Il tormentone estivo del generale Vannacci

2 Settembre 2023

[Graziano Pintori]

I tormentoni estivi delle canzonette pare che siano stati sostituiti da altri tormentoni pseudo politici, frutto del clima fascistoide alimentato dal governo Meloni.

Si tratta di composizioni musicali che si rifanno alle melodie del passato, in cui si esaltano le gerarchie familiari, le questioni di genere, di etnie e di razze. Un insieme di farneticazioni raccolte nel libro: “Il mondo al contrario” di Roberto Vannacci, un ambizioso generale della Folgore. L’autore dalle stellette argentate riesuma, dalle macerie del passato, il modello familiare in cui la donna è schiacciata nel ruolo di serva del focolare.

Un tipico ruolo in auge nell’era fascista, che iniziò a sgretolarsi, secondo le inverosimili visioni del generale, da quando furono istituiti gli asili nido e le scuole per l’infanzia. Infatti, secondo l’uomo in divisa, tali istituzioni permisero alla donna/mamma più tempo libero, da cui la conseguente metamorfosi avviatasi con l’assunzione della consapevolezza di essere alla pari dell’uomo e di poter svolgere ruoli importanti in tutti gli ambiti: produttivo, culturale, sociale, familiare e, volendo, anche militare. Il saccente generale scrive anche sui gay definendoli “diversi” dal resto del genere umano, i quali, pur costituendo una minoranza, pretendono che la restante parte dell’umanità si uniformi alla loro condizione.

Sulla stessa linea d’onda il paracadutista, che si gongola con le sue meschinità, dice la sua sull’appartenenza etnica, affermando che quella italica è inconfondibile. Infatti, sulla pallavolista della nazionale italiana Paola Egonu, nata a Civitavecchia da genitori nigeriani, dice, non può essere considerata di etnia italiana, perché i suoi tratti somatici sono tipicamente africani e neri, mentre gli italiani d’Italia da ottomila anni sono bianchi. Con questa granitica convinzione afferma che nel suo sangue, essendo puro italiano, scorre almeno una goccia del sangue di Enea, Romolo, Giulio Cesare, sì proprio sangue di Giulio Cesare il condottiero bisessuale, o se volete usare un altro gergo consono al paracadutista, si può definire pederasta, frocio, invertito e così via.

Le centinaia di pagine di questo libro vibrano di odio verso i diritti, ma in particolare verso categorie di persone che ne godono, pur essendo garantiti dalla Costituzione. Diritti conquistati con le lotte, con l’impegno e molte volte con il carcere e la vita, sacrificata lungo le tortuose strade verso la civiltà. Non credo che tale Roberto Vannacci meriti che si continui a parlare del suo libro, farcito di cattive idee e giudizi sprezzanti nei confronti di una parte consistente della nostra umanità. Più che altro merita di essere degradato e allontanato dall’esercito, perché a suo tempo giurò fedeltà e rispetto alla Costituzione Repubblicana che oggi sfrontatamente calpesta e infanga.

A tal proposito non si capisce bene la posizione del Ministro della Difesa Crosetto, quando specifica che le sue affermazioni di condanna nei confronti di Vannacci non sono dell’uomo politico ma del ministro della difesa. Qui il dubbio subentra pesantemente: Crosetto vuole fare intendere che condivide politicamente quanto scritto e detto da Vannacci? Vale a dire, che dal punto di vista politico il generale può aver detto cose non del tutto condannabili? La posizione del Ministro, allineata alla tattica governativa, è fumosa e poco chiara, pur trattandosi di un episodio grave e lesivo nei confronti degli italiani e della Costituzione.

Oggi più di ieri capiamo che il governo fascio/leghista vorrebbe rendere abituali i dubbi sulla liceità di determinati diritti acquisiti, per utilizzarli come leve del patriottismo per scardinare la Costituzione e il sistema democratico: la chiave per aprire le porte, come da programma, verso l’autonomia differenziata, il presidenzialismo o elezione diretta del premier a capo di una democrazia autoritaria.

Tant’è, le arie musicali del fascismo si ripercuotono sulla democrazia italiana con gli spartiti delle ambiguità, dell’irresolutezza, dell’ambivalenza e ancora, se vogliamo, anche sul detto e non detto, sul colpo al cerchio e l’altro alla botte, sul bastone e la carota.

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