Cagliari ai tempi del Job act

16 Gennaio 2015
job-act
Roberto Mirasola*

Il tema del lavoro è uno degli argomenti centrali del nostro tempo. Le politiche di austerity che in questi anni si sono succedute non hanno fatto altro che alimentare il problema, di fatto il continuo aumento della pressione fiscale sopratutto sul versante indiretto e locale ha messo in difficoltà sia le imprese che le famiglie comportando una contrazione dei consumi e conseguente aumento di disoccupati. A novembre 2014 il tasso di disoccupazione era pari al 13,4% registrando un + 0,2% su ottobre. Naturalmente il problema non risparmia la città di Cagliari. Al riguardo un recente studio riporta i seguenti dati: nel 2011 i disoccupati e inoccupati nella città di Cagliari erano 29.908, nel 2012 il numero aumentava registrando le 32.049 unità sino ad arrivare alle 36.165 persone senza un lavoro. Se poi andiamo a vedere i dati Confesercenti riguardanti il Commercio al dettaglio a Cagliari Provincia, nei primi otto mesi del 2014 ci accorgiamo che il saldo tra iscrizioni e cancellazioni in Camera di Commercio da parte delle attività al dettaglio è di – 204, nel 2013 era pari a -206. Un trend a dir poco preoccupante se consideriamo che mediamente dietro un’attività nel piccolo commercio ci sono 2,2 operatori. Possiamo dire che nella sola provincia di Cagliari si sono persi oltre 450 posti di lavoro nei primi otto mesi del 2014. Cosa fare dunque? Il Comune può creare lavoro e occupazione? L’Amministrazione sicuramente non può intervenire direttamente sul mercato del lavoro assumendo, può però creare le condizioni di sviluppo che possano consentire la presenza di investimenti capaci di creare occupazione. Bisogna capire però qual è il modello a cui si fa riferimento. Se ad esempio si intende favorire la presenza dei grandi centri commerciali allora bisogna ricordarsi che questi creano si occupazione ma è anche vero che si tratta di lavoro precario come voucher, co.co.co, lavoro a tempo determinato e via dicendo. In una parola si alimenta il precariato non certo il lavoro. Bisogna poi ricordarsi che i profitti che si ricavano dai grandi centri commerciali non rimangono in Sardegna ma prendono la via della grandi capitali europee. Sarebbe quindi opportuno investire sulla piccola impresa come fonte generatrice di lavoro. Ma per far questo diventa necessaria un’opera di riqualificazione del centro storico e dunque di rivitalizzazione dei quartieri storici come Villanova e Castello oggi abbandonati a se stessi. Il solo intervento nelle vie dello shopping potrebbe non essere sufficiente. Un fronte importante è poi quello dell’auto imprenditorialità, qui è assolutamente prioritario abbreviare i tempi di erogazione delle agevolazioni a favore di nuove imprese e istituire incubatori di impresa capaci di guidare i neo-imprenditori nella fase di start-up. Chi inizia un’attività di impresa o di lavoro autonomo ha infatti bisogno di certezza riguardo i tempi di erogazione dei contributi, perché se questi vengono dati dopo anni, come purtroppo oggi accade, il rischio é che si chiuda prima ancora di iniziare, rendendo vani gli interventi normativi creatori delle agevolazioni. Insomma le idee possono essere diverse, si tratta solo di metterle in campo.

*Associazione Sardegna Sostenibile e Sovrana

**Immagine da www.leftwing.it

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