Notti padane. Il funerale dei feti

1 Settembre 2013
Valeria Piasentà
«La vita va difesa fin dal suo concepimento», così si è espresso papa Bergoglio dal Brasile, esattamente come i pontefici che l’hanno preceduto. Specie nel nord padano questa affermazione viene applicata in azioni esemplari, a Novara già dal 1997. In quell’anno don Maurizio Gagliardini – Canonico della Cattedrale, Docente al Seminario Diocesano, vicepresidente della Fondazione Amici della Cattedrale, ecc., e vicino all’Azione Cattolica – ha fondato l’Associazione Difendere la vita con Maria (ADVM). Riconosciuta dalla Chiesa e col consenso dell’allora vescovo di Novara Mons. Corti, che ne lodò l’attività di dar sepoltura cristiana «a tutte quelle creature umane che sono morte prima di vedere la luce, perché abortite». Questa è l’attività principale dell’associazione, che da Novara si è estesa ed ora è presente il 13 regioni: celebrare con rito religioso il funerale dei feti e seppellirli in terra consacrata, una zona dei cimiteri delimitata allo scopo. L’associazione opera anche senza il consenso dei genitori e a norma di legge, regolata da convenzioni stipulate con i Comuni conniventi e le aziende ospedaliere, dove l’associazione conta la simpatia di molti medici (a Novara pare che i ginecologi siano tutti obiettori di coscienza).
E questo è un estratto della ‘Preghiera per la canonizzazione dei bambini uccisi dall’aborto’:
«… credo fermamente che tutti i bambini che sono stati volontariamente privati della vita per mezzo dell’aborto, sono stati lavati nel sangue di Gesù e sono per certo veri martiri che vivono nel Signore, poiché hanno ricevuto il battesimo di salvezza nel sangue… Con fiducia Ti imploro, caro Signore, attraverso l’intercessione dei milioni di bambini martiri uccisi nel grembo materno, i cui angeli contemplano il Tuo volto, di concedermi… (citare la grazia che si desidera)… Possa il loro martirio dare al mondo ampia testimonianza della Verità e degli insegnamenti della Santa Chiesa Cattolica per la salvezza delle anime e per l’eterna gloria della Santissima Trinità. Possa il loro martirio dare al mondo ampia testimonianza della Verità e degli insegnamenti della Santa Chiesa…»
L’iniziativa è stata ispirata da un’altra associazione antiabortista, il Movimento per la vita Armata bianca de L’Aquila, fondata alla metà degli anni ’70 dal frate ed esorcista Padre Andrea D’ Ascanio, che si diceva ispirato da Padre Pio. Nel 1991, in quella città eresse un monumento al bambino mai nato. Nel 2005 il Vaticano «ha condannato padre D’Ascanio per gravi delitti contro il sesto comandamento (non commettere atti impuri) del decalogo implicanti anche la confessione sacramentale e l’abuso della potestà ecclesiastica con dominio delle coscienze»; tolto il rettorato della sua chiesa l’ha obbligato alla residenza in convento, senza più confessare ne’ celebrare messa. Il Padre era già stato indagato per omicidio colposo negli anni’70, a causa della morte di una donna durante un esorcismo. Poi, in correità con altri dell’associazione, accusato «per avere costituito l’Associazione denominata ‘Armata bianca’, apparentemente dedita ad attività religiose con scopo di commettere delitti di violenza sessuale » su donne e bambini (uno di 4 anni) durante le «nozze mistiche», e una evasione fiscale di circa 3 miliardi di lire. Infine, nel 2003 è stato condannato a un anno e sei mesi per violenza privata dal tribunale de L’Aquila. Allontanato padre D’Ascanio la sua associazione ha proseguito, e nel 2010 offerto in dono una statua della madonna al Comune di Novara. La Giunta comunale, allora retta da un sindaco della Lega Nord, non si è posta domande e ha deliberato all’unanimità fosse «opportuno accettare la donazione offerta, in quanto si ritiene che la piccola statua rappresenti il valore della maternità universalmente riconosciuto… si comunica che la collocazione di tale statua può essere effettuata presso il Recinto 3 Campo 8 Angolo sud/ovest» del cimitero comunale, dove si svolge il funerale dei feti.
