Remo Bodei, maestro della scrittura filosofica

14 Novembre 2019
[Pier Luigi Lecis]

Nei giorni scorsi si è spento Remo Bodei, una delle voci più autentiche e sensibili della cultura contemporanea, maturata attraverso una esperienza intellettuale ed umana straordinariamente ricca ed aperta.

Formatosi alla Scuola normale Superiore di Pisa con Arturo Massolo, iniziò dopo la laurea un intenso periodo di perfezionamento in diverse, prestigiose università tedesche. A Tubingen e Freiburg seguì le lezioni di Ernst Bloch e Eugen Fink, a Heidelberg seguì quelle di Karl Löwith e di Dieter Henrich. Cominciò, a partire dal 1969, la carriera universitaria, attraversando come giovane docente i tempi ‘caldi’ della rivoluzione sessantottina e lasciando una traccia profonda fra generazioni di studenti; per molti anni insegnò Storia della filosofia ed Estetica alla Normale e all’Università di Pisa. Dopo un periodo alla Ruhr-Universität di Bochum (1977-1979), iniziò la sua ‘peregrinazione’ accademica di docente all’estero, come Visiting al King’s College di Cambridge (1980), alla Ottawa University (1983), alla New York University e poi, più stabilmente, all’università di California a Los Angeles (dal 1992).

Professore emerito dell’Università di Pisa e socio dell’Accademia dei Lincei, Bodei è stato un protagonista della scena filosofica internazionale, in forza di una produzione straordinariamente ricca e poliedrica, e di un’intensa ‘milizia’ intellettuale, testimoniata anche da un’attivissima, infaticabile presenza a convegni, meeting, seminari e incontri internazionali. I suoi interessi hanno spaziato nei più diversi campi tematici del dibattito specialistico, dall’estetica alla filosofia della storia, dalla teoria politica all’etica, dalla poesia alle neuroscienze, dai meccanismi del potere alle strutture profonde dell’io (Scomposizioni, 1987; Destini personali. L’età della colonizzazione delle coscienze, 2002); particolare attenzione dedicò al problema del rapporto passioni-ragione, il cui intreccio è visto come una trama essenziale dell’esistenza umana; le passioni non sono cieche, e la ragione non è tutta alla luce della coscienza (Geometria delle passioni 1991; Le logiche del delirio. Ragione, affetti, follia, 2000).

Pochi intellettuali sono stati capaci come Bodei di cogliere i legami tra gli aspetti anche più disparati delle vita, della società e della cultura, riannodando i mille fili che legano passato e presente, antico e moderno, memoria e aspettative future. Elaborando una rete concettuale mobile e sensibilissima a tutte le pieghe della realtà culturale contemporanea, Bodei ha attinto con raffinate ricerche dai mille rivoli della tradizione filosofica letteraria e scientifica, sostenuto da una cultura e da un’erudizione senza confini, che si muove agilmente da Aristotele ad Agostino, dall’idealismo tedesco a Marx, Bloch e Benjamin, da Spinoza a Hölderlin e Adorno; ma, se si deve individuare il centro vitale e unificante del suo pensiero nella ricca messe dei suoi riferimenti culturali, bisogna certamente tornare a Hegel. Lo attesta la parabola stessa della sua produzione monografica, che comincia con il filosofo berlinese (Sistema ed epoca in Hegel, 1975) e a lui torna dopo molti anni, con la riedizione del testo, in una forma ripensata e arricchita, oltre che rinnovata nel titolo (La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in Hegel, 2014)

Lo Hegel di Bodei è riletto con il rigore della ricostruzione storiografia e filologica, ma, ancor più, assimilato e incorporato in modo originale e creativo, attraverso il confronto culturale a tutto campo con la realtà contemporanea. Lo stile dialettico, fuori da schemi scolastici, vive nelle pagine di Bodei come procedimento di analisi capace di cogliere le tensioni e i processi profondi, le tendenze di lunga durata della società e della cultura, con uno sguardo aperto e prospettive di ampio respiro. La dialettica hegeliana, l’enfasi su conflitti, contraddizioni e contrasti nel corso del mondo, diviene capacità sottile e sfumata di cogliere i significati generali degli eventi, delle azioni umane e degli oggetti. Un modo di studiare i fenomeni, praticabile solo con il sostegno di una cultura, e di una erudizione, nutrita da una profonda conoscenza del mondo greco e romano, che riesce a far interagire e comunicare, senza cedere a facili attualizzazioni, cogliendo continuità e discontinuità che legano le nostre forme di vita a quelle passate.

Sul piano analitico le letture di Bodei collegano fenomeni specifici a processi profondi della psiche, della società e della cultura; mostrano il legame tra il tutto e le parti, colgono il dinamismo dei processi storici, scoprendo connessioni imprevedibili e sorprendenti tra testi, autori, periodi e luoghi diversi anche molto distanti fra loro. In questa capacità sottile e sfumata di cogliere i significati generali degli eventi, delle azioni umane e degli oggetti è incorporata l’eredità migliore del pensiero dialettico, sottratta ad ogni formulazione scolastica e praticata come strumento di esplorazione di sempre nuovi territori storici e tematici. Un’interessantissima e affascinante variante di percorso viene dall’applicazione di questo stile di pensiero alla riscoperta delle valenze culturali incorporate e nascoste negli oggetti materiali che ci circondano, su cui si orienta e prende forma, ci invita a osservare Bodei (La vita delle cose, 2009), senza che ne siamo consapevoli, la nostra esperienza quotidiana.

