Le scuole tagliate

1 Ottobre 2009

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Claudia Ortu

Come era prevedibile le parate mussoliniane (v. scorso numero) non hanno retto alla prova della guerra guerreggiata. L’inizio dell’anno scolastico, solennemente aperto da un Presidente della Repubblica che sembra vivere fuori dal Paese (l’ennesimo cervello in fuga?), ha mostrato chiaramente che i tagli del governo all’istruzione hanno dato un’ulteriore spinta verso l’orlo del precipizio al sistema dell’istruzione pubblica italiana in generale, e sarda in particolare. Il bollettino è spaventoso: classi con sei alunni che necessitano di assistenza particolare in una prima superiore di Villacidro, cinque in una quarta nello stesso istituto facente capo al polo di Villamar – una situazione che continua a rimanere nella legalità solo perchè il ‘limite’ ministeriale di uno studente diversamente abile su 20 in totale, si può calcolare sul rapporto esistente nell’intero istituto e non in ciascuna classe; un giochetto matematico che di fatto sembra riportarci all’idea delle classi differenziali. Ancora in provincia, a Pula, colpisce la situazione dell’istituto professionale Azuni, nella quale il dirigente ha dovuto sopprimere una quarta di 14 alunni, compreso un ragazzo con esigenze particolari, che ora non riescono a trovare posto altrove. Per non parlare di una realtà come quella di San Giovanni Suergiu, che sicuramente non è l’unica, nella quale il preside non può concedere il tempo pieno agli alunni in quanto non dispone di un adeguato numero di collaboratori. Non si salva neanche Cagliari, dove a uno studente che necessita di 18 ore di assistenza ne viene concessa solo la metà (come nel liceo artistico Foiso Fois), mentre nelle scuole serali attivate nei tecnici Martini, Da Vinci e Azuni, sono state soppresse le seconde classi nonostante le iscrizioni di 25 studenti-lavoratori che con sacrificio avevano frequentato il primo anno. A questa situazione i precari della scuola – docenti e personale Ata – mobilitati oramai da un mese contro i tagli ai loro posti di lavoro ma soprattutto contro la demolizione della scuola pubblica, oppongono le loro proteste e le loro richieste di un impegno più fattivo al mondo della politica isolana. Dopo la manifestazione del 17 settembre, che ha segnato la saldatura tra il personale di ruolo e quello precario, riuniti insieme per la protesta sotto il consiglio regionale, l’attività si è mossa su binari principalmente politici. Il 22 settembre, mentre in consiglio regionale si dibatteva un ordine del giorno della minoranza che chiedeva l’annullamento dell’accordo Baire-Gelmini e che chiaramente è stato respinto, i precari hanno dato vita a una nuova protesta. Alla fine il consiglio ha approvato un ordine del giorno proposto dai sardisti, che il comitato definisce “fumoso” e che in effetti non fa altro che dare mandato al governo regionale per una nuova contrattazione dell’accordo Baire-Gelmini, ma senza intaccare la sostanza del “salva-ministro”, ossia il fatto che ai tagli del governo corrisponda la corsa ai ripari con i soldi della Regione (ultimo punto dell’ordine del giorno). Il punto di maggiore visibilità di qeste attività è stato l’incontro del 26 settembre con Piero Fassino nell’Ufficio Scolastico Provinciale occupato. L’accoglienza riservata all’esponente del Partito Democratico, che si trovava in Sardegna per appoggiare la propria mozione alle primarie regionali, è stata cordiale ma tutt’altro che acritica nei confronti di un partito che ha avuto le sue responsabilità nella costruzione delle premesse che hanno portato al disastro attuale per la scuola pubblica. E i presenti all’incontro hanno messo bene in chiaro tali responsabilità, facendo risalire il declino dell’istruzione pubblica alle riforme sull’autonomia varate dal ministro Berlinguer negli anni novanta, stringendo l’esponente del centro-sinistra in un angolo, obbligandolo ad ammettere che degli errori ci sono stati e a invitare il mondo della scuola a un confronto sulla “scuola che vorremmo”, in modo da arrivare con un progetto definito al fatidico momento “in cui torneremo a governare”. Al momento in cui chiudiamo questo articolo sui siti internet specializzati si susseguono notizie sulla firma, da parte del ministro Gelmini, di un nuovo “salva-ministro” che ripropone a livello nazionale i contratti di disponibilità. Un tentativo palese di dividere i precari approfittando della loro necessità di lavorare. Mentre il ministro firmava a Roma i precari della scuola erano di fronte al comune di Cagliari in attesa che il consiglio comunale si esprimesse su un ordine del giorno sulla scuola proposto dall’opposizione. “Ma – dice un docente precario – le dichiarazioni altisonanti non bastano, serve che i rappresentanti dell’opposizione lavorino con noi per farsi portatori di richieste precise scuola per scuola”. Richieste che da sole basterebbero a chiarire a tutti, per primi ai genitori, cosa hanno significato i tagli in termini di qualità dell’istruzione.

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