Solitudine e pandemia

1 Luglio 2023

[Amedeo Spagnuolo]

Gli effetti devastanti della pandemia, non solo da un punto di vista medico, non sono ancora ben chiari, nemmeno agli esperti che molto spesso liquidano, dal mio punto di vista, con troppa superficialità, la nuova condizione esistenziale che l’esperienza pandemica ha costruito nel lungo periodo durante il quale ha imperversato il covid.

Quando parlo di nuova condizione esistenziale, mi riferisco al fatto, secondo me, indiscutibile che gli esseri umani dopo questa terribile esperienza hanno acquisito un nuovo modo di vivere su questa terra ovvero se nell’era pre-pandemica la socializzazione, lo stare insieme, l’abbracciarsi, toccare l’altro con una semplice stretta di mano, erano tutti comportamenti, non solo normali, ma necessari, nel senso che ognuno di noi sentiva l’esigenza profonda di comunicare, di stare con l’altro per sentirsi vivo ma anche per affrontare meglio i demoni che spesso affollano la nostra mente, oggi non è più così.

Gli oltre due anni di pandemia ci hanno costretto ad assumere dei nuovi comportamenti che non hanno fatto altro che creare tra noi dei muri invalicabili, per meglio dire, si è passati dal bisogno dell’altro alla paura dell’altro anche dei familiari più stretti. Provate a pensare cosa ha significato per tante persone veder morire di covid i propri famigliari e non potergli stare vicino e provate a pensare, cosa anche più terribile, cosa hanno provato quelle povere anime sole, intubate e adagiate su di un anonimo letto di ospedale, mentre il loro respiro diventava sempre più faticoso e l’evento estremo si avvicinava.

Quando penso a ciò, e ammetto senza vergogna che cerco di scacciare con forza questo pensiero molesto che mi fa orrore, mi sento assalire da una paura profonda ma anche da una tristezza infinita pensando alla sorte delle migliaia di persone costrette a morire da sole in un ambiente asettico ed estraneo. Credo che un’esperienza del genere, un’esperienza senza ritorno, sia una delle cose peggiori che possa accadere all’essere umano. Lentamente ci siamo abituati a fare a meno dell’altro, le conoscenze, le amicizie, perfino gli amori si sono gradualmente raffreddati e spesso si sono interrotti in maniera brusca e definitiva.

Insomma la solitudine, che ha sempre accompagnato l’uomo nel suo percorso esistenziale, dopo la pandemia ha rotto gli argini e si è imposta con forza e arroganza e molti di noi si sono persi e hanno accettato di vivere da soli pur continuando a stare in mezzo a tanta gente. Parlando con tante persone che appartengono alla dimensione esistenziale nella quale consumo i giorni della mia vita, mi accorgo, per fortuna il discorso non vale per tutti, che molti di loro non sentono più la necessità d’incontrarmi, d’incontrarsi, apparentemente vivono bene anche nel loro piccolo guscio, certo sono tornati a frequentare con assiduità i famigliari, ma più per dovere che per piacere, mentre tutti gli altri, che prima sembravano indispensabili, semplicemente sono stati abbandonati al loro destino, bello o brutto che fosse.

Certo, i ristoranti, i bar, gli stadi sono tornati a riempirsi ma l’impressione che si ha, frequentando quei luoghi, è che si sia ridotto drasticamente l’entusiasmo per la vita, la gioia dello stare insieme, mi sembra che le persone si sforzino molto cercando di riproporre gli schemi esistenziali prepandemici ma sui loro volti aleggia un’ombra di tristezza malcelata, un pessimismo nei confronti dei giorni che ci aspettano che non promette nulla di buono. Un esempio per tutti, a dimostrazione di quanto si sta affermando, è l’esponenziale crescita del fenomeno dei cosiddetti hikikomori, i giovani che si auto recludono nelle loro stanze interrompendo qualsiasi possibilità di comunicazione diretta con l’altro.

I contraccolpi della pandemia e dei lockdown sulla salute mentale di una parte consistente della popolazione mondiale sono ormai fatti accertati da studi scientifici provenienti da vari paesi del mondo. La fascia che sembra aver subito maggiormente tali effetti nefasti è quella giovanile: senso di solitudine, poche amicizie, una socialità che si è ridotta di molto. Un importante studio realizzato in Italia ovvero il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (BES), organizzato dall’ISTAT, ha messo in luce una realtà molto preoccupante, 220 mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni si sono dichiarati insoddisfatti della loro vita e vivono in una condizione di scarso benessere psicologico.

Un altro importante studio, questa volta realizzato nel Regno Unito dal Prince’s Trust, è giunto alla conclusione che, dopo la pandemia, il 35 per cento dei giovani dichiara di non essere più capace di fare nuove amicizie e di non essersi mai sentito così solo. Dunque la solitudine sembra oggi più pervasiva che mai, soprattutto tra i giovani, certo è difficile dire se la causa sia stata determinata dall’isolamento forzato provocato dalla diffusione del virus o se la pandemia abbia semplicemente fatto esplodere una crisi che era già presente da prima. Una risposta potrebbe essere quella derivante dal progetto Loneliness della BBC del 2015 che, dopo aver intervistato oltre 50000 giovani e adulti, ha scoperto che i loro tassi di solitudine erano simili a quelli degli anziani, questo significherebbe che la pandemia ha accentuato notevolmente un fenomeno che era già presente nelle nostre società.

La chiusura delle discoteche, la cancellazione dei festival musicali, lo studio realizzato tra lockdown e DAD sono tutte cause che hanno contribuito a far sì che circa il 40 per cento dei giovani europei dichiari di soffrire di ansia da socializzazione. Inoltre, nonostante ormai non ci siano più restrizioni, i giovani dichiarano che si sta verificando uno sgretolamento delle comitive di amici e un’ansia acuta per le uscite. Un altro importante studio britannico condotto dall’Ufficio per le statistiche nazionali, ha dimostrato che i giovani tra i 16 e i 29 anni sono molto più ansiosi della popolazione generale.

Jonathan Townsend, amministratore delegato di Prince’s Trust, ha affermato che questa pericolosa miscela di ansia, stress e mancanza di fiducia nel futuro avrà un preoccupante impatto sui giovani d’oggi e sulle generazioni future. Solo un deciso intervento del governo, delle aziende, degli enti preposti all’aiuto dell’altro, potrà cambiare la situazione e fare in modo che i giovani riacquistino la fiducia nel futuro e nella loro vita.

“Non cercare l’impossibile in questo mondo di pazzi, non vi è luogo dove tu possa rifugiarti, ma se trovi qualcuno che ami tienilo stretto perché ricorda: si nasce e si muore soli, tutto il resto è niente”.

Jim Morrison

Nell’immagine un murale di iHeart, street artist che realizza opere con la tecnica dello stencil a Vancouver, in Canada.

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