L’archeologia per la Palestina e noi (2)

29 Giugno 2025
Ebreo ultraortodosso visita la fortezza di Herodium, 2010. Foto Yaakov Naumi/Flash90

[Alfonso Stiglitz]

Il World Archaeological Congress (WAC) – Congresso Archeologico Mondiale – del 25-28 giugno in Australia, ha deciso «di escludere dalla partecipazione al WAC-10 gli studiosi affiliati all’Università Ariel, un’istituzione situata in un insediamento israeliano nei territori palestinesi occupati (Cisgiordania) e, pertanto, è essa stessa una istituzione illegale ai sensi del diritto internazionale».

Inoltre, «gli scavi archeologici condotti nei territori occupati in violazione dei Regolamenti dell’Aja (1907), la Convenzione dell’Aja (1954) e del Secondo Protocollo (1999) alla Convenzione dell’Aja violano ulteriormente gli standard legali internazionali di protezione del patrimonio culturale. [Pertanto] La partecipazione alle attività del WAC di studiosi affiliati a tali istituzioni rischierebbe di violare il principio di non riconoscimento delle situazioni illegittime, un principio vincolante secondo il diritto internazionale».

La risoluzione conclude: «Il Congresso Archeologico Mondiale riafferma il suo impegno per una pratica archeologica etica, inclusiva e legalmente responsabile e si dichiara solidale con tutte le comunità il cui patrimonio culturale e i cui diritti sono minacciati dall’occupazione e dal conflitto».

Un richiamo preciso ed esplicito all’etica della pratica archeologica, che dovrebbe concernere tutte le istituzioni archeologiche, comprese le nostre.

Ariel nasce come insediamento nel 1978, al centro della Cisgiordania palestinese a opera di dipendenti delle “Israel Military Industries” e familiari, grazie alla confisca statale israeliana dei terreni del villaggio palestinese di Timnat Haris. Nell’insediamento viene creato il Centro Universitario come emissione della Università di Bar-Hilan di Tel Aviv, una delle più grandi di Israele, fino all’accreditamento come vera e propria università autonoma nel 2012. L’espansione della città e dell’Università ha portato a una progressiva annessione di molti insediamenti palestinesi nei dintorni, con gli studenti universitari come protagonisti attivi di queste occupazioni.

D’altra parte la missione ideologica dell’Ariel University è esplicitamente dichiarata nella presentazione che ne fa nel suo portale «Il nuovo, audace spirito dell’Università fluisce dalla Terra d’Israele, patria della Bibbia, nel cuore del mondo accademico. L’Università di Ariel offre una nuova prospettiva sul sionismo contemporaneo e si impegna a far rivivere i valori della costruzione della nazione attraverso la dedizione all’eccellenza nella scienza e nella ricerca e la promozione delle sfide sociali».

Nel 2015 viene creato il Dipartimento di Archeologia, affiliato al “dipartimento di studi e archeologia della terra di Israele” che tra le altre attività svolge ricerche archeologiche nei territori occupati, in dispregio delle norme internazionale e dell’etica professionale.

La risoluzione del WAC ci riporta alla responsabilità degli archeologi nell’agire quotidiano nell’ambito delle proprie ricerche scientifiche. L’archeologia non è una scienza innocente (nessuna lo è) ma opera in contesti sociali specifici, all’interno di comunità reali. Il caso di questa Università israeliana è un caso clamoroso che l’archeologia ‘occidentale’ ignora (volutamente o meno) nelle sue attività. E questo interessa anche noi, in Italia e in Sardegna, non solo e non tanto per eventuali collaborazioni, ma per l’influenza cha ha ancora la cosiddetta “archeologia biblica” (cristiana ed ebraica) nel nostro immaginario scientifico e in alcune pratiche di ricerca dirette. Il caso dell’immaginario nuragico-Shardana di El-Ahwat ne è un caso scuola. Ma su questo ritorneremo.

PS

La risoluzione del WAC può essere scaricata da questo link

Il sito web dell’Ariel University

Sul ruolo archeologico-coloniale dell’Ariel university (e non solo):

Sulle attività archeologiche illegali di Israele:

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