I fenicotteri più antichi del mondo

8 Febbraio 2024

[Marinella Lőrinczi]

A metà degli anni Novanta un importante archeologo tedesco, Klaus Schmidt (1953-2014), scoprì, o piuttosto individuò e valorizzò attraverso campagne di scavi, il più antico sito megalitico di cui siamo a conoscenza, risalente a poco meno di dodicimila anni fa.

C’è un diffuso consenso nel considerare quel complesso architettonico, circolare nella sua parte centrale, un luogo di culto neolitico; più precisamente esso sarebbe stato realizzato nel periodo iniziale del Neolitico, vale a dire nella fase aurorale della domesticazione di piante ed animali, quando non si conoscevano né la ruota né i metalli né la ceramica; processo antropo-storico implicante la sedentarizzazione e che, detto qui en passant, ha segnato l’inizio delle deforestazioni mirate all’aumento sia dei terreni agricoli che dei pascoli.

Costruito nella parte centro-settentrionale della Mezzaluna Fertile, questo complesso si trova attualmente, secondo i toponimi storici in uso, nell’Anatolia sudorientale, in Turchia; in lingua turca il nome della località è Göbekli Tepe, che alla lettera significa “panciuta collina”, cioè una collina a forma di pancione.

Il più antico tempio del mondo, quindi, verso il quale si pensa si dirigessero rivoli di pellegrini da tutte le parti dell’area per celebrare il culto dei morti e degli antenati (lo evidenzia di sfuggita anche l’archeologo romeno C. Pavel in una sua importante monografia, ricordando al contempo che i due più antichi siti neolitici del mondo si trovano in Anatolia).

Dal momento che le comunità umane del tempo non potevano essere molto folte, si suppone che alla costruzione avessero partecipato molte tribù cooperanti, i cui membri costruttori ed artistici confluivano da varie altre zone sul luogo prescelto – sicuramente – di comune accordo; essi saranno stati seguiti da tante altre persone, per essere loro d’aiuto.

La perizia dei costruttori di questo luogo unico si manifesta non soltanto nell’aver saputo trasportare dei massi pesanti tonnellate e poi lavorarli (ad esempio a forma di T), ma anche nella grande abilità di realizzare stupendi bassorilievi, altorilievi e statue, i quali rappresentano soprattutto animali selvaggi (vale a dire non domesticati o non domesticabili), serpenti, quadrupedi ed uccelli, di cui – in riferimento ai volatili – molti dalle gambe lunghe (trampolieri). L’archeologo Pavel pensa che si trattasse di animali considerati pericolosi. Sarà veramente così in tutti i casi? E’ una domanda non superflua o non inutile se si pensa ai trampolieri: in che cosa consisterebbe la loro pericolosità?

La bibliografia relativa a questo sito straordinario è naturalmente molto ampia; delle wikivoci quella meglio strutturata pare essere quella in francese (https://fr.wikipedia.org/wiki/G%C3%B6bekli_Tepe). Alcuni altri articoli, divulgativi e non, verranno riportati in chiusura. Tutti quanti sono variamente illustrati, pertanto va ricordato con gratitudine che le immagini qui utilizzate sono state ritagliate dai materiali in rete.

Hanno richiamato la mia attenzione le stele con raffigurazioni di volatili che nei commenti vengono individuati come avvoltoi (dovrebbe esserlo il primo a sinistra nell’immagine n.1, e infatti questa stele viene chiamata Pietra dell’avvoltoio, Vulture stone); oppure indicati come gru (potrebbe essere una gru, per il suo becco appuntito e il collo, l’ultimo a destra, sempre nell’immagine n.1., ‘abbracciato’ da un altro trampoliere, dal becco ricurvo).

Invece gli altri due uccelli dovrebbero essere, in base a quel che so, non gru, ma fenicotteri, dal caratteristico becco ricurvo e dalla sagoma complessiva molto ben disegnata. Quest’ipotesi interpretativa negli articoli consultati non viene formulata.

Immagine n.1.

Stando ai commentatori, anche gli uccelli grandi della seguente immagine n.2 sarebbero delle gru:

Immagine n.2.

E’ interessante notare che in generale tutti gli animali sulle singole stele 1, 2, sono rivolti nella stessa direzione, forse verso un punto cardinale, impossibile da individuare attraverso le foto. Essendo ‘pericolosi’ starebbero per attaccare? Come anche su questa terza stele:

 Immagine n.3.

Partendo dall’alto: quadrupede con     corna, volpe, trampoliere. La riproduzione più antica finora conosciuta della sagoma di un fenicottero risale al IV millennio a.C. all’incirca, ed è stata ritrovata sulle pareti della grotta spagnola chiamata attualmente Cueva del Tajo de las Figuras (in Andalusia; detta un secolo fa La Segura; https://www.prehistoriadelsur.com/2013/12/cueva-del-tajo-de-las-figuras.html, 2013).

La grotta è stata dichiarata nel 1924 Monumento architettonico artistico per la grande ricchezza e varietà di pitture rupestri (oltre 500), raffiguranti quasi 400 animali di ogni specie.

Tra cui, appunto, un certo numero di fenicotteri, di cui soprattutto quello in alto sulla destra dell’immagine n.4. è inconfondibile:

Immagine n.4.       

Che molti se non proprio tutti i trampolieri anatolici di Göbekli Tepe siano fenicotteri (e non gru o aironi), per me è ancor più evidente sulla stele dell’immagine n.5.

Soprattutto nella sua parte alta:

Immagine n.5.          

Se nell’immagine n.2 è ben evidente la caratteristica gregarietà del fenicottero (in natura l’uccello vive in colonie e si sposta sulle distanze più lunghe in stormi strutturati), nell’immagine n.5 colpisce di più il fatto che i due trampolieri in basso hanno le zampe immerse nell’acqua ondeggiante, come pure quelli dell’immagine n.2.

Ma guardando più attentamente, le onde non sono acquose, poiché, seguendo il loro tracciato, questo finisce in una testa di serpente. Acque insidiose, dunque? le paludi lo sono senz’altro. I serpenti non si attorcigliano sulle zampe degli uccelli ma in qualche modo li sostengono. E come già detto, anche qui tutti gli animali sono rivolti o diretti nella stessa direzione. Su questa facciata della stele i fenicotteri sono sei, di cui quelli superiori sono particolarmente ben riusciti.

Sorge ora la domanda se i costruttori del sito di Göbekli Tepe potessero conoscere i fenicotteri. La risposta è positiva, perché come si documenta  odiernamente, gli spostamenti degli stormi tra il nord Africa a il lago Van (il  maggior lago della Turchia) avvengono con una certa regolarità; il nostro sito archeologico si trova all’incirca sotto la loro rotta migratoria e non lontano da altri laghi dove i fenicotteri si potrebbero posare. La distanza tra Göbekli Tepe e il lago Van è di 416 km, in linea d’aria.

La specie di fenicottero in questione è quella ben nota anche in Sardegna, cioè il Phoenicopterus (ruber) roseus (qui detto genti arrubia o mangoni e varianti). Etimologicamente la parola fenicottero, di origine greca, significa “alirosso”. Questo trampoliere appartiene ad una delle più antiche famiglie di uccelli del mondo, risalente ad oltre 50 milioni di anni fa.

Il fenicottero è un volatile schivo e diffidente e la sua unica arma di difesa è la gregarietà. Il suo becco ricurvo non deve trarre in inganno, non è affatto un’arma. Se disturbato, vola via, anche definitivamente. Cosa può dunque vedere da lontano un osservatore casuale? Sagome come queste, sfuocate, dove la punta ricurva e nera del becco quasi non è visibile:

          Immagine n.6. Lago Van.

