Ciao Delia, grazie a nome di tutte e tutti

1 Ottobre 2019
[Alessandra Liscia]

La perdita di Delia è quanto meno mi potessi aspettare in questo 2019. Ho conosciuto Delia Vaccarello ad un corso di formazione giornalistica a Cagliari il 10 dicembre 2018. Poco meno di un anno fa.

Eppure ancora credo – e anche lei ci credeva- alle affinità elettive, quelle anime che con uno sguardo, due profumi e tre parole si scelgono, platonicamente o più. Meglio se mentalmente.

Delia ha tenuto una lezione insieme ad altre/i colleghe/i giornaliste/i e avvocatesse/avvocati su “Orientamenti sessuali e web” a Sa Duchessa. Lei ha spiegato quanto danno, dolore e problema possa causare il mero pettegolezzo, usare parole errate, giudicanti e sprezzanti, anzi peggio ignoranti nel mondo Lgbtqi.

Il suo intervento, insieme a quello di un altro relatore, sono quelli che mi hanno piacevolmente colpita perché combaciavano con la mia etica, la mia ricerca sensibile delle parole e con la mia naturale empatia.

Ascoltandola, non conoscendola, “l’ho scelta”. Volevo conoscerla e verificare se fosse degna davvero della mia stima. Lo era. Certo che lo era. Lo è e sempre lo sarà. Perché ad oggi, a tutti i corsi di formazione, è l’unica che si è presentata con il proprio migliore amico a quattro zampe Lacan ed è stata tra le poche, pochissime giornaliste che, con la passione e con il cuore in mano, ha spiegato ad altri giornalisti come trattare determinate tematiche, quali accortezze avere in un testo scritto e come porre l’attenzione su certi argomenti che meritano di essere trattati quanto più spesso possibile.

Mi riferisco ovviamente ai diritti umani, prima ancora che Lgbtqi. Di quelli si tratta. Una persona deve essere libera di amare chi vuole, sposarsi o meno, scegliere se e quando avere un bambino, qualsiasi orientamento essa abbia. E deve essere libera di cambiare sesso, se essa lo desideri. Senza che ci sia qualcuno a giudicarla, bullizzarla, deriderla, minacciarla o ancora licenziarla, ostracizzarla, cacciarla da un locale o esercitare contro di essa atti di razzismo.

Queste erano le lotte pacifiche di Delia Vaccarello, grande giornalista de l’Unità, sensibile scrittrice e dolce attivista Lgbtqi. “Dolce attivista” non vuole essere un ossimoro, bensì intende descrivere chi Delia fosse in uno dei suoi campi: mai una parola di troppo o fuori posto, mai una parolaccia e mai aggressività traspariva nella sua pacifica battaglia per i diritti di tutti.

Giornalista professionista. Ha iniziato a collaborare con l’Unità nel 1990 e presto creò, curò e lanciò la rubrica “Uno, due, tre… liberi tutti” in cui, ovviamente, venivano tutelati i diritti di tutti e denunciati i soprusi verso tutti. Tutti coloro che appartengono al mondo Lgbtqi e non solo, perché sono i diritti di tutti gli esseri umani, perché se per caso ci pensate, appartengono ad ognuno di noi, a prescindere dal proprio orientamento sessuale (convivenza, figli fuori dal matrimonio, malattia improvvisa della/del propria/o compagna/o).

Ha portato avanti tante lotte gentili, come la tutela sanitaria per la sua compagna. E ha sopportato il suo lutto. Ha fatto da madrina al Roma Pride 2010. Ci ha messo la faccia e la voce, perché entrambe le cose non le mancavano, così come l’intelligenza, la cultura e la forza.

Perché Delia è stata se non la prima, quantomeno tra le prime giornaliste a dichiarare la propria omosessualità. E chissà a quanti episodi di omofobia avrà assistito o peggio subito, sia a livello professionale che personale. Da donna, da giornalista, da essere umano avrei tanto voluto chiederlo, nel rispetto della sua stessa risposta e testimonianza.

Poi c’è la Delia scrittrice. Mi chiese esplicitamente di essere onesta, di essere “brutale” – per trovare un eufemismo – nelle mie recensioni. Le assicurai che lo sarei stata, come nel mio stile (onesta e brutale, come nel mio stile) e lei si congratulò. Mi disse che mi avrebbe mandato due libri – ricevuti – e che a breve ne sarebbe uscito uno nuovo (uscirà postumo). Voleva le mie recensioni e io non potevo non esserne onorata, ma non mi ha dato il tempo.

Quando hai di fronte persone umili, trasparenti, interessate al tuo parere in modo sano e anzi, volto a crescere, sì, è sempre un piacere leggere e scrivere recensioni ma ti manca quasi il coraggio. Perché prima di tutto sai e poi, da adulta, hai imparato quali benefici o quali danni potrebbe creare un tuo giudizio del tutto personale o, in questo caso, altamente professionale. Significa avere di fronte anime pure che vogliono un confronto, un parere e un giudizio disinteressato, pronte ad ascoltare una/un collega con le stesse passioni. Con lo stesso credo nelle parole, quelle giuste.

