Il valore dei luoghi

1 Luglio 2012

Giuseppina Manca di Mores

La Legge Regionale 14/2006 (“Norme in materia di beni culturali, luoghi e istituti della cultura”) all’art. 2, b, elenca, fra i principi ispiratori degli interventi della Regione Autonoma Sardegna in materia di beni culturali, la “valorizzazione del rapporto tra beni, istituti e luoghi della cultura e relativi contesti territoriali” inserendo in questa definizione alcuni concetti di base di vasta portata tra i quali, appunto, quello di contesto territoriale.
In quest’ambito di applicazione possiamo evidentemente inserire il complesso delle statue di Monte Prama nella loro unitarietà di rinvenimento (o contesto di), e dunque di inscindibile legame fra luogo, statue e qualunque altro elemento, lapideo e non, connesso, di autorappresentazione di un gruppo sociale all’interno di un determinato contesto (storico). Rispetto, infine, al contesto (ancora) territoriale del Sinis e del più ampio bacino dell’Oristanese.
Premesso inoltre che la Regione Autonoma Sardegna ha competenza primaria sulla rete dei musei civici, è evidente che le statue di Monte Prama coinvolgono anche ambiti alla stessa pertinenti nel momento in cui una delle sedi interessate dalle stesse è il museo di Cabras, nell’attuale o nella futura (?) realizzazione di ampliamento degli spazi esistenti o della creazione di nuovi (per i quali è già stato selezionato, a seguito di bando pubblico, un progetto specifico).
Ma ciò che in questa sede si vuole sottolineare non è tanto l’opportunità delle scelte dal punto di vista della normativa e delle regole della disciplina scientifica, ma quanto tali scelte incidano sugli aspetti economici relativi allo sviluppo di un territorio attraverso un intervento di valorizzazione dei beni culturali ad esso afferenti.
Non dovendo certo in questa sede esplicitare la valenza del termine “economico” riferito all’ambito dei beni culturali, dove da tempo è dimostrata la ricaduta in termini di benefici, e non certo solo di costi e ricavi, all’interno di un territorio che fa un adeguato uso e consumo di cultura, prendo direttamente in considerazione i principali parametri tecnico-economici della valorizzazione (rappresentatività della risorsa, stato di conservazione, disponibilità dell’area, stato dello studio e della ricerca, raggiungibilità, accessibilità e livello di comunicazione, per citare solo i fondamentali) per dire che il complesso/contesto di Monte Prama ne soddisfa una buona parte.
Certo è da potenziare quello relativo allo stato degli studi, già di per sé indicazione forte sulla necessità di non smembrare il complesso per consentirne una lettura approfondita da parte degli studiosi. E tale parametro è strettamente collegato a quello della comunicazione, ovvero delle modalità con cui tali informazioni restituire, compresi livelli, sedi e momenti nei quali metterle i contatto con i vari pubblici.
Da questo punto di vista il messaggio comunicativo si estrinseca già all’interno di un circuito che nella penisola del Sinis vede un flusso di visita organizzato su più poli dei quali Tharros e l’Area marina protetta penisola del Sinis – isola di mal di Ventre sono i principali, ma intorno ai quali si articolano molte altre risorse, in buona parte sottostimate quali, per citarne solo alcune, l’ipogeo di San Salvatore in Sinis e le vicine terme romane, la chiesa medievale di S. Giovanni a Cabras, ma ancora la necropoli medio-neolitica di Cuccuru Is Arrius e soprattutto le ampie testimonianze nuragiche quali il tempio a pozzo (dal quale provengono, tra l’altro, materiali di età punica e romana). Da ultimo i recentissimi rinvenimenti degli insediamenti nuragici di sa Osa: contesti che nella loro globalità permettono di articolare un racconto forte e particolarmente espressivo del tessuto insediativo e culturale nel quale si inserisce la nascita del modello urbano.
Ora, comunicare in quest’ambito la presenza di un complesso unitario come quello dei ‘Giganti’, sottolineandone la forte relazione identitaria con il contesto territoriale di provenienza e le sue forme integrative e oppositive con le realtà articolatesi cronologicamente, è messaggio di forza e potenza comunicativa infinitamente superiore a quello di una frammentazione del racconto su realtà territoriali estremamente distanti, anche fisicamente, e assai più diluite nella sottolineatura degli aspetti culturali. Dal punto di vista della valorizzazione di un territorio, sotto tutte le valenze che questo termine sottende a livello locale e globale, di assoluto differente impatto.
E’ per questo motivo che per il territorio di Cabras, e per il bacino territoriale e culturale del quale fa parte, la rinuncia a tale proposta unitaria rappresenta un impoverimento severo, una mancata opportunità di percorrere quello sviluppo locale che si costruisce, con adeguate modalità, attorno ad una comunicazione forte di una realtà culturale verso pubblici vasti. Capace di costituire davvero una forza attrattiva anche in termini turistici collocando la risorsa culturale all’interno del potenziamento economico di un territorio.
Volendo spingersi ad una proposta tecnica che metta a frutto quanto più possibile questi aspetti, e verificando il parametro della disponibilità dell’area, credo attualmente di proprietà privata e soggetta unicamente ad occupazione temporanea per l’esecuzione delle indagini di scavo, sarebbe da valutare la possibilità di un’esposizione permanente del complesso delle statue in spazi dedicati in stretta connessione con il contesto originario di riferimento. Penso ad una sorta di laboratorio permanente a fronte di un’esposizione stabile di forte impatto comunicativo e in continuo aggiornamento.
L’obiezione probabile sulla necessità di reperire risorse disponibili non appare sufficiente, in quanto un’idea forte di questo tipo è assai più facilmente accettabile e, soprattutto, attrattiva di finanziamenti integrabili su più fonti, all’interno di una progettazione corredata da un’opportuna analisi costi-benefici dell’esposizione rispetto al riduttivo panorama di qualche bella statua dentro una struttura (quella attuale) assolutamente inadeguata.
In conclusione, l’ottica scientifica dell’indivisibilità di un complesso/contesto è la stessa dalla quale trae forza anche un corretto progetto di valorizzazione che abbia un forte messaggio comunicativo: cosa che accade assai più spesso di quanto si voglia fingere di non vedere.
Principi scientifici che troppo spesso, e malauguratamente, si è voluto rappresentare come cose noiose e non adatte a suscitare interesse, ingenerando l’equivoco che per avvicinare il pubblico alla conoscenza della propria storia e dei propri territori sia indispensabile trasformare musei e luoghi di cultura in parchi di divertimenti, con confusioni imbarazzanti – pur nella più che giusta esigenza di esposizioni gradevoli – fra messaggio comunicativo di base, merchandising o eventi collaterali.
Se non riflettiamo su questo, rischieremo da un lato di non produrre economia della cultura sui territori
e dall’altro di perpetuare sotterraneamente l’idea della stessa come puro divertissement e dunque hobby snobistico incompatibile con la crisi socio (!) – economica attuale.

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