Il TAR Sardegna ha legittimato l’assenza di un processo partecipativo

28 Agosto 2020

[Graziano Bullegas]

La sentenza dello scorso luglio pronunciata dal TAR Sardegna in nome del popolo italiano, che accoglie le ragioni della fabbrica di bombe di Domusnovas e autorizza pertanto l’ampliamento dello stabilimento, apre una serie di interrogativi sulle modalità del rilascio delle autorizzazioni edilizie e sull’originale applicazione nel Sud Sardegna della normativa urbanistica e delle numerose direttive europee in materia ambientale, della sicurezza esterna degli stabilimenti ad alto rischio di incidente rilevante e non ultimo sulla partecipazione dei cittadini e dei portatori di interesse alle scelte che li riguardano.

Questo fatto è ancora più grave perché l’occultamente delle informazioni riguarda la realizzazione di uno stabilimento ad elevato rischio di incidente rilevante (d.lgs 105/2015 e d.lgs 334/1999). Nessuna sicurezza è garantita, posto che il Piano di Emergenza per le Aree Esterne (PEE), obbligatorio per gli stabilimenti come quello di Domusnovas-Iglesias di RWM Italia è abbondantemente scaduto e non più rinnovato nonostante le trasformazioni significative avvenute nello stabilimento e nella stessa quantità e qualità della produzione in corso. Non esiste alcuna garanzia per la sicurezza della popolazione che viene tenuta all’oscuro perfino dei piani di sicurezza e degli eventuali rischi a cui potrebbe andare incontro.

Demandando alle non chiare conclusioni del perito d’ufficio buona parte del dispositivo sul quale è stata costruita la sentenza, la decisione dei giudici ha sollevato ulteriori perplessità e posto nuovi interrogativi sulla legittimità̀ dell’iter finora seguito per autorizzare il raddoppio dello stabilimento. Stessa perplessità genera l’accoglimento di provvedimenti espressi dai vari enti senza nulla eccepire da parte dei giudici, anche quando le stesse autorizzazioni presentano seri dubbi sulla conduzione dell’istruttoria o talvolta sono in palese contrasto con pareri successivi rilasciati dallo stesso ente per il medesimo ampliamento.

Nessun accenno da parte dei giudici al fatto che il frazionamento dell’ampliamento dello stabilimento in oltre 20 richieste ha impedito di poter analizzare gli impatti paesaggistici e ambientali che le opere complessivamente producono. Ha impedito di valutate le potenziali e irreversibili trasformazioni paesaggistiche che le opere proposte avrebbero potuto ingenerare e che oggi, con la parziale realizzazione dell’ampliamento, possono essere colte appieno verificando, a posteriori, la significativa alterazione delle condizioni di equilibrio paesaggistico-ambientale dell’intera zona e la inutilità delle insignificanti prescrizioni contenuti nei numerosi Nulla Osta rilasciati.

Appare abbastanza chiaro pertanto che se questa decisione non verrà ribaltata nei successivi gradi di giudizio, essa può rappresentare un pericoloso precedente per i futuri percorsi autorizzativi e per la compressione dei diritti alla partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano.

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