Il crepuscolo dell’Occidente
9 Maggio 2025[Roberto Mirasola]
La guerra in Ucraina e gli avvenimenti successivi in Palestina, Libano e Siria denotano una crisi dell’occidente così come l’abbiamo conosciuto sino ad ora. La rottura degli equilibri tra Russia, UE e USA ha portato all’invasione dell’Ucraina.
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea si sono trovati in un primo tempo uniti nell’aiuto militare in Ucraina ma ora le cose sono cambiate. L’elezione di Trump ha portato una progressiva rottura dei buoni rapporti da sempre esistenti fra le due sponde dell’oceano. Divergenze già esistenti nel primo mandato presidenziale ed ora acuite.
Prima di andare avanti nell’analisi è doveroso dire, che questo cambiamento da subito compreso da Israele ha comportato la rottura della tregua a Gaza e la conseguente ripresa dei massacri. Così com’è doveroso riportare che allo stato attuale la volontà di Israele sembra quella messianica di riprendersi i territori biblici con conseguente espulsione dei palestinesi. Tutto ciò nell’imbarazzante silenzio di tutti con l’unica eccezione delle Nazioni Unite.
La volontà del presidente Trump di dare inizio a una guerra commerciale nasce dalla volontà di riportare gli Stati Uniti al lustro che gli compete, da qui lo slogan “American Great Again”.
In realtà gli USA hanno un grande disavanzo commerciale oltreché un enorme debito pubblico che ha da sempre finanziato la sua economia, consentendole di raggiungere un buon grado di benessere consentito dalla centralità del dollaro come valuta di riserva. I dazi nell’idea Trumpiana avrebbero dovuto riportare le imprese statunitensi a produrre in casa anziché avere una produzione sparsa per il mondo che permette di lucrare sul basso costo del lavoro. Non solo, si voleva far si che la domanda interna fosse soddisfatta dalla sola offerta americana, lasciando fuori dal mercato statunitense le aziende estere. Il problema è che oggi in un’economia globalizzata la realizzazione di questi passaggi è quasi impossibile per l’attivismo dei mercati finanziari.
La conseguenza è stata la svalutazione del dollaro, la fuga dai titoli del debito americano ed il crollo di Wall Street con conseguente perdita d’ingenti capitali. Trump ha cercato di porre rimedio tornando indietro sui suoi passi ma questo probabilmente non sarà sufficiente. Il debito pubblico americano è in buona parte in mano straniera, (vedasi la Cina) e diversi esperti sono ormai convinti che dietro la fuga di capitali ci siano proprio i fondi sovrani del dragone che rispondono all’arroganza americana. D’altro canto, l’attuale politica europea implicitamente indica una presa di distanza dagli Stati Uniti. Convinti che la crisi dell’economia europea, in buona parte dovuta alle difficoltà dell’industria manifatturiera tedesca, sia risolvibile con una riconversione industriale. E allora prima il piano Draghi che apre a un debito comune da destinare però in prevalenza a investimenti nel campo della difesa.
Poi il ReArm Europe con la previsione d’investimenti in armamenti per 800 miliardi di euro nell’industria bellica. Tutto questo si deve alla malcelata idea di attuare politiche Keynesiane nell’industria bellica. Un riarmo dovuto a incrementare la domanda interna europea affinché si possa mettere rimedio alle vecchie politiche mercantilistiche di stampo tedesco ora in crisi. Non più un modello basato sulle esportazioni, ma volto alla costruzione di una domanda interna rivolta però alla sola industria degli armamenti con buona pace della spesa nel sociale.
Una prospettiva pericolosa volta a preparare la gente a guerre contro nemici inesistenti che mettono in pericolo e contraddicono il ruolo dell’Europa che dovrebbe essere invece quello di costruire uno spazio volto a garantire pace e benessere alle genti.