Verso le elezioni

31 Dicembre 2008

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Marco Ligas

Siamo abituati a vivere le campagne elettorali come momenti contrassegnati da semplificazioni e da contrapposizioni esasperate. Quella che affronteremo in Sardegna nelle prossime settimane sarà più dura delle precedenti. Avremo uno schieramento di centrodestra più che mai determinato nel tentativo di riconquistarsi la regione. Come già in Abruzzo, potrà disporre di un ampio sostegno: non solo da parte del suo leader nazionale ma anche quello delle diverse organizzazioni imprenditoriali che attendono il segnale per intensificare le loro attività speculative e di assalto del territorio.
I mezzi di comunicazione principali che operano nell’isola, stampa e televisioni, sono già in prima linea nell’offrire il supporto necessario perché questo schieramento vinca le elezioni. Lo stesso PDL sardo cerca di allargare la coalizione inglobando alcune formazioni minori.
Il centrosinistra affronterà questa scadenza in condizioni disastrate. Pur essendo reduce dall’esperienza di governo si presenta all’elettorato lacerato da una litigiosità prolungata che ha corroso la sua credibilità e i rapporti con i suoi sostenitori.
Il Presidente della Giunta, che ha anticipato la fine della legislatura, non è certo riuscito a realizzare il programma che con enfasi aveva presentato in occasione della sua candidatura. Se qualche risultato ha raggiunto nella tutela del territorio e del paesaggio, tutto ciò è stato ridimensionato da una gestione di governo fortemente autoritaria. Le istituzioni periferiche (Province, Comuni, Circoscrizioni, Associazioni culturali ecc.) raramente sono state consultate e coinvolte nelle attività della Giunta. Queste istituzioni più che una risorsa democratica sono state considerate un intralcio. E così diversi settori della società sarda, orientati verso l’innovazione ed il cambiamento, sono rimasti ai margini della vita politica.
L’approvazione della legge statutaria è stata una scelta rovinosa perché ha attribuito al Presidente dell’esecutivo il ruolo di capo indiscusso e ha indebolito la dialettica fra i vari organi dell’istituzione regionale. Anche il conflitto di interessi ha contribuito a gettare un’ombra sulla linearità del Presidente. E non c’è blind trust che attenui l’ambiguità dovuta alla commistione tra ruolo politico e ruolo imprenditoriale. Anche una persona di specchiata onestà e moralità, quando deve assumere decisioni, pur in piena autonomia, sulle sorti di un’azienda che non le appartiene, può avere forti preoccupazioni su ciò che deve fare, ed essere indotto a consultarsi col reale proprietario.
L’altra componente del Partito Democratico, che è andata via via contrapponendosi al gruppo del Presidente, ha cercato di perpetuare le vecchie politiche della Regione Sarda attraverso la ridistribuzione in forma indifferenziata dei flussi di risorse pubbliche derivanti dalla finanza propria e da quella statale, con criteri dettati dalla ricerca contingente del consenso piuttosto che dalla produzione di risultati duraturi. Finché la selezione delle classi dirigenti avviene su queste basi, è difficile che l’economia regionale abbandoni i caratteri di un’economia assistita. E nessuno nel corso di questi anni, nemmeno le componenti di minoranza della sinistra, è riuscito a rompere l’intreccio consociativo fortemente consolidato sia nelle strutture dell’amministrazione regionale, sia nella società sarda. In questo modo si è solo mortificato il ruolo delle autonomie locali e ostacolato l’avvio dei processi di innovazione.
È dunque difficile cogliere differenze significative tra gli schieramenti che si presenteranno alle prossime elezioni; eppure le diversità sono presenti nelle aspettative degli elettori di sinistra che non vorrebbero più  rappresentanti scelti senza consultazione e secondo logiche che poco hanno a che vedere con la partecipazione democratica.
Un sistema elettorale del tutto estraneo alla cultura e alla storia del nostro paese, quello maggioritario che in Sardegna è stato peggiorato dalla legge statutaria, allontana ulteriormente i cittadini dalla politica e dalla gestione della cosa pubblica.
La sinistra va dunque alle elezioni senza un suo candidato e senza un gruppo dirigente che sappia ribadire l’importanza di valori come la giustizia, la distribuzione della ricchezza, la difesa dei diritti al lavoro e all’istruzione. Eppure ritengo che su questi temi debbano impegnarsi tutte le componenti della sinistra nel corso di questa campagna elettorale: non estraniarsi dal voto ma lavorare nel tentativo di ricomporre una formazione nuova  e al tempo stesso sostenere quei candidati disposti a sottoscrivere un patto con gli elettori fondato su pochi obiettivi ma precisi. Non è difficile individuarli, non sono eversivi e si possono sintetizzare così:
a) riscrivere la legge statutaria perché le istituzioni regionali possano funzionare nel rispetto dei principi della democrazia;
b) destinare le risorse finanziarie della Regione alla crescita dell’occupazione secondo criteri che assicurino l’innovazione e la valorizzazione delle risorse locali, compresi il paesaggio e i beni culturali;
c) investire sulla conoscenza difendendo e  valorizzando l’aspetto pubblico;
d) puntare ad una riconversione ecologica dell’economia. La tutela ambientale deve essere un obiettivo teso a modificare modi di produrre e a riorganizzare la vita sociale delle persone. La crisi economica che ha coinvolto il nostro pianeta non si supera senza un radicale cambiamento delle nostre abitudini;
e) eliminare, anche progressivamente e in tempi definiti, l’arsenale di guerra che è stato imposto alla nostra isola. Le sue basi militari devono trasformarsi in aree produttive.
Un impegno di questa natura potrebbe ridare vigore al ruolo della Regione come strumento di democrazia decentrata e risponderebbe all’ispirazione di tanti sostenitori dell’autonomia regionale. Questa infatti non ha un valore per sé stessa, ma lo assume se viene sorretta da una legislazione che agevoli la nascita di strutture di base capaci di dar vita ad iniziative locali di trasformazione e di progresso economico e sociale.

