Eletto Trump. Ed ora?
9 Novembre 2016Ottavio Olita
Una violenta esplosione nell’urna; una rabbia coltivata in segreto e gelosamente tenuta nascosta ai media e alle società demoscopiche; il rigetto totale degli appelli all’etica, al ‘politicamente corretto’, alle ‘buone maniere’.
Così ha reagito quella parte dell’elettorato americano che evidentemente non ne poteva più di tanti problemi privati – piccoli e grandi – rimasti irrisolti. La rabbia si è tradotta nella scelta del candidato presidente ritenuto il più impopolare, il più impresentabile, il più criticabile di tutta la storia statunitense.
Che lezione trarne? Se è comprensibile che Renzi, da Presidente del Consiglio, faccia buon viso a cattiva sorte, rinnovando il patto d’amicizia con gli Stati Uniti, ci si chiede: quale sarà l’interpretazione politica del voto che ne darà da segretario del Pd?
E non basta neppure accogliere quel voto straripante a favore dei repubblicani contro i democratici come un gigantesco ‘Vaffa’ contro tutti gli apparati dell’establishment, come ha fatto Grillo. Bisogna darne una lettura politica, per evitare che tutta questa rabbia attraversi l’Oceano Atlantico e come un gigantesco tsunami sommerga l’Europa alle prese con xenofobia, razzismi, i muri di Orban antiemigrazione (così come quello di Trump con il Messico).
Europa che, mentre si gingilla in modo nauseante a fare i conti della spesa e a ignorare i bisogni veri delle persone, rischia di restare schiacciata e frantumata nella nuova spartizione del mondo che avverrà tra Putin e Trump. E cosa ne sarà delle tante questioni mediorientali e dell’eternamente irrisolto e volutamente sempre aperto conflitto israelo-palestinese, se l’Europa confermerà la propria inesistenza politica e diplomatica lasciando che decidano di nuovo i soliti due padroni del mondo?
Dagli Usa arriva anche un altro avvertimento, che va tenuto in attenta considerazione. Se non si danno ai cittadini i luoghi, le sedi e le organizzazioni in cui esprimere la propria insoddisfazione, o dove proporre idee, suggerimenti, soluzioni, quel che rimane loro da fare è scaricare la propria frustrazione nella scheda elettorale.
Proiezioni e sondaggi sbagliati? No. Ormai sono soltanto del tutto inutili perché gli elettori hanno deciso che il voto segreto rimarrà tale e che non lo confideranno ad apparati che comunque sono legati al potere esistente.
Sono questi i risultati della cancellazione del coinvolgimento dei cittadini dalle scelte politiche e dalle loro progettazioni. L’unica, vera libertà è la partecipazione. Non è uno slogan o una bellissima canzone, è il fondamento di qualunque democrazia. Quale e quanta ce n’è in Europa? Quanta e quale ce n’è in Italia?
Alle imposizioni il cittadino elettore ha finora risposto soprattutto con l’astensionismo, perché non si riconosce nei percorsi politici, nelle indicazioni, nell’ossessione delle spending reviews su cui viene chiamato periodicamente a pronunciarsi. Da ultimo, il più colossale di tutti, è il referendum costituzionale, costruito come un plebiscito su una persona e sul suo governo, mentre c’è in gioco la qualità della democrazia.
L’elettore come manganello, come bastone: “Facciamo fuori il vecchio” e “Puntiamo al futuro”, senza spiegare che quel futuro rischia di rimanere nelle mani di quella stessa classe politica che non si è mai messa d’impegno per attuare la Costituzione; che addirittura attribuisce alla Carta fondamentale della Repubblica Democratica e Parlamentare la responsabilità delle lentezze e dei ritardi che invece sono frutto solo delle beghe, delle lotte, degli interessi nascosti di precisi gruppi o di pochi capobastone di maggioranze, dichiarate o trasversali che siano.
E’ per tutte queste ragioni che è ipocrita e fuorviante sentire le affermazioni di quanti si limitano a dichiarare di ‘prendere atto con rispetto’ del risultato delle presidenziali americane. Non vogliono che si apra una seria riflessione su dove sta andando la politica mondiale, sui tanti egoismi, sulle paurose esclusioni, sull’indifferenza, contro cui l’unico a tuonare quotidianamente, purtroppo inascoltato, è Papa Francesco.
Se l’elettorato americano non ha avuto ritegno a sdoganare la volgarità politica, culturale, etica di cui Trump si è fatto portatore in queste elezioni, cosa può accadere, per imitazione, con i neonazisti tedeschi, i lepeniani francesi, i leghisti di casa nostra?
Altro che ipocrisia e far finta di nulla! Parliamone, discutiamone, cerchiamo di individuare delle risposte e costruire comprensibili e accettabili percorsi politici sulla base delle esigenze reali, quotidiane di chi è senza lavoro, di chi è povero, di chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, delle famiglie monoreddito e di quelle che si reggono sostanzialmente sulle pensioni dei nonni, di chi è sfiduciato e un lavoro neppure lo cerca, di quanti non credono più nella politica.