Letteratura e anticapitalismo

16 Dicembre 2023

Donald Richard “Don” DeLillo, scrittore, drammaturgo e sceneggiatore statunitense

[Amedeo Spagnuolo]

Di recente ho riletto, dopo molti anni, il bellissimo libro di Don Delillo, Cosmopolis, pubblicato nel 2003 e, solo ora, mi sono reso conto di quanto fosse profetico questo libro uscito oltre vent’anni fa.

Infatti, allora, forse per distrazione, forse per superficialità, non so, mi rimasero impresse solo le parti del libro nelle quali emergeva con forza l’assurda vita del protagonista principale, Eric Parker, mentre l’analisi della società americana, e quindi mondiale, dominata dal devastante capitalismo  finanziario mi erano sfuggite o meglio le avevo apprezzate solo in maniera superficiale. La seconda rilettura di questi giorni, invece, mi ha mostrato tutta la forza dirompente di questo libro nell’analisi della cupezza del mondo nel quale viviamo.

Tutti gli avvenimenti raccontati si svolgono all’interno di un’unica giornata nella quale s’intrecciano due narrazioni, quella del protagonista principale Eric Parker e quella di Benno Lenin, personaggio misterioso e inquietante che odia profondamente Eric Parker per i motivi che vedremo in seguito. Eric Parker è un giovane miliardario che ha accumulato le sue ricchezze grazie alla speculazione finanziaria. La giornata narrata si svolge, quasi tutta, all’interno di una lussuosa Limousine simbolo del potere e della ricchezza di chi ha accumulato tanti soldi sfruttando la devastante speculazione dell’economia finanziaria americana. Questo è il primo aggancio che il romanzo realizza con la realtà contemporanea ovvero la nostra società nella quale una minoranza di super ricchi, che non si sono assolutamente fatti da sé, accumula ogni giorno straordinarie ricchezze.

Essi sfruttano la loro abilità nel manipolare l’economia virtuale del mondo finanziario a scapito dell’economia reale fatta di uomini che lavorano e mantengono le loro famiglie con gli stipendi guadagnati con il loro sudore, lavoro finalizzato alla produzione di beni di consumo che, pur servendo la logica del profitto, almeno sono una merce che realmente esiste e consente a tante persone di poter mantenere dignitosamente i propri figli. Nel libro poi è presente un altro passaggio molto interessante che in qualche modo anticipa ciò che accadrà nel ventennio successivo alla sua uscita ovvero l’inevitabile capovolgimento dei valori anzi i valori che gradualmente perdono di senso all’interno di una società che sembra ormai dominata dal culto dell’apparenza e della ricchezza, culto che affascina e intontisce anche le classi lavoratrici che non potranno mai far parte di quel mondo.

Un altro momento di grande letteratura capace di spiegarci la nostra realtà riguarda l’esemplare profilo psicologico dei due protagonisti del romanzo. Eric rappresenta la cultura del denaro e dell’ostentazione, il crollo totale dei valori umani, insomma un personaggio che certamente non si fa amare ma che attrae molto il lettore proprio per il suo genuino cinismo. Benno Lenin, l’antagonista del romanzo che a primo acchito sembrerebbe collocarsi in una posizione alternativa alla filosofia di vita di Eric, in realtà non è così diverso da lui poiché l’odio di Benno Lenin non scaturisce da una critica rivolta al capitalismo estremo di Eric bensì quello di Benno Lenin è un odio che ha origine dal fatto che egli vorrebbe essere come Eric, ricco e potente, ma non ci riesce.

Tornando ancora ai nostri tempi, Benno Lenin somiglia al tipico uomo medio delle nostre società occidentali, conservatore e reazionario, che a parole denuncia da destra l’accumulazione dissennata del capitale, ma che in realtà alla prima occasione fa di tutto per appropriarsi di una fettina di quel capitale tanto odiato. Insomma la tipologia di uomo più diffusa nel mondo occidentale ovvero un uomo che è alla deriva poiché ha perso valori e ideologie e dunque nella sua vita il dolore è diventato predominante. Insomma, in questo libro l’autore non vuole semplicemente sviluppare una narrazione, il suo intento profondo è quello di mostrarci in quale pasticcio ci siamo cacciati aderendo totalmente al sistema capitalista, un pasticcio che sembra irrisolvibile poiché esso ci ha scaraventati tutti in una società che soffre di una inquietante deprivazione di valori umani.

DeLillo già vent’anni fa mostrava di essere capace di riuscire a descrivere, partendo da New York, la realtà dei nostri giorni e la sua economia malata rappresentata dal giovane miliardario, genio della finanza che nella sua cupio dissolvi e nelle sue nevrosi esplicita in maniera cristallina la tipologia disturbata di uomini che la logica del profitto è stata capace di creare. Questa analisi non porta a nessuna soluzione, l’autore volutamente, non indica nessuna strada, proprio come accade a noi oggi che dopo il crollo dell’alternativa socialista abbiamo perso la strada e non riusciamo più a essere felici in un mondo che riesce solo a mostrarci l’illusione della felicità.

Personalmente però, ed è l’unica cosa dalla quale dissento dallo splendido lavoro di DeLillo, credo ancora che l’uomo contemporaneo abbia una qualche possibilità ovvero riunire le energie di tutti gli anticapitalisti di questo martoriato pianeta per rilanciare un’economia autenticamente socialista, moderna e adeguata al nostro tempo, capace di proporsi come valida alternativa al perverso modello capitalista statunitense e lontana anni luce dall’esperienza sovietica, ormai tramontata, e da quella cinese purtroppo ancora viva e solida.        

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