14 Commenti a “Verso le elezioni”

  1. Marcello Madau scrive:

    E’ partita la campagna elettorale, non ci sorprende l’aumento del tifo. Lo vediamo anche dai soliti commenti, vivasoruabbassosoru. che ci arrivano e che non pubblicheremo. “Siamo abituati a vivere le campagne elettorali come momenti contrassegnati da semplificazioni e da contrapposizioni esasperate. Quella che affronteremo in Sardegna nelle prossime settimane sarà più dura delle precedenti.” scrive Marco. Primo obiettivo: sconfiggere la destra- D’accordo, ci mancherebbe. Ma mi preoccupa che la sinistra ‘ufficiale’, quasi totalmente schierata per Soru anche per paura di non avere migliori traini elettorali, possa appoggiarlo acriticamente senza almeno cercare di condizionarne gli approcci liberisti sul lavoro, le tendenze autoritarie, certi e non piccoli aspetti elitari delle politiche sui beni culturali e paesaggistici, il conflitto di interessi o il silenzio su Quirra (persino La Russa ammette che l’uranio uccide), il gravissimo attacco ai controlli sindacali preparando il G8 a La Maddalena. Non sono così lucido, evidentemente, da promettere un impegno a favore di Soru ancor prima dei programmi e dei nomi. Insisterei perciò sui contenuti, sulla capacità di delinearli e soprattutto sull’influenza massima da esercitare da sinistra sul PD e su quello che sembra l’unico candidato del centro-sinistra. E, anche prevedendo una possibile mancanza di ascolto istituzionale, pensiamo soprattutto a quale lavoro, di costruzione rivoluzionaria e di controllo democratico, incrementare nella società.

  2. Giuseppina Manca di Mores scrive:

    C’è l’esigenza di vincere a sinistra, però servono obiettivi e contenuti di sinistra. Questa mi sembra la parte che dobbiamo fare, in particolare nel Manifesto Sardo: più che schierarsi pro-Soru, lavorare per condizionare, anche radicalmente, il suo programma (che, non dimentichiamoci, sarà anche quello del PD). Se questo è l’obiettivo, l’esercizio della critica non può cedere al semplice schierarsi pro o contro. Bene perciò la proposta di linee ‘minime’ sotto le quali difficilmente un programma potrà definirsi di sinistra.

