei sanitari e dei medici di medicina generale che operano nelle cure primarie.

Come si può pretendere di creare nuove strutture sanitarie senza coinvolgere i medici che dovrebbero realizzarle?

Il rapporto di fiducia tra medico e assistito e la libera scelta favoriscono l’umanizzazione delle cure a l’accesso dei cittadini al SSN. La categoria lo rivendica, penso, a grande maggioranza.

Prima del 2019 era preoccupante la rinuncia alle cure (in Sardegna superava il 15%); dopo la pandemia la situazione è peggiorata enormemente.

Inoltre, prima della pandemia un quarto della spesa sanitaria era a carico dei cittadini (come indicato anche nel Piano sanitario regionale); siamo consapevoli che tale quota è aumentata ulteriormente a causa della crisi del servizio sanitario pubblico e dei gravi ritardi delle liste d’attesa, tali da rendere inapplicati il livelli essenziali di assistenza (LEA) in tutta la Sardegna. Sempre più spesso i cittadini ricorrono a prestazioni a pagamento.  

Siamo di fronte ad una grave emergenza che non può essere taciuta né sottovalutata.

La medicina territoriale e delle cure primarie è in una crisi epocale che deve essere riconosciuta e affrontata con urgenza e lungimiranza. Bisogna intervenire con politiche adeguate, contrapposte alle politiche di smantellamento del SSN.

Il PNRR, il DM 77, il Piano sanitario regionale, gli Atti aziendali approvati dalle singole ASL, purtroppo non riconoscono la situazione di emergenza che sta attraversando il SSN , in particolare non riconoscono la causa principale della crisi: la carenza del personale sanitario determinata dalle  politiche di tagli, di riduzione indiscriminata di posti letto, di chiusura di Pronto soccorso, di blocco delle assunzioni (che persistono) nel SSN e dai gravi errori di programmazione dell’accesso alla Facoltà di medicina (numero chiuso di fatto), alle scuole di specializzazione e al corso di formazione in Medicina generale. Si tenga conto che la borsa di un medico in formazione di medicina generale è di 700 euro al mese; nel corso di studi in Medicina non si insegna l’assistenza sanitaria primaria, nonostante impegni presi con l’OMS, fin dal 1978 con le Dichiarazioni di Alma ATA). In un sistema come questo, perché un giovane medico dovrebbe scegliere di fare il medico di medicina generale (medico di famiglia o di base), per giunta in una zona disagiata?

Nel Piano sanitario regionale non si fa riferimento alla crisi che attraversa il Servizio sanitario pubblico, si assegna alle ASL un semplice ruolo di committente per pagare le prestazioni (nel pubblico e nel privato) senza indicare interventi in favore del SSN e della sanità pubblica. Se non si fa una buona diagnosi, non si può indicare una corretta terapia. 

La medicina territoriale costituisce il secondo pilastro del SSN, considerato tra i migliori al mondo secondo l’OMS. Oggi è inadeguata, le istituzioni ne devono prendere atto.

E’ necessaria una profonda riforma etica e morale del SSN e delle ASL. Dobbiamo ritornare ai principi ispiratori della prima riforma sanitaria per ottenere una rifondazione complessiva del Servizio sanitario pubblico, adeguandola alle odierne esigenze di salute della collettività, non alle pressioni delle lobby della sanità privata.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI