Un passo inopportuno

1 Giugno 2018
[Marco Ligas]

In questi giorni ci si chiede, e l’interrogativo appare destinato a protrarsi nel tempo, se l’atteggiamento assunto dal Presidente della Repubblica in occasione della nomina dei ministri proposti da Conte, sia stato inopportuno.

Credo che lo sia stato perché nel programma sottoscritto da Salvini e Di Maio non si parlava di uscita dall’euro. Lo stesso Savona, in un apposito comunicato, lo ha ribadito sostenendo che il rapporto che l’Italia deve mantenere con l’UE, a suo parere, va ridiscusso ma non eliminato.

È vero che la scelta dei ministri spetta al Presidente della Repubblica così come è previsto nella nostra Costituzione, ma questa scelta deve essere ben ponderata, non può essere dettata da valutazioni talvolta sorrette da illazioni non del tutto verificate. Se si commette questo errore si apre un conflitto che sarà difficile da gestire; gli stessi principi della democrazia e della partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese subiranno contraccolpi pericolosi, caratterizzati dalla sfiducia nelle istituzioni.

Pensiamo per un attimo agli effetti che il nuovo ricorso alle elezioni politiche provocherà fra gli elettori. Non sono inverosimili una crescita dell’astensionismo e, al tempo tempo stesso, un giudizio grave, negativo sull’inettitudine della nostra classe dirigente, sempre pronta a tutelare i propri interessi corporativi anche a discapito di quelli dei cittadini che vivono le conseguenze di una crisi sempre più grave.

Queste preoccupazioni risultano ancor più legittimate dal fatto che non esiste un obbligo costituzionale che imponga l’uso della moneta unica, così come si è consolidata nel corso di questi decenni. Un’adeguata elasticità nell’interpretazione dei principi che stabiliscono il rispetto degli accordi internazionali è quanto mai opportuna soprattutto quando riguardano la finanza pubblica e le difficoltà economiche che vivono molti paesi, compresa l’Italia.

Del resto, la messa in discussione dei trattati europei non è nata in questi mesi, cioè da quando la Lega e il Movimento 5 stelle hanno cercato di dar vita ad un nuovo governo. È da anni che i nostri governanti, qualunque sia stata la loro collocazione politica, hanno sollecitato un cambiamento nella gestione di questi trattati; perché scandalizzarsi soltanto adesso bloccando in modo ingiustificato qualsiasi riconsiderazione dei trattati europei?

Non è un caso che la designazione di Cottarelli perché verifichi la possibilità di dar vita al nuovo governo appaia già superata non avendo il Parlamento manifestato l’intenzione di approvare la nuova decisione del Presidente della Repubblica.

A volte si ricava il dubbio di trovarci nella fase delle alchimie o delle manovre poco comprensibili. Per queste ragioni a nessuno può sfuggire il pericolo di un ulteriore distacco tra le istituzioni rappresentative e la volontà popolare. Un Parlamento che viene ripetutamente delegittimato (come è avvenuto nel dicembre 2016 e nel marzo del 2018) rischia di perdere la sua credibilità e di alimentare tentazioni che poco hanno a che fare con la tutela della democrazia.

Faccio queste valutazioni pur non facendo parte della coalizione Lega-5Stelle. Alle ultime elezioni non ho votato né per gli uni né per gli altri. Penso però, e ne sono estremamente convinto, che la democrazia vada sempre rispettata perché è un valore fondamentale del vivere comune. Ed è questa la ragione perché il 4 dicembre del 2016 ho contribuito alla vittoria del NO al referendum.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI