Il regno segreto e l’occasione mancata

1 Ottobre 2020

[red]

Il collettivo di ricerca Filosofia de Logu, boccia la mostra sui Savoia allestita dal Man di Nuoro “Il regno segreto: una visione post coloniale”.

In occasione del trecentesimo anniversario della cessione ai Savoia del Regno di Sardegna (1720), il Museo MAN di Nuoro allestito una mostra sui rapporti tra Piemonte e Sardegna. Il titolo della mostra è “Il regno segreto. Sardegna-Piemonte: una visione postcoloniale” (in esposizione dal 29 maggio al 15 novembre 2020). Il catalogo della mostra, a sua volta, ne illustra contenuti e obiettivi, con gli interventi del direttore del MAN Luigi Fassi e del curatore Luca Scarlini, avvalendosi anche di apporti esterni.

Filosofia de Logu boccia l’operazione: «la prima cosa da chiedersi è cosa ci sia nella mostra dell’appoccio “postcoloniale”. Gli studi post-coloniali, dai tempi di Fanon e Said e poi con i vari Bhabha, Spivak, hanno decostruito la mitologia identitaria assemblata dai dominanti per giustificare e legittimare il loro dominio e hanno rimesso in discussione paradigmi politici e narrazioni istituzionali. Non troviamo nulla di una visione postcoloniale né nell’allestimento, né nel catalogo che ne dovrebbe definire gli obiettivi. Anzi, si può dire che la mostra riproponga narrazioni del tutto conformi alla visione coloniale e dominante, senza minimamente metterla in discussione».

Che la mostra non abbia nulla di postcoloniale – sostiene Filosofia de Logu – «è evidente fin dall’utilizzo del termine “regione” che risulta del tutto inappropriato. Sardegna e Piemonte nel Settecento non erano “regioni italiane” che per qualche accidente storico entrarono in contatto politico. Si trattava di entità storiche molto diverse, che per questioni di equilibri geo-politici si ritrovarono a coesistere sotto un medesimo sovrano. Si continua a guardare dunque a vicende, fatti e processi del passato attraverso una lente anacronistica, completamente focalizzata sul nostro presente». Nel catalogo – prosegue Filosofia de Logu – «il rapporto fra Sardegna e Piemonte Fassi accenna al rapporto tra Piemonte e Sardegna come un “rapporto storico tra dominanti e dominati” senza però spiegare il perché. Uno sguardo postcoloniale deve dare conto delle ragioni e dei meccanismi della subalternità».

Scarlini – argomentano ancora i ricercatori di FdL – « parla di “suggestioni esotiche” suscitate dalla Sardegna per la classe dirigente piemontese senza minimamente articolare il ragionamento e ciò basterebbe a smentire la matrice postcoloniale dell’operazione. La lettura post-coloniale metterebbe in evidenza proprio il rapporto subalterno, problematizzandolo, criticandone premesse, effetti e conseguenze di lungo periodo. Invece la mostra sembra mettere questo problema – ossia IL problema – in secondo piano, facendone un accidente storico tutto sommato neutro, semplicemente dato».

«Risultano perfino sorprendenti – argomenta ancora FdL – alcune affermazioni contenute nel saggio del professor Luciano Marrocu, dedicato alla nota vicenda della Carte d’Arborea che viene presentata come un “grottesco… atto di indipendenza dei sardi”. Affermazione notevole, dato che al contrario quell’operazione aveva come scopo la legittimazione della classe intellettuale e in generale della classe dominante sarda nell’establishment sabaudo».

«Proprio qui sarebbe stato utile un approccio post-coloniale all’intera faccenda. Approccio che tuttavia, se applicato, offrirebbe un quadro interpretativo radicalmente diverso da quello esposto in questa mostra».

«Occorre per altro segnalare uno svarione storico – puntualizzano i ricercatori di FdL sorprendentemente non eliminato nemmeno in fase di correzione delle bozze. Nel saggio di Marcello Fois ad un certo punto accenna all’ “annessione al Regno Piemontese” della Sardegna, dimenticando che non ci fu alcuna annessione e che il Regno in questione era quello “di Sardegna” (non essendo mai storicamente esistito alcun Regno di Piemonte). Potrebbe anche trattarsi di un lapsus, questo sì interessante in un’ottica di analisi post-coloniale».

L’allestimento stesso risulta – conclude FdL – non solo e non tanto poco efficace, ma prima di tutto privo di un senso compiuto. In alcuni casi le didascalie sembrano mal ancorate a ciò che poi è presentato alla visione dei visitatori; in altri offrono chiavi interpretative a dir poco fuorvianti. Esempio clamoroso, in quest’ultimo senso, la chiamata in causa di Antonio Gramsci come testimone e rappresentante di presunti rapporti proficui tra Sardegna e Piemonte. Una forzatura, anche nel migliore dei casi, profondamente scorretta, sia nei confronti del visitatore ignaro, sia – è anche doloroso sottolinearlo – di Nino Gramsci medesimo. Per rendersi conto della profondità dell’equivoco basterebbe leggere le non poche righe dedicate da Gramsci ai Savoia e alla relazione tra Piemonte e Sardegna. Il richiamo della sua figura in questi termini e in tale contesto suona meramente strumentale e alquanto falsificante, anche considerando il fatto che Gramsci stesso è oggi preso come riferimento di tutti gli studi postcoloniali».

«Pare dunque più che altro un’occasione persa di riflettere su un passaggio storico decisivo – il passaggio della corona sarda in capo alla dinastia sabauda – e sulle sue conseguenze fino ai giorni nostri.

«L’auspicio è che prima o poi si possa davvero realizzare un allestimento votato a un approccio post-coloniale, magari non solo e non tanto relativamente ai rapporti tra Sardegna e Piemonte, quanto piuttosto all’intera epoca contemporanea sarda. Imparare dagli errori fatti in questa occasione potrebbe servire ad attribuire alla mostra nuorese se non altro tale involontario merito».

Redazione di Filosofia de Logu

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