DS sardi. Una carrozza malconcia nel treno del PD
30 Aprile 2007Mauro Nieddu e Gianluca Scroccu
Il congresso regionale dei DS, ultimo di questo partito e della velleitariamente autonoma sinistra federalista sarda, è apparso ai più come un’ordinaria riunione di condominio funzionale solo alla riconferma dell’amministratore. Eppure anche in Sardegna, nonostante le apparenze, si discuteva di quello che i maggiori commentatori nazionali hanno definito come un passaggio storico: la sparizione, almeno come forza autonoma, del più grande partito della sinistra italiana.
Il partito, sopite per l’occasione le decennali rivalità tra capicorrente, si è autocelebrato riconfermando alla segreteria Giulio Calvisi. E del resto non poteva che essere così, visto che il segretario uscente e la sua segreteria si sono caratterizzati per una gestione del partito sostanzialmente grigia e priva di qualunque respiro programmatico. Nonostante le importanti questioni interne al centrosinistra regionale e nazionale, che avrebbero richiesto un maggiore contributo di analisi e sintesi da parte del partito di maggioranza relativa, il segretario si è in questi due anni limitato a galleggiare, sostenuto dai periodici accordi e disaccordi tra i maggiorenti del partito e tra questi e il presidente della Giunta. Proprio la politica evanescente dell’attuale gruppo dirigente dei DS ha favorito gli eccessi del presidenzialismo gia forte del governatore (si pensi alle vicende degli assessori allontanati e velocemente sostituiti senza che il partito aprisse al suo interno una discussione che andasse al di là del riassetto tra le correnti).
È in questa condizione di debolezza che i DS sardi si sciolgono per dar vita, insieme alla Margherita e a Progetto Sardegna, al Partito Democratico, soggetto politico che in Sardegna rischia di assumere più che altrove i connotati di un partito personale con forti tendenze plebiscitarie.
Nel dibattito regionale sono apparse distanti le discussioni e le lacerazioni che invece hanno investito quello nazionale: infatti, più che del futuro della sinistra e dell’Unione, da noi si è parlato delle regionali del 2009 e dei destini personali ad esse legati.
Eppure anche in Sardegna, oggi più che mai, si fa sentire la mancanza di una soggettività forte della sinistra nel suo complesso; sarebbe stato quindi importante partecipare con forza e dare un contributo originale al dibattito nazionale, che proprio a Firenze ha visto l’avvio, accanto al Partito Democratico, del tentativo ambizioso e difficile, ma quanto mai necessario, di una unificazione a sinistra in nome di un nuovo socialismo. La sfida è questa: costruire, rimanendo ancorati all’esperienza del socialismo europeo, una forza più larga e capace di dare risposte alle disuguaglianze che questo modello di globalizzazione crea ed esaspera.
Da Firenze e da Roma, infatti, si sono delineati i connotati di una forza politica che supera la sinistra del Novecento in quanto rinuncia alla critica dell’attuale assetto capitalistico e ad un suo possibile cambiamento in senso “realmente” democratico, in favore di una mera fotografia del presente (con tutte le sue drammatiche contraddizioni), accompagnata dal lavacro buonista delle coscienze rappresentato dalla carità. Non più soggetti collettivi in conflitto verso equilibri più avanzati, ma singoli individui da soccorrere in maniera pietistica (da questo punto di vista il discorso di Veltroni a Firenze ne rappresenta il manifesto programmatico).
Anche nella nostra isola, non nascondiamocelo, il percorso che abbiamo davanti è ancora da cominciare. L’esperienza di chi ha aderito in maniera sincera e coraggiosa alla mozione Mussi al congresso regionale è una base importante ma insufficiente, poichè presenta un deficit di apertura verso la sinistra diffusa, dovuto anche al fatto che negli anni quest’area è stata spesso utilizzata come zattera per traghettare gruppi dirigenti in cerca di una collocazione nella geografia stagionale del partito. E occorre inoltre non sottovalutare le inquietudini di molte compagne e compagni dei DS che in questa prima fase hanno deciso di seguire il percorso verso il PD. Bisogna lavorare allora per portare a maturazione queste riflessioni critiche e farle incontrare con la galassia della sinistra dispersa dentro e fuori i partiti di riferimento. La nascita del “Movimento Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo” potrà rappresentare un punto d’incontro anche in Sardegna. La strada sarà lunga e difficile, ma vale senz’altro la pena di impegnarsi soprattutto se il progetto sarà trasparente, aperto e partecipato.
Mauro Nieddu
Gianluca Scroccu