Oppure qualcosa di simile ai famosi Les flamants (1907) del pittore francese naïfHenri Rousseau (1844-1910), che si era ispirato a libri illustrati e agli animali presenti nei giardini zoologici (sicuramente della specie molto vistosa Ph. ruber ruber). Nemmeno lui aveva osservato bene la forma e il colore del becco:

               Immagine n. 7.

Perché questo volatile del tutto inoffensivo può aver suscitato timore o addirittura paura nei tempi antichi? La chiave di comprensione più vicina a noi sta nell’ornitonimo sardo genti arrubia, il quale coglie l’impressione e l’emozione suscitate dagli stormi rosseggianti in volo. Avevo a suo tempo raccolto un serie di testimonianze scritte sulle paure degli umani dinanzi a questo spettacolo naturale, ancor più rosseggiante al tramonto. Detto non per inciso, la parola stormo, di origine germanica, significa etimologicamente “assalto”, donde successivamente “schiera (di gente armata)” ecc., e slittamenti semantici simili sono riscontrabili in tante altre lingue, dal romeno al sardo.

Il tedesco Peter Simon Pallas (1741-1811) fu uno studioso che per incarico di Caterina II la Grande ha esplorato regioni poco conosciute dell’immenso impero russo. Nella sua Zoographia rosso-asiatica (1811) Pallas annotava come i Calmucchi, viventi nella zona del Mar Caspio, ritenessero l’arrivo dei fenicotteri un presagio funesto. Nello Sri Lanka e nel Sud America (nella regione del delta dell’Orinoco) i fenicotteri venivano chiamati “uccelli soldati inglesi” (cioè stranieri, alle volte dalla divisa rossa) o “uccelli soldati”, e nell’ultimo caso il loro arrivo suscitava panico: è quanto racconta il biologo tedesco Alfred Edmund Brehm (1829–1884) nel 1870. Queste credenze spiegherebbero anche il grido rituale, di una volta, dei ragazzini cagliaritani, registrato da un altro illustre naturalista, Ettore Arrigoni degli Oddi (1967-1942) nel 1929: Allonghia, allonghia, su mangoni! “vattene, fenicottero!; andatevene, fenicotteri!”.

E’ perciò del tutto normale e giustificato che gli umani di dodicimila anni fa potessero anche loro temere i fenicotteri raggruppati in grandi colonie o volanti in spettacolari formazioni fiammeggianti, e inserirli tra gli animali pericolosi; mentre noi moderni, dopo secoli di studio e di osservazioni che sono sfociati anche nell’emanazione di leggi protezionistiche, li contempliamo con tranquillità, gioia e piacere estetico.

Letture:

https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/g-bekli-tepe-citt-neolitica-e-santuari-sciamanici/140504.html, 2022.

Cătălin PAVEL, L’archeologia dell’amore. Dal Neanderthal al Taj Mahal, trad. di Bruno Mazzoni, Castel di Sangro (AQ), Neo edizioni, 2022; orig. romeno 2019.

https://www.storicang.it/a/gobekli-tepe-il-primo-tempio-della-storia_14826, 2022.

https://www.aa.com.tr/en/turkey/turkeys-eastern-van-lake-hosts-flamingos-/1286598, 2018.

https://misteryhunters.it/archeologia/gobekli-tepe-la-culla-dellumanita/, 2017.

M.L., Storia di Pallas e i fenicotteri del Molentargius; https://people.unica.it/mlorinczi/files/2008/08/pallas-fenicottero-melis.pdf, 2008.

https://www.researchgate.net/profile/Joris-Peters/publication/237785162_Animals_in_the_Symbolic_World_of_Pre-Pottery_Neolithic_Gobekli_Tepe_South-eastern_Turkey_A_Preliminary_Assessment/links/, “Anthropozoologica”, 2004.

https://www.tf.uni-kiel.de/matwis/amat/iss/kap_a/advanced/ta_1_2b.html

M.L., Il libro del fenicottero. Immagini della «Gente rossa» nelle lingue e nelle arti, Cagliari, AM&D, 2002.

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