Microimprese e nuovi centri commerciali

1 Giugno 2015
mercato-dipinto
Roberto Mirasola

Quanto sta accadendo in questi giorni in consiglio comunale richiama alla mente il film Leviathan attualmente in programmazione nelle sale cinematografiche. E’ approdata in Consiglio Comunale un’istanza diretta ad ottenere il parere preventivo il cui esito positivo darebbe il via libera alla costruzione dell’ennesimo centro commerciale a Cagliari.
Stiamo parlando di tre lotti rispettivamente di mq. 6350.,4340. e 2775, ciò che la L.R 18/5/2006 n.5 identifica come grande struttura di vendita. Ricordiamo che la suddetta legge, voluta dal presidente Soru, disciplina il commercio e si propone: “l’equilibrio tra le diverse forme di vendita, con particolare riconoscimento alla valorizzazione delle microimprese , favorire l’associazionismo tra le micro, piccole e medie imprese, favorire la crescita di attività commerciali in particolare di piccole e medie dimensioni, che integrino e valorizzino la qualità delle città, favorire la nascita di centri commerciali naturali..” Tra l’altro bisogna ricordare che l’insediamento di grandi strutture di vendita deve tener conto di alcuni elementi tra i quali: l’impatto sugli insediamenti commerciali già esistenti e l’aspetto demografico onde evitare che l’offerta sia ridondante rispetto alla capacità di spesa della potenziale clientela. Non si capisce dunque il senso di un nuovo centro commerciale sopratutto se contestualizzato con la crisi socio-economica che si riscontra in città e provincia.
Dati UNIONCAMERE 2015 parlano di reddito disponibile pro-capite di poco superiore a € 15.800, collocando Cagliari in 62-esima posizione a livello nazionale, mentre il livello dei consumi pro-capite è pari a € 13.900 evidenziando un calo rispetto alla media nazionale ben più elevata. Cosi come il numero di ore di CIG per occupato nell’industria e nell’edilizia rilevato nel 2013 è pari a 301,9 rispetto al dato nazionale che si attesta a 150.
In definitiva una situazione alquanto allarmante sul fronte sociale. In tutto questo è bene ricordare la crisi del commercio cittadino. Nella via Alghero si contano sette negozi chiusi, la via Garibaldi conta ben 18 attività cessate, in via Manno sono scomparse tre ditte e ben quindici nella via Dante. Un bollettino di guerra dunque, se pensiamo che mediamente in una piccola attività sono impiegati 2,2 operatori senza contare i titolari, coadiuvanti e collaboratori, categorie che non rientrano tra i lavoratori dipendenti ma che rappresentano comunque un numero consistente di lavoratori autonomi. C’è da dire che gli sponsor dei centri commerciali sostengono che tali strutture di vendita creino posti di lavoro. Cerchiamo dunque di dare una risposta anche a questa tesi, non prima di aver precisato che i contratti sinora più utilizzati sono stati lavoro temporaneo, a progetto, voucher e via dicendo, per non parlare poi degli orari di lavoro pesantissimi e della scarsa retribuzione. Ad ogni modo è sufficiente prendersi i dati pubblicati dall’osservatorio nazionale del commercio del ministero dello sviluppo economico per accorgersi che il numero degli occupati nel 2013, nelle 5 grandi superfici specializzate presenti a Cagliari raggiunge il numero di 89 persone a fronte però di 11364 mq impiegati che se rapportati al numero di abitanti rappresenta invece un vero record. Bisogna infine ricordare che i profitti della GDO non rimangono in Sardegna ma prendono la via delle capitali ove hanno sede legale i loro uffici. In poche parole. non si crea ricchezza da investire nella nostra terra mentre a Cagliari le strade del centro si svuotano, rendendo vani gli ingenti lavori di arredo urbano, con evidenti ricadute negative per l’immagine della città. Non bisogna infine dimenticare il ruolo sociale che svolgono le piccole botteghe assolvendo il compito di presidio del territorio cittadino. La domanda che sorge spontanea è la seguente: a chi giova?

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