L’esercitazione militare Joint Stars 2025 in Sardegna e gli inopportuni sostegni
15 Maggio 2025[Claudia Zuncheddu]
La recente operazione di screening per bambini sardi, raccolta fondi, banda militare e pastasciutta, nella nave della Marina Militare ormeggiata al porto di Cagliari, a sostegno della imponente esercitazione militare nei nostri territori, induce qualche riflessione.
E’ sotto le vesti della beneficienza che si presenta in Sardegna, l’imponente esercitazione bellica, Joint Stars 2025. L’esaltazione dell’onnipotenza militare, anche sulla salute, mira a giustificare la guerra e a rafforzare il consenso popolare. La stessa propaganda con cui il regime fascista persuase un popolo di quanto fosse giusta la guerra, in nome di una falsa idea di patriottismo e di un nemico da combattere.
Attività subdole del ministero della Difesa, possibili in Sardegna per i rapporti di stampo coloniale. Il ministero che occupa militarmente 23 mila ettari di territorio sardo destinato da 65 anni a sperimentazioni ed esercitazioni belliche, in questa Terra può anche contare sull’accondiscendenza della classe politica locale.
A suscitare l’umana pietas di questo ministero, sarebbero i bambini da sottoporre a screening. Poco importa delle emergenze reali, tra crollo delle nascite e invecchiamento della società sarda, con crescenti bisogni di assistenza e di cure. Ma per la propaganda bellica, la falsa attenzione sui bambini è vincente, anche quando i bambini in Sardegna non nascono quasi più.
Sorprende la Dirigenza del Brotzu, che mentre i nostri ospedali si smantellano o implodono per le politiche sanitarie nefaste, dichiarino che l’Intesa con la Difesa sia “un sogno che si traduce in un obiettivo concreto, garantire ai piccoli pazienti sardi cure intensive nella loro terra, senza dover affrontare trasferimenti d’urgenza in ospedali d’oltre Tirreno”. Il grande evento addestrativo militare sarebbe “un’opportunità per rafforzare il legame tra istituzioni e solidarietà”, dicono loro. Sconcerta pure chi governa la Sardegna e chi amministra il comune di Cagliari per aver patrocinato l’inopportuna operazione militare.
Un patrocinio miope, con cui la classe politica sarda si schiera dalla parte sbagliata della storia, a soffiare sui venti di guerra a fianco di governi guerrafondai e potenti sponsor. L’industria bellica primeggia con Leonardo, che esibisce con orgoglio l’export militare italiano di oltre 7 miliardi nel 2024. Una crescita del volume di affari del 35,34% rispetto all’anno precedente. MBDA, il principale consorzio europeo costruttore di missili e di varie tecnologie, di cui Leonardo vanta il 25% delle quote. RWM di Domusnovas, a cui è stato concesso dall’amministrazione locale, l’ampliamento-premio, per l’impennata del volume di affari con la produzione e l’esportazione di bombe. Sono loro i principali sponsor della Joint Stars of Charity 2025.
Ma attività belliche e salute difficilmente si conciliano.
In Italia la spesa militare si innalzerà dal 2% al 3% minimo del Pil e si dovrà raccattare ogni anno, dai 20 ai 30 i miliardi di euro in più. Un sacrificio che rischia di gravare sulla sanità pubblica già stremata.
La joint Stars 2025 e l’operazione caritatevole per i bimbi sardi, va letta in un contesto politico e militare ampio.
Il compito di garantire il diritto alla salute di tutti in Sardegna, è di chi governa la Regione Autonoma, del ministero della Salute e dei vertici dell’Arnas. Avremmo voluto vedere la Direzione dell’Arnas-Brotzu impegnata a salvare dallo smantellamento il Businco, l’unico ospedale oncologico sardo, evitando l’implosione del Brotzu. Alla manifestazione del 10, a sostegno della pace in Palestina e nel mondo, avremmo voluto al nostro fianco chi governa la Sardegna e chi amministra il comune di Cagliari, per la pace e il disarmo contro i crimini di guerra e i genocidi.
Avremmo voluto vedere la Nave della Difesa, con i suoi cuochi e i suoi medici, non nel porto di Cagliari, ma nel mare di Gaza e nel Mediterraneo in soccorso ai bimbi che muoiono di guerra e di stenti.
Avremmo voluto più attenzione sull’inquinamento bellico nei luoghi di esercitazione e nei territori che subiscono la guerra. E’ per i danni alla salute dell’ambiente e di chi sopravvive alla guerra che non potrà esserci pace.
Claudia Zuncheddu, Isde Medici per l’Ambiente, Rete Sarda-Difesa Sanità Pubblica