L’opportunità del Recovery Plan: dalla programmazione alla gestione

6 Marzo 2021

[Graziella Pisu]

Per ricostruire l’Europa dopo la pandemia di COVID-19, la Commissione, il Parlamento europeo e gli Stati membri hanno concordato un rafforzamento del Quadro finanziario vigente tramite il Next Generation EU (NGEU), generato da un’emissione di titoli sui mercati da parte della Commissione Europea (CE) e consistente in 750 miliardi di euro aggiuntivi rispetto ai 1074 miliardi del Quadro finanziario pluriennale.

L’obiettivo è un’Europa più ecologica, digitale e resiliente. Il Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza di 750 Miliardi di euro è composto da: 360 miliardi di prestiti, 312 miliardi di sovvenzioni; 45,5 miliardi su REACT-EU; 10 miliardi per il Fondo per una transizione giusta (JTF), 5 miliardi su Orizzonte Europa; 5,6 miliardi del Fondo InvestEU; 7,5 miliardi per lo sviluppo rurale e 1,9 miliardi su RescEU.

Per quanto riguarda l’Italia, ciò che la crisi pandemica ha messo in luce è la necessità di riforme ed investimenti in particolare in sanità e nella resilienza economica, sociale e istituzionale.

Il maggior beneficiario del NGEU è l’Italia con circa 209 miliardi. Si tratta di uno strumento innovativo che comunque necessita, come gli altri strumenti finanziari, di una serie di passaggi. Infatti, Ogni Stato Membro dovrà inviare alla CE un Piano di ripresa e resilienza entro la fine di aprile 2021.

Il Piano di riforma, per l’Italia, che dovrà tener conto delle raccomandazioni europee sarà caratterizzato da diversi elementi i principali :

  • Economia più verde e sostenibile (37% del totale come da Regolamento)
  • Digitalizzazione del Paese (20%)
  • Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese
  • Tessuto economico più competitivo e resiliente
  • Potenziamento degli investimenti nella formazione e nella ricerca
  • Un ordinamento giuridico più moderno ed efficace.

Il Piano nazionale, sarà trasmesso, come detto, entro il 30.04.2021 in via definitiva alla CE , che avrà 2 mesi di tempo per la trasmissione all’Ecofin il quale dovrà approvare la proposta entro un mese. Le misure avviate a decorrere dal 1°.02.2021, sono ammissibili purché soddisfino i requisiti del Regolamento anche se la certezza dell’approvazione la si avrà, per via di questa tempistica, solo da fine luglio. Non aspettare quest’ultima data è fondamentale, dati i tempi molto ristretti, per l’avvio e il completamento dei progetti entro il 2026.

Sulla performance complessiva delle strutture preposte alla gestione dei fondi comunitari hanno influito diversi fattori di criticità:

  • inadeguatezza della fase di programmazione;
  • debolezze della struttura amministrativa;
  • carenze di natura procedurale/organizzativa.

Qui parlerò del primo punto, per discutere la parte gestionale in un prossimo scritto.

Per rispettare i tempi contingentati (e col Recovery Plan saranno ancora più ristretti), sarebbe stato necessario far partire la fase di programmazione nel momento in cui lo strumento è stato proposto mentre, come emerso per l’ennesima volta nel recente incontro fra CRP (Centro Regionale di Programmazione) e parti sociali, per il POR FESR 21/27, il processo viene generalmente avviato in prossimità della scadenza di presentazione alla CE. Va tenuto presente che la proposta regionale per il Recovery Plan (RP) deve essere coerente con il più ampio Programma Regionale di Sviluppo 2020-24 che fissa gli indirizzi generali e con gli altri strumenti regionali di programmazione già operanti:

  • la Strategia regionale di Sviluppo sostenibile (SRSvS);
  • la strategia di specializzazione intelligente;
  • la Strategia regionale di adattamento ai cambiamenti climatici;
  • i Piani e programmi di settore.

Sulla base dei programmi e delle strategie regionali e degli strumenti finanziari comunitari e nazionali disponibili, il decisore politico deve coraggiosamente fare delle scelte e definire una scala di priorità in un confronto aperto con il partenariato istituzionale, economico, sociale e ambientale, sia a livello regionale che territoriale.

Questo percorso deve essere necessariamente accompagnato da un fondo per il finanziamento della progettazione che consenta agli EE.LL. di anticipare le procedure autorizzative che spesso hanno causato ritardi importanti nella realizzazione delle opere. Infatti le Regioni e gli Stati che hanno seguito questo percorso, si trovano ora con progetti in corso di realizzazione o per lo meno già cantierabili.

In Sardegna, invece, al momento attuale ci troviamo senza un documento di programmazione operativo per il settennio 2021-27 e senza progetti di investimento per il RP 21-26 che possano rappresentare un volano iniziale di attività e di spesa della politica di coesione.

L’Italia riceverà dal QFP (Quadro Finanziario Pluriennale) per il 2021-27 circa 35 miliardi di euro. Alla Sardegna, inclusa nuovamente fra le regioni meno sviluppate, saranno assegnati circa 3 miliardi di euro fra FESR e FSE da spendere entro il 2029.

Non sappiamo invece quanto dei circa 209 miliardi di € deliberati per l’Italia tra fondo perduto e prestiti, la nostra Regione riceverà nell’ambito del PNRR per il quale le somme dovranno essere impegnate entro il 2023 e spese entro il 2026.

Nonostante il lavoro preliminare di ricognizione sul PNRR da parte dello Stato sia iniziato nello scorso agosto, e la Conferenza delle Regioni del 6 agosto 2020 abbia deciso di costituire un gruppo di lavoro interregionale, la Presidenza della Giunta ha raccolto una lista di progetti estratti dai cassetti degli assessorati solo nel mese di novembre.

Per capire la scarsa capacità di direzione collegiale di questa Giunta segnalo che il 30 settembre 2020 l’Assessorato dell’Ambiente ha presentato al Ministero dell’Ambiente, e non alla conferenza delle regioni, un pacchetto di 55 interventi infrastrutturali per 378 milioni di euro relativi alla mitigazione del rischio idrogeologico. Sia la lista di novembre che questo pacchetto non sono stati discussi né in Consiglio Regionale, né con le parti economiche, sociali e ambientali, né con le istituzioni territoriali. Non conosciamo la distribuzione delle risorse finanziarie nelle differenti missioni, né la visione strategica, né la coerenza con le linee guida dell’UE e con gli obiettivi nazionali del PNNR.

Ricordo che i rapporti tra Giunta e Consiglio, in merito alla procedura da adottare per l’elaborazione degli atti di programmazione sono disciplinati dall’articolo 14 della L.R 2 agosto 2018 che prevede che il Presidente della Regione, o un Assessore da lui delegato, renda dichiarazioni al Consiglio regionale il quale approva specifici atti di indirizzo alla Giunta regionale.

E’ evidente che se la realizzazione dei progetti non rispetterà la tabella di marcia, i fondi saranno interrotti. Per evitare di perdere le risorse, il Presidente del Consiglio ha chiamato i colossi internazionali della consulenza che avranno il compito di fornire analisi dei dati, impatto sui progetti e dovranno spiegare ad esempio, se un investimento ha funzionato o meno in altri paesi e fornire studi sui possibili effetti. Auguri a tutti noi.

Intervento di Graziella Pisu, esperta fondi strutturali europei, già direttore Centro di Programmazione della Regione Autonoma della Sardegna al seminario web organizzato da Aladin Pensiero e Il manifesto sardo venerdì 5 marzo dal titolo Recovery Plan, che fare?

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