Tutto ciò ricorda un antico rito di alcune chiese di Francia – i primi eventi risalgono al XIV secolo – Svizzera, Germania, Italia nell’area altoatesina, nel Vallese e in Val d’Aosta, e nelle valli novaresi dei Walser: il ‘rito del répit’, un ritorno alla vita. Solo per un respiro: répit, in piccardo antico. Questi santuari carichi di magie ancestrali, erano dedicati alla Madonna, spesso della Neve, ed ubicati in luoghi silvestri o su sorgenti. Qui, durante la messa con partecipazione di popolo, avveniva un rito molto particolare: si ‘resuscitavano’ bambini nati morti per consacrarli col battesimo. Il defunto veniva steso su un altare dedicato alla Madonna alla presenza di un medico o una ostetrica, per attestare il ritorno alla vita: da un sospiro (répit) che faceva vibrare la piuma messa fra le labbra, da una pipì, da un rossore delle guance. E alla presenza di un notaio, che redigeva l’atto pubblico utile alla sepoltura in terra consacrata. In quell’attimo il resuscitato era battezzato dal parroco per ri-morire subito dopo. Erano le famiglie stesse, arrivate anche da lontano con offerte cospicue e bimbi morti talvolta da mesi cui si profanava la sepoltura, a chiedere il rito magico sperando in un miracolo. Per non avere sulla coscienza un’anima vagante coi demoni per l’eternità, un corpo che non poteva essere seppellito in terra consacrata ma abbandonato o, come in area protestante, interrato lungo il muro perimetrale di una chiesa dove scolava acqua lustrale, purificando il corpo morto senza sacramenti. Solo l’inumazione in terra consacrata riportava il corpo dentro lo spazio collettivo mettendo ordine nel gruppo sociale. La Chiesa ufficiale spesso non approvava tali pratiche, tacciate da vescovi e teologi di paganesimo, molto di più le ricchezze accumulate dai santuari miracolosi. «Il rito venne ufficialmente condannato dal papa Lambertini nel 1755, con l’accusa di abuso del sacramento del battesimo» (cfr.: F. Mattioli Carcano – V. Cirio, Santa Maria della Gelata di Soriso nel contesto europeo dei santuari ‘fonte di vita’, Soriso 1993)
Oggi il controllo sociale si esercita anche col tramite dei feti, sulle persone che perdono così dignità dopo la sofferenza di un aborto, perlopiù terapeutico, e non sono difese da uno Stato e da amministrazioni compiacenti. Potere politico e potere religioso si rafforzano scambievolmente: i gruppi di potere usano superstizione e fanatismo religioso. La religione ha bisogno di riportare ordine attraverso il controllo sui corpi (specie di donne e bambini) che è un controllo sui sentimenti e sul pensiero, prendendo anche ciò che i corpi producono per ricondurlo nello spazio sacro di loro pertinenza della terra consacrata, dopo averlo fatto proprio col rito.
Quel che ci manca, attualmente, è una figura di pontefice illuminato che sappia valutare usi e abusi dei suoi religiosi; e uomini di potere che sappiano distinguere fra credenza (un fatto privato) e diritto (regola dei rapporti sociali su un piano di pari dignità).

1 Commento a “Notti padane. Il funerale dei feti”

  1. emiliano ferri scrive:

    Le cose attualmente non stanno proprio cosi’. Non si riesumano corpi di bambini abortiti, ma si cerca (perche’ non e’ vero che siano connivenze con poteri politici), si cerca di dare degna sepoltura a questi corpicini. E’ solo una questione di rispetto e dignita’. Almeno una degna sepoltura e non l’essere gettati come rifiuti. Almeno su argomenti cosi’ delicati cerchiamo una coerenza ed onesta’ intellettuale, che metta al centro la persona umana, e non gli interessi ideologici o di partito. Pace r bene

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