La RWM, la tutela dell’ambiente e il rispetto della Costituzione

28 Agosto 2020

[Marco Ligas]

Non sono un esperto di Diritto amministrativo, forse per questa ragione ho trovato sorprendente la decisione del Tar Sardegna di non riconoscere la pericolosità delle armi che vengono prodotte nella RWM considerata una fabbrica che disporrebbe, lo sottolinea lo stesso Tar, di un impianto chimico integrato.

Non credo che questa spiegazione, così come viene formulata, elimini qualsiasi dubbio sulla pericolosità delle armi inviate nel Medio Oriente e poi usate nei conflitti in corso provocando migliaia di morti. Non credo neppure che questa attività produttiva possa considerarsi funzionale alla tutela dell’ambiente là dove la fabbrica opera.

Non a caso sono molti coloro che si chiedono se nella produzione dei nuovi ordigni non si registri davvero una trasformazione chimica dei prodotti usati. Ed è a causa di questi dubbi ripetutamente espressi dalle associazioni che hanno presentato il ricorso al Tar che sarebbe stato opportuno promuovere una VIA (una Valutazione di Impatto ambientale) che invece è stata esclusa con superficialità.

Al di là degli aspetti chimici certo non secondari riguardanti la composizione dei materiali usati per la produzione delle armi ci sono altri problemi estremamente importanti che dovrebbero essere esaminati non solo a livello di diritto amministrativo ma soprattutto in rapporto ai dettati costituzionale e del diritto internazionale.

A questo compito, non solo i Tar ma anche le altre Istituzioni di un paese democratico dovrebbero prestare maggiore interesse e un livello di partecipazione più coinvolgente.

La nostra Costituzione, lo affermiamo ripetutamente, afferma che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Purtroppo siamo lenti nel rispettare questi principi, a volte ci dimentichiamo persino della loro applicazione e del rispetto che meritano quei valori.

In questi mesi caratterizzati dalla diffusione del Covid siamo stati informati dei grandi cambiamenti che subiranno le nostre società. Già si delineano: c’è senz’altro il problema del lavoro e della sua redditività, della sanità, della tutela dell’ambiente, dell’istruzione; e c’è anche quello che stentiamo a farlo nostro. Ce lo ricorda Zygmunt Bauman con la sua pubblicazione di qualche anno fa: “Stranieri alle porte”. È difficile stabilire una graduatoria tra tutti questi. Ma non dobbiamo sottovalutarne alcuni privilegiando interessi particolari di chi è già più forte degli altri.

Ritorno alla BWM. Sappiamo che la chiusura di questa fabbrica pone dei problemi seri ad alcune centinaia di lavoratori e di famiglie. Preliminarmente occorre garantire loro un reddito. È possibile e non è irreale affrontare questa esigenza attraverso un uso più razionale del denaro pubblico (una la politica fiscale più equa e maggiormente controllata da chi ne ha la possibilità potrebbe per esempio contribuire a dare risposte adeguate a questo problema).

Credo al tempo stesso che le componenti politiche, sindacali e culturali che operano nei territori dove la RWM svolge la sua attività dovrebbero convincersene esse stesse della necessità di questo impegno coinvolgendo le stesse popolazioni territoriali perché diventino parte attiva di questo nuovo processo.

È un processo che richiede un impegno notevole ma non esistono alternative se non il moltiplicarsi di attività analoghe a quelle della RWM.

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