“Evviva la neve” è quanto di più formativo, ricco e centrale si possa leggere sui transgender e sul cambio di sesso. La scrittrice ha unito la sua formazione giornalistica alla passione per la scrittura per dare al mondo un estratto intimo, personale, segreto, confidenziale e quanto di più privato sulle testimonianze di persone che si sottopongono ai vari interventi per cambiare sesso. Sono tutti sotto tutela, sono tutti sotto protezione (nessun nome è reale, tranne le esperienze e gli interventi chirurgici stessi), ma sono tutte esperienze effettive raccolte a partire dal 2006/2007 in diversi ospedali italiani che già in quegli anni eseguivano i suddetti interventi. Delia veniva contattata per raccontare il loro delicato, invasivo e certo non facile percorso. Lei era ed è stata la prescelta per raccontare storie private in tempi in cui ancora non si parlava spesso di cambio di genere.

È lei stessa ad informarci che, se una donna voleva cambiare sesso nella carta di identità poteva farlo già dal 1982 semplicemente dichiarandolo in tribunale, senza alcuna operazione. Cosa che, purtroppo, non è concessa nel percorso opposto, ossia quando un uomo desidera diventare donna.

“I nomi, i pronomi e gli aggettivi possono costituire un problema. A volte non corrispondono a quanto è scritto sui documenti. La legge 164 del 1982 nel caso del passaggio da donna a uomo permette il cambiamento all’anagrafe anche in assenza di una ricostruzione dei genitali.” [Evviva la neve, Delia Vaccarello]

Poi c’è “Desiderio”, per me ancora in lettura. Trattasi di una raccolta di racconti che spaziano dal descrittivo – onnipresente la sua Sicilia, quelle straordinarie creature d’intelligenza come solo i cani possono essere, le lunghe e apprezzate frasi dedicate ai paesaggi degne dei migliori scrittori russi e infine tanta, tanta filosofia, materia dei suoi studi universitari-.

Ma non avendolo ancora terminato, preferisco limitare i commenti. Certo è che ad ora lo trovo onirico e a tratti, per assurdo data la scrittrice in esame, persino noioso. Ma lei mi ha chiesto esplicitamente di essere onesta e di “stroncarla” se lo avessi ritenuto opportuno. Così mi prendo tempo, ho letto poche pagine di questo libro e vedrò come procedere. D’altronde un racconto non piace e magari tutti gli altri ti sorprendono, ti rapiscono e ti rappresentano, cosa che voglio e che mi aspetto da Delia.

Sono racconti “strani” che per il suo stile di scrittura non mi aspettavo. Certo è che “Evviva la neve” si presenta più giornalistico, più serio, più asciutto anche nelle descrizioni e decisamente più diretto. Elementi di scrittura che ben contrastano con quanto richiesto nel canovaccio di un testo poetico e creativo come “Desiderio”, evidente frutto di invenzione.

Tuttavia in “Desiderio”, trovo che vi siano alcune frasi introspettive e personali riguardo la conoscenza delle persone da parte della scrittrice, tipiche appunto di Delia. Come per esempio questa.

“La conversazione non terminò subito, ogni argomento ne richiamava un altro e un altro ancora, eravamo due donne che stavano per salutarsi ma qualcosa ci tratteneva, e il qualcosa era un magma che prendeva la forma dai discorsi, quasi le frasi fossero ambienti di una casa ricca di stanze segrete.” [Desiderio, Delia Vaccarello]

Questa frase la faccio nostra e la dedico a quell’incontro del 10 dicembre del 2018. Non ho avuto modo di rispondere alla sua ultima mail e me ne faccio un immenso crucio. Ancora non mi do pace. Ma troverò il modo, insieme a tante/i colleghe/ghi e compagne/i di rendere onore alla tua, sua memoria e al tuo/suo impegno sociale. Perché il suo era un impegno sociale che andava oltre a quello politico.

Ciao Compagna,

grazie a te siamo un po’ più liberi tutti.

Ultima cosa. Non potrò mai sapere se Delia Vaccarello o Samuel Romano (dei Subsonica) si sia ispirato a chi dei due per questa canzone di cui vi riporto il testo integrale.

Ottobre 2009. Liberi tutti (Subsonica).

Mani in alto fuori di qua
Non resteremo più prigionieri
Ma evaderemo come Steve McQueen
O come il grande Clint in fuga da Alcatraz

Senza trattare niente con chi
Ha già fissato il prezzo al mercato
Dei nostri sogni dentro ai nostri giorni
Per la nostra vita

Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti
Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti

Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti
Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti

Dai virus della mediocrità
Dai dogmi e dalle televisioni
Dalle bugie, dai debiti
Da gerarchie, dagli obblighi e dai pulpiti
Squagliamocela
Nei vuoti d’aria della realtà
Tracciamo traiettorie migliori
Lasciando le galere
Senza più passare dalla cassa

Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti
Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti

Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti
Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti

Da ciò che uccide te
E tutto ciò che ho intorno
Da ciò che uccide te
E tutto ciò che ho intorno
Da ciò che uccide te
E tutto ciò che ho intorno
Da ciò che uccide te
E tutto ciò che ho intorno
Da ciò che uccide te
E tutto ciò che ho intorno
Dall’uomo che non è
Padrone del suo giorno
Da tutti quelli che
Inquinano il mio campo
Io mi libererò perché ora sono stanco

Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti
Liberi tutti, liberi tutti
Liberi, liberi, liberi, liberi tutti

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