Tempo di sinistra: invito al dibattito.

7 Novembre 2011

manifesto sardo

Il governo Berlusconi sta per cadere, anche se sappiamo che il berlusconismo non è ancora finito. La sua uscita di scena è comunque un fatto importante che valutiamo positivamente.
In ogni caso, c’è il rischio concreto che il varco spalancato da Berlusconi e Tremonti al capitalismo finanziario internazionale compia ancora un massacro sociale ed economico del nostro paese, questa volta con la complicità di una coalizione sempre subordinata alle scelte neoliberiste.
Noi crediamo che sia indispensabile lavorare per un programma di sinistra di cui c’è un bisogno forte.
Le formazioni della sinistra possono opporsi al disegno del capitalismo, con proposte alternative e con pratiche di unità.
Ci rivolgiamo perciò alla nostra rete e ai compagni che vogliono contribuire a questa alternativa: inviateci i vostri interventi. Servono contributi ragionati e sereni, in grado di far sviluppare e crescere una discussione utile e favorire scelte che sono molto urgenti, sia nel territorio nazionale che in Sardegna.
I temi fondamentali, classici ma non certo superati, sono il lavoro, la precarietà, la questione femminile, la cultura, l’ambiente, i beni comuni, la pace.
Vorremo, infine, suggerire – se possibile e certamente senza rinunciare alla critica severa – di abbandonare gli scenari, insostenibili, dei reciproci anatemi e antipatie spesso presenti nei vertici dei vari gruppi dirigenti.
Interveniamo preferibilmente segnalando punti qualificanti di un programma, di obiettivi possibili per la costruzione di unità a sinistra avendo la consapevolezza che essa si sviluppa e costruisce soprattutto nella società e nelle lotte sociali, civili ed economiche.

Mandateci contributi fra le 4000 e le 5000 battute spazi compresi, entro il 14 novembre: pubblicheremo un apposito ’speciale’ che sarà on line con il numero 110 dal 16 novembre. Inviate a

[email protected]
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5 Commenti a “Tempo di sinistra: invito al dibattito.”

  1. Ray Accardi scrive:

    Ora dobbiamo pensare innanzitutto al dopo cioè come costruire una nuova economia e politica che sappia far fronte a tutti i cittadini sopratutto quelli piu’ deboli appesantendo gli oneri a chi può e alleggerendo chi è già in difficoltà (disoccupati,anziani e giovani sia studenti che lavoratori e lavoratori precari). Anche se sconfitto, non dimentichiamoci che sono 20 anni che questo governo domina tranne un paio di svirgolate PD,per cui bisogna stare attenti che la prossima deve essere un governo che sappia mantenere una giustizia sociale e un impegno sui programmi. Ciao compagni.

  2. Natalino Piras scrive:

    Tempo di sinistra come passaggio: dal tempo del silenzio a quello della parola, un tempo si diceva: diritto alla risposta. Ci dobbiamo riabituare a pensare e progettare, forse a non averne paura. Prima che il gallo canti. A che punto arriva il berlusconismo, a fare propria la metafora del tradimento, a suo uso, a possibile beneficio. Quando la res pubblica di Berlusconi proprio sul tradimento si fonda e affonda. A proposito di Gallo, fuor di metafora, faccio rinvio al post odierno, 8 novembre, nel mio blog http://www.natalinopiras.it: “Don Gallo e i primi dodici”. Non sono gli apostoli.

  3. Pietrina Chessa scrive:

    Dobbiamo dare un contributo anche se siamo ancora una forza che può condizionare in maniera esigua il programma che una eventuale coalizione di centro sinistra dovrebbe proporre. Il Berlusconismo ha obnubilato le menti, tutto è solo facciata, i cittadini trasformati in utenti che devono fare la fila per scoprire che dietro un servizio che viene propagandato non c’è niente. E’ una questione di metodo e non di punti. Principi ispiratori di qualunque intervento devono essere equità e giustizia sociale, tutti i punti programmatici devono rispettare questi due imperativi. Se cè bisogno di pulire i fiumi e fare manutenzione non si deve proporre nessuna altra opera prima che sia fatto quello, il lavoro oggi deve escaturire dalla più imponente opera di ristrutturazione, manutenzione e valorizzazione di tutto il patrimonio esistente sia dal punto di vista ambientale, culturale, archeologico, e la bonifica di tutti i siti industriali dismessi. Stop al cemento per nuovi insediamenti se prima non si è ripulito e risanato tutto l’esistente.Penso che in Sardegna se facciamo questo avremo lavoro per almeno un secolo! Molti protagonisti della classe dirigente politica però devono essere rimandati un passo indietro, perchè certi figuri che si annidano nel centro sinistra e che hanno preso a piene mani fino a questo momento, navigando abilmente al “centro”, non credo vorranno impegnarsi in questo eventuale nuovo corso. Basta furbizie!! Osiamo o saremo puniti anche noi !

  4. Francesca Cau scrive:

    È importante discutere, e farlo partendo dalla premessa che, per la sinistra, gli ultimi vent’anni sono stati complessivamente negativi o quanto meno deludenti. Siamo arrivati a un momento molto delicato della nostra storia repubblicana: sta per finire l’era di Berlusconi, e per tutti incomincia una transizione incerta ma aperta e interessante. Col senno di poi, sappiamo che la sinistra non seppe affrontare lo scenario che si aprí nel 1993 con la fine della Prima Repubblica. Fue un errore che abbiamo pagato caro. Cerchiamo di non ripeterlo, perché non possiamo più sbagliare: questa volta non si parla più di un’Italia in crisi, ma di una crisi globale del capitalismo che coinvolge anche, e molto duramente, l’Italia. Parliamone con passione e la massima onestà intellettuale.

  5. Valeria Piasentà scrive:

    Ieri abbiamo festeggiato come in un nuovo 25 aprile, oggi ci svegliamo e leggiamo il toto-ministri: tutti i nomi arrivano dall’istruzione privata del capitalismo internazionale e del mondo cattolico (Monti chiama i ‘suoi amici’, arrendiamoci: il familismo amorale a tutti i livelli è una imprescindibile cifra culturale del Paese…). Lo Stato del Vaticano sta insediando un suo governo di salute pubblica per marcare gli scenari politici di un futuribile ma non certo post-berlusconismo, e come possiamo intervenire dall’esterno, noi che non abbiamo più rappresentanza politica nazionale, per equilibrare un potere così impregnato di una ideologia minoritaria nel Paese ma tanto ben rappresentata sulle poltrone del potere culturale ed economico italiano, Bocconi e Università Cattolica comprese? Scendere in piazza con cori (del Conservatorio Santa Cecilia: w l’orgoglio civico degli artisti!!!) e bandiere, come si vede, non basta. Se nel Pd resiste un’anima non confessionale, possiamo concordare un minimo comun denominatore politico almeno sulle questioni sociali più propriamente etiche ed economiche?

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