Innocenza ai margini del delitto

16 Maggio 2007

di Costantino Cossu

LUIGI PINTOR“C’è un parallelismo tra le derive della vita pubblica e collettiva e quelle della vita privata e individuale. Guardando indietro vedo questo intreccio e mi chiedo quale di questi aspetti sia nel mio caso il meno lusinghiero”. Così Luigi Pintor chiude il tredicesimo capitoletto di Servabo, intitolato Il dolore, che precede la fine del libro, l’epilogo. Il dolore, appunto. Ciò che rende evidente alla coscienza il parallelismo tra dimensione pubblica e privata è il dolore, il sentimento del dolore. Servabo e i libri successivi di Pintor, La Signora Kirchgessner, Il nespolo, I luoghi del delitto, compongono una tetralogia del dolore. Di scrittura del dolore ha parlato Lea Melandri recensendo su La Rivista del Manifesto i testi letterari di Pintor.
“C’è un parallelismo…”: il dolore costringe a fare i conti, insieme, con la dimensione pubblica e con quella privata dell’esistenza, e a mettere le due dimensioni a confronto. Pintor scrive nella Nella signora Kirchgessner: “Diventare un idiota era la mia aspirazione di adolescente, che per i greci voleva dire stare in disparte con innocenza. Se proprio dovevo crescere, mi sembrava il modo migliore. Invece uno stupido si impiccia di tutto, senza capire nulla e, mio malgrado, ho preso questa strada”. Stare in disparte con innocenza. Si può rimanere innocenti solo stando in disparte. L’eco lucreziano e leopardiano è evidente. Come il rimpianto di non esser potuto stare in disparte, di non aver potuto vivere nascostamente. Da stupidi impicciarsi di tutto, senza capire nulla.

Senza capire nulla. Nulla di cosa? Del mondo, della storia collettiva degli uomini? Forse la posta in gioco è più alta. “La ruota della storia – scrive Pintor nell’epilogo di Servabo – gira benissimo all’indietro o su se stessa come una trottola. Ne concluderò che le tenaci passioni, i nobili ideali, le fatiche e gli errori sono una favola folle? No di certo, sono in ogni tempo il sale della terra e così è stato anche in questi decenni. Ma basta una pioggia a lavare la terra e il sale si scioglie in acqua”. La politica con le sue passioni, le fatiche e gli errori; tutto si scioglie in acqua al contatto della pioggia del dolore.

Attraverso l’esperienza del dolore si comprende la parzialità della politica. Nell’esperienza del dolore “più di tutto contano – si legge ancora nel capitolo tredicesimo – le cose quotidiane che articolano la vita e le danno continuità”. La memoria e la scrittura. Una scrittura che è confessione. Bisogna tornare sui luoghi del delitto. “I luoghi del delitto – scrive Pintor nel libro che ha lo stesso titolo – sono i luoghi dell’omissione e dell’insipienza”. I luoghi del delitto e i luoghi dell’innocenza, i luoghi dell’omissione e dell’insipienza che negano la vita o non la vedono, da una parte; e dall’altra i luoghi della vita nella sua nuda vulnerabilità. Tra questi due poli si muove la scrittura di Pintor, da Servabo sino al libro estremo, I luoghi del delitto, appunto.

In un suo intervento di qualche anno fa Vittorio Sermonti ha definito Pintor un “ateo agostiniano”. In comune con Agostino l’autore di Servabo avrebbe, secondo Sermonti, l’atteggiamento di radicale avversione nei confronti di ogni pretesa del pensiero umano di costituirsi in verità. Una pretesa che il pensiero ha praticato, nella storia dell’Occidente, con esiti che hanno avuto nel secolo appena trascorso, il Novecento, le loro manifestazioni più tragiche. Una pretesa di costituirsi in verità che il pensiero occidentale conserva anche quando punta esplicitamente a destituire di ogni fondamento il concetto stesso di verità. Il nichilismo e il relativismo che attraversano tutta la cultura del Novecento non sono meno parziali e autoritari del vecchio pensiero metafisico nella loro pretesa di negare la verità. La polemica tra antirelativisti e relativisti, vista da questa prospettiva, dalla prospettiva atea e insieme agostiniana di Pintor, fa sorridere. Si tratta, infatti, dello scontro tra due forme di integralismo. L’adesione alle quali porta, nella stessa identica misura, a ripercorrere la strada dell’omissione e dell’insipienza, la strada che conduce al delitto.

Come sfuggire al pericolo?

Per Agostino la via è la fede in Dio, l’apertura dell’anima alla verità divina, che è verità d’Amore prima che verità di Pensiero. Al Logos attraverso l’Amore. “Ama e fai ciò che vuoi” è la massima aurea di Agostino.
Per Pintor vale la fede nell’uomo. In apertura de La signora Kirchgessner si legge: “Si può essere pessimisti riguardo ai tempi e alle circostanze, riguardo alle sorti di un paese e di una classe, ma non si può essere pessimisti riguardo all’uomo”. Una netta presa di posizione contro l’antiumanesimo di tanta parte della cultura occidentale del Novecento. La pienezza dell’umano in una prospettiva di emancipazione. A questa pienezza dell’umano, da costruire attraverso un lungo cammino nella storia, Pintor è fedele. Servabo, appunto: “Scritta sotto il ritratto di un antenato mi colpì, quand’ero piccolissimo, una misteriosa parola latina: servabo. Può voler dire conserverò, terrò in serbo, terrò fede”.

Come dare parola alla fede, come dirla? Se Pintor scrive libri come Servabo e I luoghi del delitto è perché è arrivato alla conclusione che contro la perenne tentazione autoritaria del pensiero di irrigidirsi in norma che nega la vita, uno dei rimedi possibili è la scrittura. La parola poetica, scrive Pintor ne La signora Kirchgessner, è capace di dire “l’essenzialità delle cose che il cuore intuisce e la ragione smarrisce”. “Stare in disparte con innocenza”, invece che impicciarsi di tutto senza capire, veramente, niente.

2 Commenti a “Innocenza ai margini del delitto”

  1. bobbotti scrive:

    Bellissimo pezzo per un bellissimo omaggio alla scrittura di Pintor. Mi ha fatto venire voglia di riprenderli in mano, quei libri. Complimenti all’autore..

  2. mimmo bua scrive:

    dopo secoli di mameluki e tollini imperversanti sui quotidiani, di odi e peana diffusi in lode entusiastica della mediocrità e dell’idiozia, FINALMENTE capita di leggere una RECENSIONE anche su un periodico sardo: complimenti vivissimi a Costantino Cossu.

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