I figli so’ piezz’e core

15 Settembre 2010

ghigno

Mario Cubeddu

Suoni violenti e secchi alla porta e subito dopo una fuga di passi come un battere rapido d’ali. Succede in primavera, e soprattutto d’estate, quando i ragazzi non vanno a scuola. Le prime volte gli anziani si precipitano ad aprire, trepidanti per una visita imprevista. Poi subentra la furia, il desiderio di agguato e di far male. L’intrusione sembra beffarda, cattiva, ma è solo un gioco. E’ che questi sembrano diversi e lontani da tutto quello che sei stato. Non sono ragazzi, sarebbero vandali, teppisti, bulli. Non fanno niente di peggio di ciò che tu facevi alla loro età, ma hanno qualcosa di diverso: la sfida. Sembra vogliano provocarti, non aspettano altro che la tua reazione e quando te li trovi di fronte col viso duro, la risposta pronta, i muscoli del viso e delle spalle in movimento, ti viene anche paura. Senti tutta la tua debolezza, la fragilità dell’uomo non più giovane, e la rabbia cresce. I nostri figli nascono desiderati come per un miracolo, sono cresciuti con ogni attenzione, ricoperti di parole dolci, di regali infiniti, di attese spropositate. Sono pochi, sempre meno, ma più diminuiscono e più sembra vogliano riempire il mondo del loro strepito. Qualche giorno fa 200 padri e madri di famiglia che abitano il centro storico di Oristano hanno firmato un documento chiedendo un intervento immediato e severo “al vescovo, al questore, al prefetto e ai carabinieri”, contro i “minori dai 12 ai 16 anni” che praticano “atti vandalici contro arredi urbani ed abitazioni e beni privati, scene di pubblica indecenza ed oscenità in pieno giorno, consumo di alcool e droga, schiamazzi, insulti e minacce a quanti osino esprimere il proprio disappunto”. Lo fanno nei vicoli antichi ed eleganti del centro, attorno alla Chiesa del Carmine, accanto alle mura del convento di Santa Chiara, dietro il palazzo dei Marchesi d’Arcais. Negli angoli silenziosi e bui della città antica. Allo stesso modo lo fanno ormai in ogni città sarda così come in ogni piccolo paese. Nella strada dove abito era un continuo latrare di cani eccitati dal colpo alla porta e dalla fuga. Se lasciavi la bicicletta fuori spesso trovavi i freni staccati, scherzo facile ma pericoloso. I ragazzi insediati in una piazza rapidamente la devastavano. Agli anziani che osavano protestare rispondevano in modo tracotante e offensivo. Il problema è arrivato all’attenzione del parroco, dei carabinieri, del sindaco. Che poco potevano fare. E non per quello che hanno denunciato i 200 cittadini di Oristano, convinti che la protervia dei ragazzi derivasse dall’essere “teppisti vip”, impuniti perché appartenenti “a famiglie legate alle stesse autorità e forze dell’ordine”. Sfidare l’autorità o la presunta autorevolezza degli anziani fa parte del gioco, come l’emozione della fuga dopo aver bussato. La richiesta di interventi repressivi severi contro i primi sintomi di asocialità e di devianza giovanile è la reazione più immediata di chi si sente a sua volta emarginato e impotente. Abbiamo esempi negli USA e in Inghilterra di politiche tendenti a condannare e rinchiudere in prigione ad età sempre minore, abbassando la soglia dell’età in cui i giovani sono considerati penalmente responsabili. Nel mio paese si è percorsa una strada diversa, attraverso un progetto legato al festival di poesia “Cabudanne de sos poetas”. I ragazzi sono stati convinti a partecipare a diversi laboratori, di teatro, di fotografia, di musica, di ceramica. Tre anni fa Roberto Magnani, un giovane attore del Teatro delle Albe di Ravenna, ben noto in Sardegna per l’interpretazione del film di Piero Sanna “La destinazione”, ha iniziato a guidare un’attività che quest’anno lo ha visto portare sulla scena della Piazza dei balli di Seneghe una riuscitissima interpretazione di testi ispirati al teatro di Majakovskij. L’anno scorso i laboratori sono diventati quattro grazie a un progetto dell’ANCI finanziato dal Ministero delle Politiche Giovanili. Anche gli altri laboratori sono stati condotti da giovani competenti e soprattutto capaci di dialogare con i ragazzi e di impegnarli in attività creative. Cesare Fabbri e Silvia Loddo con la fotografia, Luigi Zoccheddu, Massimo Trogu e Giovanni Marceddu con la musica, Domenico Cubeddu con la ceramica hanno coinvolto decine di adolescenti. Quest’anno per la seconda annualità del progetto si è aggiunto il laboratorio di scrittura condotto da Paolo Nori, scrittore ben noto ai lettori del Manifesto. Più di dieci ragazzi si sono esibiti con i loro strumenti musicali e altrettanti hanno fotografato persone ed angoli del paese, dodici di loro hanno partecipato al laboratorio teatrale, in venti hanno seguito il laboratorio di ceramica. Tutta questa attività ha creato un rapporto nuovo tra i giovani e l’ambiente in cui vivono. Produrre insieme, costruire uno spettacolo o una mostra, dare una mano per il festival, ha significato sentirsi parte di una realtà umana con cui si entra in comunicazione. Come tutti, anche i giovani rispondono a chi si interessa a loro per migliorare la vita comune e senza secondi fini. L’aggressione dei ragazzi alle persone e alle cose, danneggiamenti delle auto private e di beni di proprietà pubblica, sono anche un modo sbagliato di “ad-gredi”, fare un passo verso l’altro per attirare la sua attenzione. La risposta sollecita, attenta, attiva, è uno dei modi per evitare che il fossato generazionale si allarghi e per migliorare la vita di tutti noi. Da qualche tempo i colpi violenti alla porta non spaventano più il cane e non allarmano il suo padrone.

2 Commenti a “I figli so’ piezz’e core”

  1. Stefano Flore scrive:

    Caro Mario, quello che descrivi e dichiari corrisponde, purtroppo, al vero. Ed è anche vero che la creazione di attività culturali impegna loro il corpo e la mente. Ma, a guardare i numeri, sono sempre una minoranza quelle che partecipano, e troppi restano “fuori a fare casino”. Ne ho fatto pubblica denuncia anche su Seneghe Online, con un articolo: http://www.senegheonline.it/?p=2149. Sono convinto che sia ora di ricominciare ad impartire ai ragazzi lezioni di educazione civica e di educazione tout-court, a scuola e a casa in primis.

  2. Marcello Madau scrive:

    Certo, Flore, non bastano le proposte di animazione culturale, e l’educazione va insegnata. Da chi? Questi sono figli che vengono da altri pianeti, o da questa società? Magari da genitori non sempre di educazione impeccabile? Ci vogliono iniziative che mostrino interesse per queste generazioni, ha ragione Mario. Tante. Sino a far spegnere la televisione.
    Laboratori. Il verde, le strutture sportive pubbliche, gli spettacoli di livello. Quartieri vivibili. Insomma, ci vogliono città che ospitino tutto ciò, e un po’ più di buoni esempi. Dove sono? Credo che se ne debba parlare molto, anche se non è facile. Rifondare la politica, la costruzione della polis, significa affrontare questa sfida, riconoscere le cause, contrastare chi sta ammazzando con le sue politiche la comunità e il territorio.

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