  3. Marco Sailis scrive:

    Tanto meno un programma potrà definirsi di sinistra, se non potrà essere altro che il risultato di orientamenti di preponderanti forze di CENTRO.sinistra: perché dimenticarlo, se dobbiamo essere critici? Che critica è quella che trascuri la rilevanza delle forze in campo? Se una forza come la nostra è quasi solo la forza della critica, che la critica non parta da valutazioni inadeguate della situazione. Io credo che la nostra forza sarà solo il risultato della nostra capacità critica di inglobare in positivo, e in avanti, le posizioni del PD e delle altre realtà, con lista o senza lista, di tutto il centro-sinistra, compresi i dipietristi e magari i sardisti di ogni tipo.. Altrimenti è un gioco che non capisco, che non so giocare, che non interessa.

  4. Marcello Madau scrive:

    E’ curioso il ruolo agglutinante proposto per la sinistra da Sailis, che si innervosisce. Il suo è proprio il tipico ragionamento che rischia di affossare la critica, proposta di un’autocensura preventiva paludata da realpolitik. La sinistra ha un momento di debolezza forte, è vero, ma lo credo potenzialmente inferiore a quanto appare, se si leggono alcuni segni: fra la sconfitta meritata e drammatica di Sinistra Arcobaleno e oggi ci sono diversi fatti. La crisi globale, il radicarsi della destra nel paese e lo smarrimento del PD, eppure la straordinaria tenuta del sindacato di classe (la CGIL, ma non solo), il movimento nelle scuole, se vogliamo anche la grande sottoscrizione verso ‘Il Manifesto’. Il processo inglobante è tipico dell’accordo di coalizione, e avviene sulla presenza di idee esplicitate dalle varie componenti. A rigore dovrebbe essere in primo luogo, e speriamo che lo sia, una capacità del leader della coalizione e del suo maggior partito. Ci sono tanti errori a sinistra che richiederanno un lungo e duro lavoro di ricostruzione, e comunque pensiamo che ora si debba lavorare molto su contenuti e obiettivi unificanti. Se il PD vorrà ripetere l’errore di schiacciare la sinistra o farne a meno, se ne prenderà di nuovo le responsabilità.

  5. Marco Sailis scrive:

    A me non pare di avere peccato così tanto. Ho solo fatto notare che non c’è in facimento un programma di sinistra, ma un programma di centro-sinistra. Quindi un programma che può anche essere al disotto di un programma minimo di sinistra. Nessuna autocensura preventiva, ma fare proposte (come quelle di Ligas, ottime) di sinistra molto ahimè passibili di aggiustamenti centristi. Che c’è in ciò di miseria realpolitica, oltre il riconoscimento che non si è soli ma in compagnia obbligata più o meno diversa da noi? Il mio nervosismo poi è quello di tutta la sinistra, nervosissima, se non sbaglio.

  6. Andrea Pubusa scrive:

    Cari compagni, mi pare che stiamo dicendo cose giuste, ma astratte. Soru, oltre ad essersi autocandidato, ha anche detto di avere un proprio programma, al quale si può solo aderire. Pur senza che nessuno lo abbia candidato, ha anche deciso di aprire la campagna elettorale, e lo farà domani o dopo. Lui ha i soldi e può farlo. La montagna di soldi che può mettere e metterà in campo per la sua rielezione sono l’unica legittimazione a queste sue decisioni, assunte però a nome di tutto il centrosinistra. In quale sede e luogo le ragionevoli proposte di Marco Ligas o di GL. Scroccu possono trovare ascolto? Se volete conferire con Sua Signoria, dovete chiedergli udienza nel suo ufficio, in Piazza del Carmine, sede operativa della campagna elettorale del centrosinistra. E lui deciderà se ascoltarvo o meno. E se vi ascolterà potrete solo manifestargli adesione alla sua linea. Questa è la realtà. A questo è ridotta la democrazia sarda. O sbaglio?

