Viaggi in Africa, forchette e preservativi

1 Aprile 2009

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Gianni Loy

Nel suo recente viaggio in Africa, il Papa non si è limitato a ribadire la condanna del preservativo sotto il profilo morale, ma ha anche affermato che tale pratica sarebbe irrilevante, se non dannosa, nella battaglia contro la diffusione dell’Hiv che, come ènoto, assume  caratteristiche di malattia endemica in alcune regioni del continente. Il secondo aspetto riguarda, prevalentemente, questioni tecniche: se l’uso del preservativo sia idoneo a limitare la trasmissione della malattia. Su questo aspetto si è subito aperto un serrato dibattito, condotto in prima persona dai premier di alcuni Stati europei, con in testa la laicissima Francia, volto a contestare l’affermazione del Papa sotto il profilo scientifico, ma anche a denunciare il pericolo che tale messaggio, se effettivamente recepito dalle popolazioni interessate, possa portare ad un incremento dei casi di trasmissione della malattia. Posto che sull’aspetto “politico” dell’argomento molto si è detto e molto si è scritto, vorrei fare qualche ulteriore riflessione sull’aspetto morale e su alcune altre osservazioni, apparentemente di dettaglio, ma che di dettaglio non sono. Tentare, persino, un ragionamento che, in qualche modo, si ponga dall’interno, cioè dal punto di vista delle stesse persone che si collocano all’interno del fenomeno religioso rappresentato dal Papa. E’ necessario riconoscere, in premessa, che la libera professione delle idee va rispettata e che il Papa ha tutto il diritto di manifestare le proprie opinioni religiose. E’ altrettanto evidente che, ove altre persone o movimenti siano di diverso avviso, abbiano lo stesso diritto di far valere le proprie, di ragioni, ed evidenziare altrettanto pubblicamente, se lo ritengono, eventuali effetti sociali negativi che possano derivare alle persone o alle società dalla messa in pratica dei principi indicati dal Papa. L’unica cosa che non vale è appellarsi al diritto naturale. Gli Stati moderni riconoscono l’esistenza di diritti umani fondamentali, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata nel 1948 dall’Assemblea delle Nazioni Unite. Essa, tuttavia, ha valore giuridico non in quanto rappresentazione di un diritto naturale, dagli incerti confini, ma perché riposa sul consenso, espresso dai rispettivi governi,  dei rappresentanti della maggior parte degli abitanti della terra. Detto ciò, ritornando al tema del preservativo, sono opportune  una riflessione ed una domanda. La riflessione è la seguente: il comportamento dei cristiani in relazione alla vita sessuale di coppia, come anche per quanto riguarda la stabilità delle unioni e gli orientamenti sessuali, è sostanzialmente simile a quella dei non credenti. Ne ha preso atto, seppur con rammarico, la Chiesa italiana. Gli uni e gli altri, in altri termini, “disfano” i matrimoni quando la coppia scoppia, usano il preservativo ed altri metodi anticoncezionali non approvati dalla Chiesa, ricorrono alla fecondazione assistita. Viene da chiedersi perché una organizzazione che, nelle sue proclamazioni, condanna in maniera così dura tali comportamenti, sino alla esclusione dai sacramenti, non trova ascolto presso il suo popolo? Perché il suo popolo si comporta esattamente come i pagani? Non tento neppure una risposa. Solo mi chiedo, (e ciò riguarda soprattutto il nostro ed altri paesi a maggioranza cattolica) come è possibile che un’organizzazione, come la Chiesa, che non è minimante in grado di conseguire un comportamento coerente da parte dei suoi fedeli, possa adottare politiche che tendano ad imporre, per legge, comportamenti che non riesce ad ottenere volontariamente neppure da parte dei suoi fedeli? Neppure a questa domanda tento una risposta. Solo mi chiedo se quei cristiani che non ricorrono ad alcune tecniche di fecondazione assistita, ad esempio, solo perché lo Stato non lo permette loro, non continuino a commettere lo stesso peccato con il desiderio. Ma torniamo al preservativo. Mi chiedo se la Chiesa continuerà a condannarne l’uso anche tra uno o due secoli. Nessuna risposta, anche qui, ma la storia insegna che, alla fine, molte delle pratiche inizialmente condannate dalla Chiesa, sono state poi tranquillamente accettate. E non parlo solo di Galileo Galilei, non scomodo la grande scienza, faccio riferimento a cose più banali. Mi riferisco alla strenua opposizione da parte della Chiesa dell’uso della forchetta, di quell’arnese tecnologico che aveva incominciato a diffondersi in Europa già dall’undicesimo secolo e che fu subito definito strumento “diabolicum”.  