Sa Die tutti i giorni

28 Aprile 2020
[Roberto Loddo]
Sa Die e sa Sardigna, la Giornata del popolo sardo, non rappresenta solo la celebrazione della rivolta dei cagliaritani che costrinsero il 28 aprile del 1794 alla fuga il viceré ed i funzionari sabaudi. Non c’è solo la dimensione plastica di chi propone di sventolare le bandiere sarde e ripetere “nara cixiri” come strumenti di unità di tutt* i sard*, da destra a sinistra. Chi legge i processi politici e sociali con occhiali in grado di guardare da vicino le disuguaglianze e riconoscere i conflitti sociali, potrà fare a meno di vivere questa giornata come un momento di folklore, stereotipi e luoghi comuni sui sardi coraggiosi e ribelli.

C’è qualcosa di più profondo. Come ha scritto l’anno corso nel manifesto sardo Gianni Loy, questa giornata è “la conclusione di un complesso percorso, avviatosi negli anni 70 del secolo scorso, sfociato prima nella aspirazione, e poi nella decisione di istituire una giornata di riflessione e festa del popolo sardo. Un processo che si inserisce nella lungo dibattito sull’autonomismo della Sardegna che, in quegli anni, ha visto una forte ripresa del sentimento identitario”.

Sa Die è una giornata che parla a tutti i soggetti politici che in Sardegna vogliono praticare il cambiamento dell’ordine delle cose esistenti. Quindi anche alla nostra sinistra sarda, spesso legata a quella sinistra italiana che non ha mai messo in discussione un processo, mai concluso, di centralismo politico e culturale della Sardegna. La giornata di oggi può rappresentare una nuova opportunità per questa sinistra sarda, per rompere il tabù dell’autogoverno, dell’autodeterminazione e del patto costituzionale che lega la Regione Autonoma della Sardegna allo Stato italiano. Un nuovo patto costituzionale che possa accogliere un nuovo modello di sviluppo basato sull’uguaglianza.
Sa Die può essere l’occasione di riflessione per questa sinistra e per ogni persona che in Sardegna vive nella propria pelle la violenza di un modello di sviluppo economico neoliberista, selvaggio e velenoso. Un modello di sviluppo che ha favorito attività estranee ai nostri territori, che ha portato vantaggi solo a una ristretta oligarchia, che non ha mai praticato la riconversione delle fallimentari industrie inquinanti e ha favorito e continua a favorire l’occupazione militare, la presenza delle basi e le fabbriche di bombe.
Sa Die, per chi decide che il cambiamento è possibile in Sardegna, è tutti i giorni.

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