  7. Marco Ligas scrive:

    Abbiamo più volte sottolineato come le scadenze elettorali non ci appassionino a causa delle affinità degli schieramenti in lizza e della loro lontananza dai problemi reali delle persone. Anche stavolta è così, però ci dobbiamo fare i conti. Che cosa significa? Che dobbiamo individuare, nella fase che attraversiamo, obiettivi che riteniamo validi e proporli per un confronto. Questo è il senso delle cose che ho scritto. Forse è vero che si tratta di un’operazione astratta perché i destinatari delle nostre proposte non hanno un orecchio ricettivo, però proviamoci ugualmente. Staniamo questi interlocutori, incalziamoli maggiormente. Facciamo in modo che non si ripetano gli errori del passato più recente. E lavoriamo maggiormente nella società. Non facciamoci condizionare dal fatto che la sinistra non riesce ad esprimere un proprio candidato (non ne ha neanche i mezzi che questa legge elettorale impone); la sinistra che stenta a riconoscersi nelle formazioni attuali e nei gruppi che la rappresentano può comunque impegnarsi per costruire una rete che favorisca lo sviluppo della democrazia partecipativa e insieme ad essa la realizzazione degli obiettivi di cui parliamo. Non credo che ci siano alternative. Mi rendo anche conto di come sia necessario sedimentare le conquiste che di volta in volta si raggiungono, diversamente si ricomincia sempre da capo; ma anche questo è un compito che spetta a chi ne avverte maggiormente l‘esigenza.

  8. Nicola Cherchi scrive:

    Vorrei invitarvi a sostenere la coalizione di centrosinistra interrompendo le critiche, legittime ma oltremodo dannose, verso la nostra parte politica. Altrimenti finisce come in campo nazionale che la sinistra vera resta fuori dai palazzi che contano. Ora, essendo noi di sinistra, ma vi pare INTELLIGENTE sostenere che non abbiamo rispettato il programma elettorale???? Ma lasciate che queste cose le dicano i nostri avversari!!! Per cortesia, usiamo il cervello!!!!

  9. Gavino Ricci scrive:

    “Se hai un problema che si può risolvere, di che ti preoccupi? Se hai un problema che non si può risolvere, perchè ti preoccupi?”
    E’ un antico detto cinese, ma sempre valido. Sono abiutuato a prendere, anzichè perdere, la parte più positiva di ogni situazione, perciò credo che sia condivisibile l’approccio Nicola Cherchi su questi temi, a torto o ragione, stesi da Marco Ligas nei commenti, quello che non riesco a vedere è una seria proposta, un serio programma e tantomeno una seria politica, da trent’anni in qua, della sedicente sinistra, ma anche da quelle parti ancora e ancora giochi sui numeri per stracciare questa o quella poltrona, Uras, Congera e gli altri appartenenti e partecipi di questa sinistra credo che rendano quantomeno inopportuni certi interventi sulla “partecipazione” democratica, ribaltare questa realtà significa avere i numeri per farlo, quindi vi chiedo, perchè vi preoccupate? Evitiamoci i Cappellacci e gli scappellotti dal nostro elettorato, e i “panni sporchi” impariamo a lavarceli in casa. Un saluto a tutti

  10. Marcello Madau scrive:

    Nicola Cherchi pone una questione esemplare. A prima impressione, sembra che derivi dal detto ‘non disturbate il manovratore’.
    Ad una riflessione più accurata, la sua critica contiene due affermazioni impegnative, che mi sembrano gravemente sbagliate ma soprattutto pericolose. La prima è quella di leggere la fine nazionale del centro-sinistra come dipendente dall’esercizio della critica a sinistra: lo ha sostenuto un ampio fronte politico dell’ex Ulivo, da Veltroni – che ne ha fatto la base della campagna del PD e della sua sconfitta – a Rutelli a Mastella e Lamberto Dini, per nascondere le responsabilità delle componenti moderate del centro-sinistra nell’eludere quel programma elettorale che ‘da sinistra’ aveva potuto sconfiggere Berlusconi. Per non inimicarsi troppo padroni e potenti.
    La seconda, pensare che la gente non si accorga degli errori (che quindi sia tonta), e quindi possa essere ingannata dalla critica a sinistra, in questo caso dal Manifesto Sardo. Noi crediamo che il centro-sinistra debba prevalere sulla destra, e che la destra vada attaccata a fondo, come facciamo: ma dobbiamo cercare, un po’ disperato ma doveroso, la costruzione di un ragionamento che da sinistra possa influenzare questa leadership, costruendo, per battere a fondo la destra, argomenti e radicamenti sociali solidi, non chiamate acritiche ‘alle armi’. In ogni caso ci sembra evidente che la sconfitta della sinistra debba qualcosa anche alla mancanza di autocritica e alla contrarietà ad esercitarla assieme al cambiamento: certi commenti sono la punta di un iceberg ahimè assai grosso, e i panni sarebbe meglio non sporcarli piuttosto che nascondere sotto il tappeto polvere, briciole ed altro. Comunque, il nostro ruolo non è quello di fiancheggiare ma ragionare su programmi e metodi, perché non siamo pagati da nessuno, tanto meno per fare spot elettorali.

