La statutaria e il gioco della fune

16 Settembre 2008

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Redazionale

Massimo Dadea, assessore regionale alle riforme e portavoce del presidente Soru, ha dichiarato con fretta eccessiva che la mancata impugnazione della legge statutaria da parte del governo rappresentava una testimonianza della validità della legge. Insomma il silenzio iniziale del governo ha dato a Dadea e, presumibilmente, a tutto l’esecutivo la certezza di aver realizzato una buona legge con la quale verrebbero ridisegnate le competenze del Presidente, dell’esecutivo e del Consiglio Regionale. Dadea ha dovuto correggere questa valutazione perché successivamente il governo ha sollevato un conflitto d’attribuzione contestando la formula della promulgazione.
Non vogliamo per ora entrare nel merito dell’intervento del governo; ci limitiamo ad alcune considerazioni sul comportamento dalla giunta e diciamo subito che quanto ha affermato Dadea è quantomeno bizzarro. Il referendum abrogativo della legge statutaria proposto lo scorso anno in Sardegna non contiene alcuna novità rispetto a quello chiesto nel 2006 contro l’ipotesi di riforma costituzionale di Berlusconi. Sul referendum nazionale i partiti del centrosinistra, anche in Sardegna, avevano detto no ad una proposta che dava al Capo dell’esecutivo un potere non adeguatamente bilanciato dal Parlamento e non attenuato dal ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica. Ancora oggi invece queste stesse formazioni si esaltano per aver detto il contrario mentre speravano in un lasciapassare nientemeno che da questo governo. Se riflettiamo sulla legge statutaria, non possiamo non ribadire le osservazioni fatte sinora. Abbiamo infatti sostenuto che questa legge prevede una forma di presidenzialismo fuori misura; abbiamo aggiunto che poter sciogliere il Consiglio a insindacabile giudizio del presidente non è una buona pratica democratica e che la nomina e revoca degli assessori deve avvenire secondo criteri di trasparenza. Se è plausibile che la direzione della politica generale della giunta e il coordinamento delle attività degli assessori spettino al presidente, è al tempo stesso necessario che si svolgano adeguati confronti tra gli organi della Regione, che si manifestino le necessarie condivisioni, e che le relazioni tra i membri dell’esecutivo e il suo presidente non siano condizionati da forme di dipendenza. Difficilmente un assessore potrebbe lavorare con serenità se si sentisse incalzato dal controllo di un presidente autorizzato ad escluderlo nel caso di diversità di opinioni. Lo stesso consiglio regionale non potrebbe svolgere un ruolo attivo all’interno di queste relazioni. Anche l’aspetto che riguarda il conflitto di interessi non è rassicurante. Non è affatto vero che la legge statutaria  rappresenti una novità nella disciplina  di tale conflitto. Quando venne approvata la legge Frattini, per certi versi non peggiore di quella prevista dalla statutaria, fu unanime il giudizio negativo espresso da tutto l’arco delle forze di sinistra. È davvero difficile capire perché quel che non va bene se fatto a Roma, diventi un fatto positivo se deciso nell’aula del Consiglio regionale. Il fatto è che le forze di sinistra spesso conducono in modo incredibile le loro battaglie di principio: le indicano nei programmi elettorali e le dimenticano quando governano. La legge statutaria che discutiamo non si allontana dalla situazione nazionale. Il problema che coinvolge Soru come imprenditore viene affrontato con una soluzione che non risolve l’intreccio tra interessi pubblici e privati. Al presidente viene consentito di trasferire tutti i diritti e i privilegi connessi alle azioni di sua proprietà a un fiduciario, il quale acquista il controllo e la disponibilità delle azioni stesse senza che possa procedere però all’alienazione, divisione, ipoteca, vendita o modifica sostanziale delle azioni. C’è da chiedersi se nella realtà un fiduciario possa davvero agire senza sentire il condizionamento del proprietario il quale, proprio in virtù del ruolo pubblico ricoperto, può orientare oggettivamente la gestione dei suoi beni. Per tutte queste ragioni la Giunta sottovaluta i rischi di autoritarismo che la legge contiene. È convinta (ecco la presunzione) che finché governerà verranno rispettate le regole della democrazia (e ciò andrebbe dimostrato). Ma se si perderanno le elezioni non è difficile ipotizzare che cosa succederà. Pensiamo all’uso delle coste e del territorio in generale,  all’occupazione militare, al tipo di politica a sostegno delle attività produttive e del lavoro. Insomma non si delineano prospettive rassicuranti. E allora perché, anziché arroccarsi inspiegabilmente sulle proprie posizioni, questa Giunta non dà segnali di dialogo e di confronto? E perchè non si mostra disponibile a ridiscutere la legge? I tempi di cui dispone non sono infiniti.

1 Commento a “La statutaria e il gioco della fune”

  1. sebastiano demontis scrive:

    complimenti! bell’editoriale, bravi!!!!
    sempre all’avanguardia e in guardia.
    grazie
    sebastiano

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