Oltre 60 mila cittadini chiedono la tutela del Cervo sardo e la Regione Sardegna che fa? Il pesce in barile?

3 Giugno 2022

[Stefano Deliperi]

Ormai più di 60 mila cittadini hanno sottoscritto la petizione popolare per la salvaguardia del Cervo sardo promossa dall’associazione ambientalista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) sulla piattaforma Change.org in un mese e mezzo.

Una marèa di firme, decine di migliaia di cittadini che rifiutano il piombo risanatore tanto caro a chi dovrebbe difendere l’ambiente, ma lo ignora.

Decine di migliaia di cittadini che vogliono difendere uno degli animali-simbolo della Sardegna e del Mediterraneo da un’ottusa politica ambientale intrisa di penosi interessi elettorali e venatori.

Una richiesta chiara, palese, forte, in netto contrasto con le pretese di parte del mondo venatorio isolano che se ne frega altamente di tutto quello che non riguarda la possibilità di sparare a questo o a quest’altro animale.

E la Regione autonoma della Sardegna, in primo luogo proprio quell’Assessore della difesa dell’ambiente Gianni Lampis che inopinatamente ha pubblicamente dichiarato, anche nell’aula del Consiglio regionale (29 marzo 2022, seduta pomeridiana n. 206), di voler riaprire la caccia al Cervo sotto forma di piani di abbattimento, che fa?   Il pesce in barile?

Recentemente ha presentato la proposta di legge regionale n. 323 del 2022 che, fra l’altro, prevede l’amputazione del parco naturale regionale di Gutturu Mannu di ben 1.551 ettari (“riducendola dagli attuali 5.654 a 4.013 ettari”) nel territorio comunale di Pula, esclusivamente per accontentare una richiesta proveniente dal mondo venatorio locale sottoscritta da circa 300 cacciatori e vergognosamente recepita da una deliberazione consiliare.

L’assessore Lampis accoglie una becera richiesta puramente particolaristica proveniente da 300 persone, ma ancora non si degna di rispondere a 60 mila cittadini che difendono l’interesse generale della difesa del Cervo sardo.

Questo è il livello di una politica ambientale di infimo livello, ancorata a interessi clientelari ed elettoralistici (il prossimo 12 giugno ci sono le elezioni amministrative).

Il GrIG ha provveduto nelle scorse settimane a inviare un primo elenco di sottoscrittori al Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, all’Assessore regionale della Difesa dell’Ambiente Gianni Lampis e al Presidente dell’I.S.P.R.A. Stefano Laporta, chiedendo se vi siano eventuali autorizzazioni per piani di abbattimento dell’ungulato a qualsiasi titolo e con quali motivazioni scientifiche.   

Tuttora silenzio anche da parte del Ministro della Transizione Ecologica – recentemente giustamente accusato di voler l’estensione dei periodi di caccia.

L’I.S.P.R.A , invece, ha affermato chiaramente. (nota prot. n. 26660 dell’11 maggio 2022) che “non ha espresso pareri circa piani di controllo del Cervo sardo”.

Nessun parere – necessario per legge – quindi nessuna autorizzazione.

L’I.S.P.R.A. conferma, poi, l’assenza di censimenti aggiornati.

Come ricorda anche l’I.S.P.R.A., gli unici dati disponibili sulla consistenza dell’ungulato risalgono alla stima effettuata nel corso del  Progetto LIFE “One deer, two Islands: conservation of Red Deer Cervus elaphus corsicanus in Sardinia and Corse”, cioè circa 10.600 esemplari in tutta la Sardegna.

Il Cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus) è una sottospecie endemica della Sardegna e della Corsica del Cervo europeo (Cervus elaphus) e, solo dopo gli ultimi decenni di protezione, sta riuscendo con fatica a sfuggire al destino dell’estinzione a causa del bracconaggio, della distruzione degli habitat, degli incendi.

Incurante della grave situazione ecologica dell’ungulato simbolo della Sardegna, l’Assessore della difesa dell’ambiente della Regione autonoma della Sardegna Gianni Lampis ha pubblicamente dichiarato di voler riaprire la caccia al Cervo sotto forma di piani di abbattimento.

Lo ha dichiarato anche nell’aula del Consiglio regionale (29 marzo 2022, seduta pomeridiana n. 206).

La scusa è che in alcune zone (Arbus, Laconi) ve ne sarebbero troppi e causerebbero danni all’agricoltura, sebbene non vi siano censimenti aggiornati né una stima degli eventuali danni.

Se davvero così fosse, gli esemplari riconosciuti in eccesso potrebbero esser trasferiti in altre aree dell’Isola (o della Corsica) già verificate quali idonee, così com’è stato fatto in questi decenni per far riprendere salute alla sottospecie.

Infatti, la Carta delle vocazioni faunistiche della Sardegna, atto programmatorio ufficiale della Regione autonoma della Sardegna, stima la presenza del Cervo sardo complessivamente in un’area di circa 60 mila ettari del territorio regionale e individua un’area potenziale di circa 400 mila ettari, con ambiti ottimali di reintroduzione nell’area del Gennargentu fino al Supramonte, alle codule ogliastrine, fino a Quirra, così da ricongiungersi con l’areale dei Sette Fratelli – Sàrrabus. Così il complesso Monti di Alà – Monte Albo, parte della Nurra, il Montiferru, il Monte Arci, il Sinis, il Limbara (pp. 253 e ss.), dove potrebbero esser reintrodotti oltre 16 mila esemplari.

Firma e fai firmare la petizione per la salvaguardia del Cervo sardo, perché più siamo e maggiore forza avranno le nostre richieste di civiltà.

La petizione si firma qui https://chng.it/hptV6GJp

Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico

Nella foto: Il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus).

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