Cagliari. La protesta studentesca in Sardegna

1 Novembre 2008

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Pierluigi Carta

La protesta studentesca qua a Cagliari ha avuto inizio qualche settimana fa tra le aule e i corridoi degli atenei. Non si sa quando il movimento si è destato, ma lo scossone che ha mosso le acque dando vita all’onda è stata ovviamente la conversione del DL n° 112 nella legge n° 133 il 6 agosto 2008, dopo soli 9 minuti di discussione per la concessione della fiducia del Parlamento. I ragazzi dell’ateneo di Cagliari, in breve ritardo rispetto ai maggiori centri universitari, hanno dato vita ad un coordinamento della protesta adeguandosi ai metodi usati in suddetti centri, mobilitando quindi la popolazione studentesca con frequenti assemblee, cercando di informare la maggior parte possibile della cittadinanza attraverso assidue giornate di volantinaggio autofinanziato, coinvolgendo il corpo docente nelle attività in piazza e nelle aule e organizzando numerosi eventi collaterali alla protesta canonica e propriamente culturali. È doveroso però rendere il merito ad un piccolo ma volenteroso gruppo di studenti che da subito si sono adoperati affinché un’azione collettiva nascesse anche in questa regione, non è stata infatti né spontanea né facile da stimolare la reazione del grosso della massa studentesca sarda; un fermento abbastanza vigoroso si è potuto avvertire solamente due settimane fa, e risale giusto ad una settimana fa la risposta degli altri centri cittadini dell’isola, come Oristano, Sassari e Olbia. L’intero movimento studentesco, il personale lavorativo e il personale docente sono unanimemente concordi nel continuare questa opposizione all’inserimento della legge 133 nella Legge Finanziaria, che verrà approvata il 24 dicembre 2008, ribadendo la loro estraneità ad ogni eventuale subordinazione partitica. Da oggi 30 ottobre, dopo l’approvazione della legge anche da parte del Senato, si ritiene auspicabile sottoporla a referendum popolare in tempi brevissimi, necessariamente prima dell’inserimento nella finanziaria. La prima grande manifestazione, conclusasi con un breve presidio del rettorato e con due ore di colloquio con il rettore dell’ateneo di Cagliari, Pasquale Mistretta, è avvenuta la mattina del 20 ottobre; quel giorno gli studenti, forti di quattrocento presenze, ivi convogliate con un corteo spontaneo partito dalle scale del Magistero, erano riusciti ad ottenere la promessa della partecipazione di Mistretta al dibattito indetto per mercoledì 22 ottobre nell’aula magna del Magistero, occasione nella quale erano presenti tre presidi delle facoltà di Cagliari, tra cui Coroneo e una larga fetta del corpo docente. La promessa è stata mantenuta in parte, perché il dibattito si è tenuto nell’atrio sotto le scalinate per inagibilità dell’aula colpa dell’alluvione; gli interventi del rettore son stati mal accettati dalla folla, ed in tale assemblea non si è concluso nulla di rilevante se non provocare negli studenti la decisione di un’occupazione simbolica dell’aula magna di Scienze Politiche e di un’ala della facoltà di Psicologia; strutture peraltro ancora occupate. Gli studenti del Magistero, propriamente della facoltà di Lettere e Filosofia hanno raggiunto un accordo col loro preside Roberto Coroneo e col corpo docenti, quasi unanimemente in opposizione con la legge in questione e disponibili nel prestare il loro aiuto ai fini della protesta. Da venerdì 23 infatti gli studenti e i docenti di Lettere e Filosofia si sono adoperati per portare le attività accademiche in piazza e nelle strade della città, per rendere note le motivazioni del loro malcontento; durante queste giornate gli studenti hanno accompagnato tali eventi con numerose coreografie e volantinaggi, con la produzione di cartelloni e slogan che non invidiano per originalità quelli che ormai si vedono ogni giorno nei notiziari nazionali. Lo sciopero generale indetto per il 30 ottobre ha visto nelle strade della città una grande manifestazione generale che, partendo dal punto di ritrovo stabilito in Piazza Garibaldi, ha percorso l’itinerario che va da via Sonnino, continua per via 20 Settembre e per via Roma, per concludersi poi in Piazza Carmine dove si è tenuto un sit-in durato circa un’ora. Secondo quanto è stato calcolato sommariamente nella mattinata le presenze oscillavano tra le 20000 alle 23000, le quali sono rimaste nonostante un acquazzone intervallato da rapidi sprazzi di sole. Il corteo che si è riunito oggi, composto da studenti universitari e studenti medi, docenti, lavoratori, genitori, bimbi ed anziani provenienti da tutta la Sardegna è stato una grande dimostrazione di forza e di coesione della volontà della popolazione, radunata in una piazza che non vedeva una folla simile da forse dieci anni. Una folla sfilante in maniera pacifica e civile, senza alcuno scontro né ostilità nei confronti di fazioni avverse, peraltro non presenti, o nei riguardi delle forze dell’ordine che hanno vigilato sul percorso del corteo e sull’andamento del traffico e nulla più. Si può affermare che le persone presenti oggi in piazza Garibaldi non erano mosse solo dalla preoccupazione dei prevedibili effetti sull’istruzione che questa legge potrebbe avere; ma sono persone mosse da una nuova volontà, forse per troppo tempo assopita, di riappropriarsi del loro spazio sociale e politico nel più alto significato del termine, che probabilmente non ammettono più dei governanti bendati per ciò che riguarda la vita delle persone comuni. Tali persone forse stanche di essere costrette ad affidare nelle mani di ignoti la propria esistenza, che comprende certamente la scuola, ma anche il lavoro, la sanità, la previdenza, la sicurezza, e tutti quanti sono i diritti civili conquistati nel corso dell’evoluzione storica e sociale del nostro paese. In tal senso sarebbe d’uopo mettere in guardia l’elettorato, tanto caro all’odierno Premier, dagli effetti che questa legge potrebbe avere sulla nostra intera nazione, in quanto tutto si può dire di questo provvedimento tranne che sia una riforma del sistema scolastico adeguata, per renderlo efficiente,  efficace e competitivo sul piano internazionale; più probabilmente, le carte parlamentari sembrano confermarlo, si tratta unicamente di tagli destrutturanti e incuranti della reale condizione delle scuole primarie e degli atenei italiani. I maggiori teorici sociali e politici sono unanimi nell’esprimere il parere che un buono stato si costruisce con una buona scuola, perché è da lì che sbocciano i suoi dirigenti, i suoi scienziati, i suoi ingegneri, i suoi artisti, in generale i suoi lavoratori e per concludere il ciclo i suoi maestri.

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