Martina Comparelli, Fridays For Future: “la vita e la salute delle persone vengono prima dei profitti”

16 Aprile 2021

[Roberto Loddo]

“Gli effetti della crisi climatica sono già qui, e, se non interveniamo, la scienza ci dice che la situazione potrà solo peggiorare. Soltanto, noi, le persone di tutto il mondo, unite, possiamo ribaltare questa situazione.”

Con queste parole Fridays For Future Italia il 17 marzo ha riempito le piazze in occasione della giornata mondiale di azione per il clima e nella giornata di ieri, in piazza davanti al Ministero delle economie e finanze ha chiesto al Governo Draghi un What ever It Takes per il clima, insieme a Greenpeace Italia e Extinction Rebellion Italia. Un Recovery Plan per la Transizione Ecologica, per tutelare le persone prima che le grandi aziende che blocchi definitivamente i fondi pubblici ai combustibili fossili, agli allevamenti intensivi, alle grandi opere e alle aziende inquinanti e orienti gli investimenti nelle energie rinnovabili, nell’agricoltura ecologica e in un trasporto pubblico capillare ed efficiente.

Il manifesto sardo ha discusso delle proposte del movimento con Martina Comparelli, una delle nuove portavoce di Fridays For Future Italia, esperta di gestione delle crisi umanitarie e sviluppo dei paesi emergenti, laureata in Sviluppo internazionale e studentessa online di Climate Change and Health all’università di Yale.

Di quali azioni politiche ha necessità la nostra società affinché si attui la cosiddetta giustizia climatica?

Quando parliamo di transizione ecologica dobbiamo farlo basandoci sull’equità e la giustizia sociale. Perché la giustizia climatica non c’è se manca la giustizia sociale. Nel momento in cui si parla di trasporti e si parla di macchine elettriche e a idrogeno, come ha fatto il ministro Cingolani, va bene ma non è abbastanza, perché c’è chi non si può permettere l’acquisto di una nuova automobile. Bisogna lavorare molto di più sul trasporto pubblico, i trasporti pubblici di medio e breve tragitto.

Che giudizio date degli investimenti italiani previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sul trasporto pubblico?

Un giudizio negativo. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha stanziato pochissimi fondi, in questo settore c’è bisogno di più innovazione perché solo l’innovazione permetterà alle cittadine e ai cittadini più svantaggiati di muoversi in modo sostenibile e senza contribuire al riscaldamento climatico globale. Questo è solo un esempio di ciò che potrebbe essere considerato giustizia climatica in Italia.

Come si arriverà alla riduzione globale delle emissioni? Come fa oggi un Paese di economia emergente e in via di sviluppo che vive una forte disuguaglianza sociale a praticare la giustizia climatica?

È evidente che la sostenibilità non è raggiungibile dove ci sono problemi di sostenibilità umana e sussistenza. Nel mondo, si potrà arrivare alla giustizia climatica solo se i Paesi più sviluppati, quelli che si sono arricchiti inquinando, si mettano subito al lavoro per ridurre le emissioni per primi. Il punto è proprio quello di partire dai Paesi più sviluppati.

Perché è necessaria un’altra mobilitazione sotto lo slogan Basta false promesse? L’Europa non ha fatto abbastanza con il Green New Deal?

Nel momento in cui l’Unione Europea promette un Green New Deal e poi presenta una politica agricola comune che rinnega le attenzioni al clima e le riduzioni delle emissioni di CO2 che il Green New Deal programmava in questo caso parliamo di false promesse. Prometti una cosa e poi sottobanco ne fai un’altra. Bene i discorsi ma ora è necessario passare all’azione. Siamo in parte soddisfatti perché in due anni c’è stato un cambiamento di paradigma e si parla molto più di clima, ma non bisogna fermarsi alle parole, perché non è una moda o uno slogan la transizione ecologica, ma è la sintesi di politiche concrete, immediate e misurate, visibili anno dopo anno con obbiettivi nel 2030 e nel 2050.

Affermate che gli effetti della crisi climatica sono già qui, e, se non interveniamo, la scienza ci dice che la situazione potrà solo peggiorare. Quali prove concrete e visibili ci sono?

Le prove concrete e visibili del cambiamento climatico sono la causa dei quattro uragani che ci sono stati nelle Filippine in un solo mese e l’aumento degli incendi in Amazzonia e in California. In Italia le grandinate che hanno colpito il Centro e il Nord Est ci fanno comprendere come il mondo dell’agricoltura in Italia sarà il primo a soffrire del cambiamento climatico. Il 2020 è stato l’anno più caldo di sempre in cui la concentrazione di anidride carbonica ha continuato a crescere senza riduzioni rilevanti e con conseguenze drammatiche sulla temperatura media globale.

Lo scorso aprile, Fridays For Future Italia ha lanciato la campagna “Ritorno al Futuro” che raccoglie una serie di proposte per la ripartenza scritte insieme a scienziati, esperti e associazioni italiane. Quali sono queste azioni?

È una campagna molto vasta e articolata, sono azioni che darebbero il via alla transizione ecologica di cui abbiamo davvero bisogno, per assicurare in Italia e nel mondo, un presente e un futuro vivibili, nel rispetto della giustizia climatica. Chiaramente chiediamo la transizione energetica, pensiamo che l’economia dell’Italia debba avere un ruolo pubblico con riforme e innovazioni per nuove infrastrutture per le energie rinnovabili richiedono investimenti finalizzati anche a proteggere il mondo del lavoro e le fasce più svantaggiate dai possibili ricatti che molte aziende fanno ai danni dei lavoratori.

La transizione ecologica può creare posti di lavoro?

Può farlo ma è necessario un ruolo più forte dello Stato che garantisca questo processo. Bisogna poi ripensare la filiera agroalimentare con una riforma agro-geologica, bisogna investire sull’educazione e la formazione per fare il modo che si parli davvero di clima e di ciò che accade all’ambiente del pianeta e bisogna partecipare ai processi europei per chiedere obbiettivi più ambiziosi. Riteniamo poi la vita, la salute e la cura delle persone dovrebbero venire prima dei profitti.

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