Può ben dirsi che quell’opposizione abbia fatto ritardare di diversi secoli la diffusione della forchetta in Europa, se si pensa che solo nel 1700 la Chiesa cambiò la propria opinione su di quell’infernale strumento il cui uso, all’epoca, era ancora interdetto fra le mura dei conventi. Immagino che oggi la utilizzino tranquillamente, senza trovarvi nulla di immorale, oltre ai monaci anche il Papa e la sua curia.  C’è persino un parallelismo tra la forchetta ed il preservativo. Secondo quanto mi suggerisce mia moglie, l’aver continuato a mangiare con le mani, per secoli, è stato un possibile fattore di trasmissione di malattie, proprio così come lo può essere oggi, in situazioni di emergenza, il rapporto sessuale senza preservativo. Un’ultima suggestione, la più “teologica” di tutte. Connessa con il fatto che le posizioni della Chiesa, quanto alla morale, sono molto più articolare di quanto non pensiamo. Leggiamo con attenzione cosa scriveva nel giugno 2004 l’allora cardinale Ratzinger, in qualità di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
In riferimento alla violazione dei precetti morali che rendono un cristiano indegno di presentarsi a ricevere la comunione affermava: “non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto e dell’eutanasia. Per esempio, se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale, o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la santa comunione. Mentre la Chiesa esorta le autorità civili a perseguire la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell’applicare una pena a criminali, può tuttavia essere consentito prendere le armi per respingere un aggressore, o fare ricorso alla pena capitale. Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte, non però, in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia”. Ciò significa, se ho ben inteso, che non si può lasciar morire in pace un moribondo che invoca la morte per fuggire dal dolore, ma si può far ricorso alla pena capitale? Cioè non si può staccare il tubo di una terapia di sopravvivenza passiva, ma si può iniettare il cianuro nelle vene di una persona sana che non vuole affatto morire, appenderla per il collo in una pubblica via o farla friggere sopra una sedia elettrica, magari mentre si dimena e strepita perché vuole vivere? E poi recarsi tranquillamente a fare la Santa comunione. Ma l’uso del preservativo, tra questi principi morali, a quale categoria appartiene? E’ equiparabile più all’aborto o più alla pena di morte? Secondo logica, impedire il possibile (ed eventuale) sorgere di una vita mediante l’uso del profilattico sembra in ogni caso meno grave che sopprimere la vita di un adulto, soprattutto ove non sia consenziente e non sia egli stesso ad invocare la morte. O no? E allora, secondo il criterio utilizzato dal Papa, “quale peso morale” dobbiamo dargli? Se è legittimo dissentire con il Papa quanto alla pena di morte sarà legittimo dissentire anche per quanto riguarda l’uso del preservativo. Detto in altri termini anche chi usa il preservativo, a maggior ragione, potrà prendere la comunione. Il tono non confonda, e neppure il fatto che una grande quantità di cristiani, dopo aver fatto uso del preservativo, si rechi tranquillamente a ricevere la comunione senza neppure porseli, questi problemi. Forse non è un caso che il Papa rivolga questo messaggio ai popoli dell’Africa, qui non lo ascoltano neppure i suoi fedeli più fedeli. Il tono non confonda, e del resto la Chiesa avrebbe tanti bei messaggi per questo mondo attraversato da una crisi che non è soltanto economica. Ed invece ancora a parlare di preservativi. Giusto per farci capire in quale cavolo di mondo  siamo seduti.

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