Sui tagli ai contributi alla danza

4 Luglio 2025

[Rita Atzeri]

È notizia di questi giorni, i tagli del Ministero ai contributi destinati alle compagnie di danza di Sardegna hanno fatto scalpore gettando i professionisti nello sconforto e facendo indignare la classe politica locale, che ha potuto così parlare di discriminazione del governo nei confronti della produzione locale. 

La situazione è grave, gravissima, ma non è una novità. 

Per chi lavora professionalmente nel mondo dello spettacolo è la registrazione di un una condizione costante di mancanza di riconoscimento verso un settore, quello dell’arte, sempre più vilipeso. 

Perché quando non ci sono i tagli a portate sull’orlo del baratro gli operatori, ci pensano i tempi di erogazione dei contributi a metterli alla canna del gas. 

Attori, tecnici, ballerini, organizzatori, facchini, scenografi, costumisti, cantanti, truccatori, sarte, amministrativi tutti costretti a fare da Banca allo Stato, alla Regione, al Comune di turno per poter fare il proprio lavoro e consentire alla politica il raggiungimento di quelli obiettivi di crescita culturale, sociale che ha posto nel proprio programma elettorale. 

Per tutti lo spettacolo è il mondo dei lustrini con cui giocare, a scapito di chi ha scelto di dedicare all’arte la propria vita facendone una professione. 

I tagli alla cultura, che oggi riguardano la danza, ieri hanno riguardato il teatro e domani chissà, avanti a chi tocca, sono semplicemente l’espressione del mancato riconoscimento del ruolo dell’arte e degli artisti. Non una punizione per la loro libertà, per il loro essere matrici di rivoluzione, no, questo no, non ci crede più nessuno. 

La cultura e l’arte ad ogni latitudine sono diventate il divertissement di assessori ed assecoruncoli più o meno competenti e preparati, che si ergono a direttori artistici di questo o quell’evento, presentatori, fini dicitori e chi più né ha più né metta. 

Nessuno grida allo scandalo in questo caso e men che meno si grida allo scandalo quando nelle commissioni di valutazione finiscono personaggi che nulla sanno del settore, che come unico merito hanno quello di aver portato un certo numero di voti alla compagine di riferimento. 

E questo avviene non solo aldilà del mare, ma anche dalle nostre parti. 

E attenzione non ha a che fare con la destra è una pratica nota anche a sinistra. 

La contribuzione pubblica per lo spettacolo nasce principalmente attraverso il Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), istituito dalla legge n. 163 del 1985, che rappresenta il principale strumento di sostegno finanziario statale al settore. Un sostegno che viene dato perché l’arte è  strumento di coesione sociale, di crescita umana e culturale. 

Uno Stato, una Regione, un Comune, che si dotano di norme alla cui base sta il riconoscimento di questi valori, non possono permettersi di fare tagli senza fare pagare le conseguenze negli anni, nei decenni a seguire ai cittadini in cui si vuole favorire empatia, rispetto del diverso, tutela delle minoranze, parità di genere… Tutte queste sono solo ed esclusivamente conquiste culturali. 

Educare alla pace, prevenire atti di bullismo, insegnare l’amore per la propria terra, il paesaggio, l’ambiente. Anche queste sono solo ed esclusivamente conquiste culturali. 

Si taglino i soldi agli armamenti, non alla cultura. 

Si ascoltino i poeti non i consulenti. 

Cara politica fai meno e nel dubbio non fare nulla. 

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