  11. Gian Luigi Deiana scrive:

    Le sette righe di Nicola Cherchi sono meravigliosamente chiare: la coalizione va sostenuta interrompendo le critiche, in quanto dannose quando la (sedicente) sinistra ne è oggetto; altrimenti la sinistra resta fuori dai palazzi che contano (sic!); la pura ipotesi che la sinistra non rispetti un programma elettorale è contro l’intelligenza. Grazie Cherchi, vedo in controluce nelle tue certezze la classe politica perfetta che ha preso corpo in questi anni e di cui Renato Soru è la quintessenza pura (vedi le righe di Pubusa). Purtroppo non possiamo delegare alla destra la denuncia della realtà per la quale questa classe politica (il sedicente centrosinistra) non è ulterirmente sostenibile dal punto di vista della democrazia, dal punto di vista dell’intelligenza e dal punto di vista della sinistra, salvo miracoli che non sono di questo mondo. Il problema dunque è drammaticamente aperto: quale prezzo si paga a legittimare di nuovo la riduzione della prospettiva politica della sinistra entro una delle due pessime varianti concesse oggi dall’integralismo bipolare? Cosa resta di contrattabile con un potere autodimissionato sul calcolo tattico e reimposto per autocandidatura? Quale è la prospettiva di una democrazia nella quale la semplice coltivazione fisiologica di una pratica e di una prospettiva di sinistra sono escluse? Assunto che questo modello politico, integralmente organico al modello economico neoliberista, è fallito, come si può ragionevolmente riaffidarsi ad esso?

  12. Enedina Sanna scrive:

    quanti anni è che andiamo a votare solo perché va battuto Berlusconi? ditemi, da quanti anni votiamo così, pensando (sperando) che poi le cose si aggiusteranno nella corsa. E che corsa! per favore, datemi un’altra buona ragione, questa volta!

  13. Bachisio Bachis scrive:

    Il dibattito, da sinistra, su Soru, mi ricorda le discussioni su Hugo Chavez e il suo “proceso de cambio” in Venezuela. Anche se i due personaggi appaiono distanti quanto possano esserlo un ricco imprenditore occidentale e un militare sudamericano dal passato golpista, trovo nelle dscussioni che la loro azione genera, non pochi punti in comune. Mentre per i rivoluzonari “ortodossi” quella di Chavez non è nemmeno un embrione di rivoluzione possibile nel XXI secolo, per buona parte della sinistra isolana Soru non è il leader di un centro-sinistra che è tornato a governare, facendolo meglio dei suoi tanti predecessori, e ponendo le basi per un’esperienza di governo regionale più duratura e utile al bene comune. L’esercizio critico, pur legittimo, dei peccati orignali, tende a porre in secondo piano l’esperienza della giunta uscente, che non mi sembra, in tutta franchezza, da buttare, nonostante i limiti e le contraddizioni che l’hanno caratterizzata. Personalmente non ricordo una giunta regionale che abbia operato meglio, cosí come non ricordo, negli ultimi 20 anni, un’esperienza di governo autenticamente popolare come quella di Chavez. Probabilmente l’autentico, imperdonabile peccato dei due, è quello di vincere senza rinnegare se stessi e il proprio popolo, a costo di essere tacciati, entrambi, di populismo, autoritarismo, e quat’altro. Forse mi sbaglio, ma se qualcuno potesse rinfrenscarmi la memoria, magari mi risparmierei il viaggio per andare a votare.

  14. Andrea Curreli scrive:

    Speriamo che in nome dei principi democratici, ai quali pare Soru abbia fatto a meno, col suo modello politico “integralmente organico al modello economico neoliberista”, non ci ritroviamo un Ugo Cappellacci e il suo esercito di palazzinari a decidere le sorti della Sardegna. La coscienza critica è fondamentale, credo che sarebbe importante sostenere Soru e continuare a fare queste critiche. Non so se avete presente Cappellacci e quello che rappresenta, io non mi sento di mettere La Sardegna nelle mani di quella gente.

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