L’ospitalità

16 Aprile 2015
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Marco Ligas

Si colgono segnali di nervosismo tra le formazioni politiche che operano nell’isola, indubbiamente dovuti anche al rischio che la Sardegna sia la regione scelta dal Governo per ospitare il sito nazionale delle scorie nucleari. Paradossalmente più che della pericolosità delle scorie si parla delle responsabilità che si assumeranno le forze politiche quando decideranno se e dove ospitarle. C’è una ragione che spiega questo nervosismo: le scelte che verranno fatte non saranno ininfluenti sugli esiti delle prossime elezioni, siano esse amministrative o politiche.
È comunque singolare l’uso della parola ospitare quando si fa riferimento alle scelte relative ai depositi delle scorie; è evidente come in questo caso la parola usata sia una figura retorica mediante la quale si vuole attenuare la sconvenienza di un’espressione che ha tutt’altro significato. L’ospitalità infatti è una parola che indica accoglienza, di essa si parla quando si accoglie qualcuno nella propria abitazione, possibilmente fornendogli ciò di cui ha bisogno.
Per quanti eufemismi si possano usare è evidente come il significato del termine accoglienza non possa convivere con le scorie. Le scorie nucleari, ovunque vengano sistemate, non solo sono vissute come un’imposizione ma rappresentano un serio pericolo sia per la salute delle popolazioni sia per la tutela dell’ambiente.
In effetti 90.000 metri cubi di rifiuti (compresi quelli derivanti dalla medicina nucleare) non sono una quantità irrilevante, non possono essere considerati innocui, tanto più che oltre 10.000 metri cubi di queste scorie sono ad alta attività.
Appare perciò provocatorio e ipocrita il vocabolario rassicurante usato da tutti su questo tema. A sentire qualche Ministro la scelta del sito o dei siti per il deposito delle scorie verrà fatta coinvolgendo i territori e praticando la trasparenza; si tratta, dicono al Governo, di passaggi irrinunciabili di un iter che oggettivamente è molto delicato. Insomma ci sarà l’impegno perché sia garantita la partecipazione delle comunità locali attraverso una prassi corretta del metodo democratico! Peccato che queste procedure vengano poi accantonate con una regolarità sistematica e perciò siano da ritenere del tutto inattendibili.
I rappresentanti della Regione sarda, dal canto loro, ribadiscono ancora una volta l’indisponibilità ad ospitare (ci risiamo) il sito delle scorie nucleari e motivano questo rifiuto con l’esigenza di riequilibrare il peso delle servitù militari che la Sardegna subisce in maniera sproporzionata. La stessa Giunta non intende accettare, così dice, le argomentazioni di chi ritiene che la Sardegna sia la regione che meglio di altre si adatterebbe a ricevere le scorie radioattive in virtù dei miglioramenti tecnologici registrati nel corso degli ultimi anni nella conservazione delle stesse.
Sta di fatto che nonostante le dichiarazioni rassicuranti fatte da tutti, l’unica certezza che registriamo è il rinvio della scelta del sito a dopo le elezioni regionali.
Intanto, a mantenere viva la vigilanza perché la Sardegna non subisca l’ennesima prepotenza sono i comitati “No scorie”, gli unici impegnati con generosità in un lavoro di orientamento fra le popolazioni dei diversi Comuni dell’isola. Sarebbe opportuno estendere questo impegno, coinvolgendo soprattutto le diverse categorie di lavoratori, gli studenti, le molteplici associazioni e tutte le componenti democratiche che operano in Sardegna.
Sono utili i sit in ma sarà bene prepararsi anche a forme di resistenza passiva (naturalmente non violenta) soprattutto nei luoghi dove potrebbero essere depositate le scorie.
Ricordiamo a chi ancora non l’avesse capito che la nostra ospitalità ha dei limiti: non è estesa per esempio a chi conserva una mentalità colonizzatrice e considera l’isola un territorio/spazzatura.

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