Comprendere la voce della follia
16 Maggio 2025[Amedeo Spagnuolo]
Il silenzio della notte veniva improvvisamente squarciato dalle urla di terrore di due poveri vecchi genitori che cercavano rifugio in qualche stanza di quello che una volta doveva essere un appartamento pulito e dignitoso e che adesso era stato ridotto in una sorta di rifugio per disperati con porte sfondate, vetri rotti, mobili a pezzi.
Tutto ciò causato dalla furia di quel figlio reso violento dall’alcol e da sostanze tossiche di vario genere che lo rendevano un animale inferocito che scaricava la sua rabbia e la terribile disperazione che lo assillava da anni su quei due poveri vecchi, i suoi genitori, che avevano fatto l’errore di lasciare che il disagio mentale del figlio rendesse marcio il suo cervello, lasciandolo in casa, non riuscendo a sopportare l’idea di far curare il proprio figlio unico in una struttura protetta che forse avrebbe potuto aiutarlo.
In più di un’occasione avevo scambiato qualche parola con il padre, un ex impiegato delle poste con tante passioni, una delle quali, il Cagliari calcio che era per lui una vera ossessione. Ricordo che durante una delle tante chiacchierate che facevamo, in maniera del tutto casuale, mi aveva raccontato di aver conosciuto addirittura Gigi Riva e che in quel momento aveva provato una gioia intensa che mai più nella sua vita gli si ripresentò. Dopo varie chiacchierate, il signor Rossi, nome di fantasia ovviamente (i fatti che sto narrando invece sono realmente accaduti qui a Nuoro un bel po’ di anni fa), decise, chissà perché, di confidarmi tutta la sua disperazione.
Mi disse che lui e la moglie vivevano con il terrore che li accompagnava costantemente poiché quel figlio malato, che avevano pensato di proteggere tenendolo in casa con loro, tornava ubriaco e riempiva di schiaffi la madre e s’inferociva ancora di più quando l’anziano padre cercava di difenderla, a quel punto quel figlio reso violento dalla malattia e dall’alcol gli sferrava terribili cazzotti sulla testa e il signor Rossi si chiedeva con stupore come fosse riuscito a mantenersi ancora in vita, lui che quando incassava quei terribili colpi aveva già quasi ottant’anni.
Durante una di queste notti folli, sentii la voce flebile del signor Rossi che chiedeva aiuto mentre un insopportabile rumore di mobili e suppellettili che andavano in pezzi, rendevano tutto ancora più inquietante. Saltai dal letto e dietro di me mia moglie. La scena che ci trovammo di fronte fu terribile, il signor Rossi scappava verso di noi con la testa sanguinante mentre il figlio che aveva una stazza piuttosto importante, trascinava per i capelli la povera madre giù per le scale. Io e mia moglie provammo a fermarlo, ma il furore della sua angoscia lo rendevano forte come un toro impazzito, fui costretto a chiamare la polizia anche se la madre, nonostante le condizioni in cui si trovava, ci pregava di non farlo.
Mi fermo qui, è inutile continuare a descrivere gl’innumerevoli episodi di violenza che quei poveri vecchi dovettero subire per anni. Si liberarono da quella dannazione solo con la morte, prima morì lui, un infarto, il cuore gli scoppiò dal dolore e dall’umiliazione. Qualche mese dopo lo seguì la moglie a causa di una brutta malattia che, paradossalmente, l’aiutò a liberarsi da quell’incubo infernale.
Qualche anno dopo fu la volta del figlio, trovato morto per strada, solo come un cane, abbandonato da tutti anche da chi se ne sarebbe dovuto fare carico. Infatti, chi avrebbe dovuto prendere in carico un paziente psichiatrico? In un paese civile un’istituzione sanitaria pubblica con medici competenti che, probabilmente, intervenendo per tempo, avrebbero potuto evitare quella tragedia. Per quanto riguarda l’Italia e, nello specifico, la Sardegna, le famiglie che hanno la sfortuna di ritrovarsi in casa il problema della malattia psichiatrica, vengono completamente abbandonate al proprio destino.
Dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici, un’importante conquista della legge Basaglia del 1978, l’assistenza dei malati mentali è stata affidata ai servizi territoriali che però non sono stati strutturati come la legge prevedeva bensì, come spesso accade in Italia, con soluzioni totalmente inadeguate. Infatti, questi servizi sono spesso sovraccarichi, i fondi limitati e il personale è insufficiente, tutto questo costringe le famiglie a gestire la situazione da sole affrontando, spesso, situazioni piuttosto pericolose. Secondo l’ARAP, l’Associazione per la Riforma dell’Assistenza Psichiatrica, la maggior parte delle famiglie sono impreparate ad affrontare la malattia di un congiunto e la scarsità d’informazioni e di un supporto contribuisce a far aumentare l’angosciante senso d’isolamento e disperazione di queste famiglie.
Fortunatamente in Italia le inconcepibili carenze delle istituzioni pubbliche vengono, in parte, compensate da associazioni come l’UNASAM, l’Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale e l’ARAP di cui si parlava in precedenza. Queste associazioni si battono per il riconoscimento dei diritti delle persone con disturbi psichici e dei loro familiari, offrendo loro preziosi servizi di formazione, consulenza e attività di supporto. La mia testimonianza, all’inizio di questo articolo, purtroppo non fa parte di alcuni casi isolati.
Tantissime famiglie italiane raccontano l’inferno della loro vita quotidiana condivisa con un familiare affetto da disturbi mentali, essa è caratterizzata da un costante stato di ansia e paura mentre anche piccoli momenti di tranquillità sono completamente assenti dalla loro vita. Il concetto che maggiormente viene espresso dai componenti di queste sfortunate famiglie è solitudine, di fronte a un famigliare che soffre di problemi psichici si rimane completamente soli e abbandonati da tutti anche da quelli che si ritenevano essere amici fidati.
Insomma, non è possibile continuare a lasciare nella disperazione tante famiglie italiane, le istituzioni devono riconoscere il ruolo fondamentale delle famiglie nel percorso di cura e per fare ciò devono fornire loro strumenti e risorse necessarie per fare in modo che la disperazione si tramuti in forza e coraggio.
“Voce confusa con la miseria, l’indigenza e la delinquenza, parola resa muta dal linguaggio razionale della malattia, messaggio stroncato dall’internamento e reso indecifrabile dalla definizione di pericolosità e dalla necessità sociale dell’invalidazione, la follia non viene mai ascoltata per ciò che dice o vorrebbe dire”.
Franco Basaglia