Va detto che questa alta dimensione teorica prende anche l’aspetto di un pensiero ‘militante’, che senza concessioni alle mode passeggere, non sfugge affatto al rischio di mettersi in gioco anche nella diagnosi e nel giudizio su questioni specifiche e controverse nel nostro orizzonte etico e politico. Bodei interveniva sulle dispute scottanti del nostro tempo, con atteggiamento mite e pacato nei modi quanto deciso e senza false ‘neutralità’ nei contenuti. Esemplare in questo senso è stato il suo modo di intendere i rapporti tra ricerca teorica e impegno etico-politico: trasparente, ma senza nessuna subalternità a logiche partitiche o parrocchiali, lo sguardo sempre rivolto al nocciolo duro dei problemi, ai tempi lunghi e agli scarti della storia. Ne è un esempio l’ultima grande fatica del filosofo, Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, intelligenza artificiale,2019, in cui torna articolato e concretamente applicato il vecchio tema del rapporto tra servo e signore, scolpito in pagine memorabili della hegeliana Fenomenologia dello spirito; il testo analizza con grande finezza le relazioni di potere e dominio che determinano lo sviluppo dei rapporti uomo-natura, uomo-animale, uomo-donna , uomo- macchina, mostrando che la rigidità di questi meccanismi non è affatto legata a leggi naturali e storicamente immodificabili.

Non meno penetranti sono le ultime riflessioni dedicate alla crisi della democrazia rappresentativa; l’era del suffragio universale, della comunicazione digitale e della trasparenza mediatica, scrive Bodei nel suo ultimo intervento sulla Domenica del Sole 24 ore (settembre 2018), sembrano convivere senza problemi con le forme tradizionali del potere, compresi i meccanismi oscuri degli arcana imperii. Vale la pena riportare una citazione per esteso:

Oggi, soprattutto, preoccupa il possibile impiego dell’Intelligenza Artificiale e dei Big data da parte di opachi poteri militari, finanziari o politici, che si servono di informazioni e algoritmi segreti in grado di manipolare l’opinione pubblica, di spiare potenzialmente tutti i cittadini, di influenzare le elezioni e di favorire gli interessi di ristrette oligarchie, sottratte al legittimo controllo degli Stati.”

Un altro tratto caratteristico della personalità intellettuale di Bodei è la sua profonda convinzione che le idee filosofiche non diventano vera cultura se non possono operare al di là dei circuiti più stretti dei saperi specialistici e degli addetti ai lavori. La filosofia è, per Bodei, sapere che si esercita nell’agorà, non solo nei luoghi canonici e istituzionali; che sa diffondersi, arricchirsi ed arricchire se comunica, semina idee, dubbi e problemi, stimola dialogo e discussione anche nelle arene più vaste della pubblica opinione; se porta ‘socraticamente’ per strada il gusto della critica e dell’innovazione, del pensare altrimenti e guardare diversamente le cose. A questa prospettiva si devono ricollegare l’impegno in iniziative come il festival di Filosofia di Modena e Carpi e la partecipazione a innumerevoli iniziative di alta divulgazione culturale presso scuole, comunità, associazioni sparse in tutta Italia. Abbiamo detto che Bodei fu protagonista della scena internazionale, ma dobbiamo qui aggiungere che lo fu, in qualche modo, anche della nostra scena locale. Alla sua Cagliari era del resto legatissimo, ed era profondo conoscitore della sua anima, delle sue tradizioni, del suo linguaggio anche vernacolare; vi tornava con frequenza, per occasioni accademiche e non, con generosa disponibilità a partecipare alla vita culturale cittadina. Anche per questo fu riferimento stabile, per tre anni, del piccolo, ma molto affollato Festival di Filosofia, organizzato in collaborazione tra Università (in particolare il Corso di Laurea in Filosofia) e il teatro Massimo di Cagliari, allora sotto la direzione artistica di Guido De Monticelli.

La ‘storia della filosofia e della cultura’ di Bodei, proposta con una scrittura che intreccia la pregnanza argomentativa con la forza e bellezza letteraria delle immagini, ha operato come un sensibilissimo sismografo, e uno stile in qualche modo musicale, carico di suggestioni che mettono a frutto positivamente il contrasto tra idee e sentimeni, o tra ragioni e passioni (secondo l’idea stessa della musica a lui cara); partendo anche da piccoli segnali ha saputo rilevare mutamenti profondi della società e della cultura, in una prospettiva di comprensione razionale capace di anticipare scenari futuri. La sua scomparsa lascia un grande vuoto, ma la sua voce continuerà a parlarci attraverso un immenso patrimonio di scritti e ricordi del suo spirito libero e sereno.

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