Il vizio di Onesicrito, la sinistra e la Questione sarda

1 Agosto 2023

[Francesco Casula]

Claudia Zuncheddu, su Il Manifesto sardo del 25 luglio scorso, rispondendo a Roberto Loddo sulla questione delle elezioni regionali, ha scritto che “sostenere il centro sinistra per noi sardi è un errore e una condanna al pari del centro destra”.

Di qui l’esigenza e la necessità non più procrastinabile di dare vita a un terzo polo, alternativo ai poli italianisti, con una Lista nazionale sarda, civica, plurale aperta e inclusiva, che comprenda oltre che il variegato pianeta indipendentista e federalista, le Associazioni, i Movimenti, i Gruppi che in tutti questi anni, hanno condotto e conducono una opposizione sociale per la sanità e la scuola pubblica, per un nuovo Statuto su basi federaliste, contro la speculazione energetica, contro il nucleare, le basi e servitù militari, le industrie nere e inquinanti, le fabbriche di armi.

   Non ripeto le argomentazioni di Claudia Zuncheddu – che condivido in toto – vorrei piuttosto aggiungere, a conferma della sua posizione, ulteriori elementi.

   Un certo Onesicrito tra il 332 e il 336 a.C. aveva visitato l’India al seguito di Alessandro Magno, riportandone descrizioni alquanto fantasiose, che misero a lungo fuori strada i geografi dell’epoca. Partiti, Sindacati e parte degli studiosi e degli storici – segnatamente quelli di impronta più statalista – per decenni ci hanno dato della “Questione sarda” una descrizione alquanto “fantasiosa”, – un po’ come Onesicrito aveva dato dell’India – riducendola a un semplice frammento o appendice della “Questione meridionale”. O in ogni caso in questa comprendendola affogandola e diluendola.

   C’è di più: è stata considerata esclusivamente dal punto di vista economico. La cartina di tornasole di questa visione è rappresentata persino dallo Statuto speciale di Autonomia della Sardegna, tutto giocato sul crinale economicistico: rivelatore ne è  in particolare l’articolo 13: “Lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola”.  Di qui i disastri e i fallimenti dell’industrializzazione, segnatamente di quella petrolchimica.

   E l’insieme degli aspetti etnoculturali e linguistici? Del tutto assente, nonostante gli avvertimenti di Lussu sulla necessità di sancire l’obbligo dell’insegnamento della lingua sarda nelle scuole in quanto “essa è un patrimonio millenario che occorre conservare”. E nonostante i consigli di Giovanni Lilliu che suggeriva ai Costituenti sardi di rivendicare per la Sardegna competenze primarie ed esclusive almeno per quanto riguardava i “Beni culturali”.

   Ma ecco come lo stesso Lilliu denuncia la scelta dei Costituenti: “Is consultoris sardus hiant stimau chi s’istruzioni e sa cultura, in cussu mamentu de recuberamentu materiali de sa Regioni fessint de interessu segundariu e hiant lassau a su Stadu de nci pessai issu esclusivamenti. E poita is Consultoris no hiant bofiu sa cumpetenzia primaria in sa istruzioni, sa scola e sa cultura sarda no figurant in sa lei de su 23 de friaxiu n.3. Aici est nasciu unu statutu sardu zoppu, fundau sceti apitzus de s’economia reali in sa cali, po s’effettu de operai in sa politica de su renascimentu, s’est scaresciu propriu de is valoris idealis e de is concettus po ponniri in movimentu su renascimentu, eus a nai cussu chi est sa basi de sa venganza autonomistica. Valoris is calis, in prus, donant arrexonis e fundamentus perennis a sa spezialidadi de sa Regioni sarda, ch’est verdaderamenti una Regioni-Natzioni: unu populu cun sinnus proprius de limba, etnia, storia, cultura, maneras de si cumportai, de gestus, de pensai is calis calant a fundu in sa vida de dognia dì e balint e operant a totus is livellus de sa sociedadi. Sa repulsa de sa cultura hat tentu effettus negativus no sceti cun sa crisi de s’autonomia. Issa hat impediu su cresciri de una classi dirigenti forti e libera sa cali hiat a essiri agatau ideas e stimulus po operai in politica, creativamenti, cun s’aggiudu de sa cultura de su logu impari a sa cultura in generali. Sa cultura de s’Autonomia fundada apitzus de sa cultura sarda, cultura de sa diversidadi, de disturbu, de resistenzia hiat a essiri indulliu is politicus sardus a si liberai de sa dependenzia, a non essiri maschera de su stadu”.

   Continua invece a cadere nel vizio di Onesicrito il Pd e il centro sinistra in genere quando persiste nell’attardarsi a considerare la “Questione sarda” come questione esclusivamente economica e sociale. Mai nessun accenno alla Sardegna come minoranza nazionale e linguistica: nei programmi elettorali del Pd avete mai visto il Bilinguismo come obiettivo programmatico primario da conseguire? Continua anzi ad osteggiarlo. E tanto meno è interessato alla Sardegna come “nazione oppressa” dallo Stato italiano e, dunque bisognosa non solo di liberazione economica e sociale in quanto colonia interna, ma di liberazione nazionale. Ovvero di Autodeterminazione e Indipendenza. 

   Non cade nel vizio di Onesicrito Antonio Simon Mossa: lucidamente e correttamente egli considera la Sardegna come una colonia interna dello Stato italiano e nel contempo una Nazione oppressa dallo stesso Stato, brutalmente e pervicacemente unitario, accentrato e centralistico: “proibita” e “non riconosciuta” dallo Stato italiano, emarginata dalla storia, insieme a tutte le altre minoranze etniche in Europa e nel mondo che “l’imperiale geometria delle capitali europee vorrebbe ammutolire”.  Contro cui è in atto un pericolosissimo processo di “genocidio” culturale e linguistico. Per annichilire e distruggere l’identità dei Sardi è infatti in atto e continua a operare – soprattutto attraverso la scuola di stato –, un processo forzato di integrazione e di snazionalizzazione: certo, rispetto ai tempi bui del Fascismo, con i guanti di velluto invece che con il bastone e l’olio di ricino.

   Ad essere colpita è soprattutto la storia, la letteratura e lingua sarda: rigorosamente espunte da tutti i programmi scolastici. Non comprendendo quanto saggiamente sosteneva il nostro più grande poeta etnico degli ultimi 50 anni, il compianto Cicitu Masala, secondo cui “a unu populu nche li podes moere totu e sighit a bivere, si nche li moes sa limba si nche morit” (A un popolo puoi sottrargli tutto e continua a vivere, ma se gli togli la lingua muore)!

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI