Perché no?

16 Luglio 2013
tubi arancioni
Giacomo Oggiano

Giacomo Oggiano, nei numeri precedenti del Manifesto sardo, è intervenuto con alcuni commenti sulla politica industriale che viene proposta (imposta) in Sardegna. Lo ha fatto usando gli spazi limitati previsti dalle nostre norme redazionali. Avendo necessità di argomentare in modo più dettagliato le sue posizioni gli abbiamo proposto di intervenire con un articolo più ampio che ci ha inviato e che oggi pubblichiamo.
Tra noi permangono tuttavia le diversità emerse in precedenza. Né l’ironia né le accuse di ideologismo hanno reso più convincenti le sue posizioni. Noi non pensiamo che le attività esplorative tese alla ricerca di nuove fonti energetiche siano di per sé positive e perciò portatrici di progresso. Le carote di cui parla Oggiano spesso devastano il territorio e l’ambiente e i danni che producono hanno effetti permanenti. Non crediamo nella neutralità della scienza e nel suo primato rispetto ai bisogni degli uomini. Se vogliamo riferirci ad un esempio concreto di cui si parla in queste settimane non possiamo negare che l’eventuale ritrovamento del metano nel Campidano più che ai bisogni delle popolazioni locali è funzionale agli interessi della Saras che, non a caso, vorrebbe iniziare immediatamente la ricerca. (Red)

Sembra che un nuovo spettro si aggiri per L’Europa: la carota.  Non la radice arancione ricca di vitamine (e di pesticidi a seconda   della provenienza), ma  quel cilindro di roccia campionato da una sonda (o anche trivella per i no-triv) che ci da un’idea della stratigrafia della parte più superficiale della crosta terrestre  sintetizzandone la storia.  A vederla,  la macchina che produce carote non è differente  da qualsiasi  mezzo dotato di un motore, non diversa, e di non diverso impatto, rispetto ad una grossa pala meccanica, o ad una mietitrebbia, o ad una macchina per la raccolta meccanica  di quelle altre carote. Ma allora perché tanto accanimento contro  l’esplorazione, diretta o indiretta, del sottosuolo?   E già, e se poi si scopre che nel sottosuolo c’è davvero il metano? Meglio non fidarsi. Il metano può essere descritto con una formula chimica, perciò dev’essere qualcosa di velenoso, e perciò anche la metanizzazione dell’isola col  gas algerino va combattuta. E poi un tubo interrato del diametro di 70  centimetri lungo 300 chilometri, anche se non si vede e impatta meno di un villaggio Valtur,  è uno sfregio al suolo della madre patria sarda (Sic! Da un blog frequentato da identitari). Quindi abbiamo almeno due ragioni per il no: l’orgoglio nazionale ferito – ma più che altro la logica del  cane dell’ortolano :“ nel mio terreno non passi anche se ci gudagno, perchè  non voglio ci guadagnano anche altri” – e la difesa dell’ambiente ridotta a  fenomeno estetizzante dietro cui , però, possono nascondersi interessi veniali . La prima motivazione è dichiaratamente ideologica, quasi religiosa ( se ha senso la differenza fra fede e ideologia, ma non credo) , e quindi estranea alla sfera del razionale, la seconda è  ancora dettata da un mix di motivazioni ideologiche: nichiliste neoluddiste e neobucoliche a spese del terzo mondo. Quest’ultima motivazione, però, cerca anche giustificazioni che pretendono di rifarsi alle scienze, quelle buone coltivate dai buoni per smascherare quelle cattive, strumento dei cattivi che hanno come obbiettivo la fine del mondo in ottanta giorni.  Una tale visione rievoca il ruolo della scienza nel diamat  di staliniana memoria. La scienza, non è né buona né cattiva, deve operare in libertà ,  ha poche regole e, anzi , il progresso nella comprensione della natura, di regole proprio non ne ha avute. Forse è proprio questo aspetto anarchico che  dispiace a chi vorrebbe  sottomettere la conoscenza all’ideologia. Vero è che, se i suoi procedimenti non  sono neutri o estranei a condizionamenti storici, politici  e di classe, la scienza non è ideologia,   anche se ha alcuni riferimenti forti: il dubbio metodologico,  il rifiuto verità definitive, il dovere di verificare e /o falsificare le ipotesi attraverso la produzione di dati sperimentali.  Già, il dato e la sua interpretazione sono importanti,  e soprattutto è importante la loro attendibilità, il procedimento con cui sono stati ottenuti. Produrre dati e, a   partire   da questi, elaborare e verificare ipotesi è un lavoro duro,  che assorbe spesso in maniera totalizzante; ed è  qui che passa la discriminante tra  prodotti della scienza e prodotti del mito. Oggi, grazie quel prodotto della ricerca scientifica che è la rete, c’è chi il dato lo prende, anzi lo sceglie, direttamente da internet  e c’è chi prende (per buone) da Google  intere ipotesi  e teorie  confezionate da qualcuno, a seconda dei bisogni del momento, e le trasforma in verità assolute.
In un periodo in cui la tendenza è quella    di screditare la ricerca scientifica, come cattiva,  anti-ambientale, inutile, di casta,  fino all’insulto di nominare la Gelmini ministro per la ricerca,  fino a creare un mostro burocratico (Anvur)del costo di 300 milioni di euro per controllare e valutare quello che tutta la ricerca del settore pubblico fa con quindici milioni (in 3 tre anni),  non meraviglia che la scienza  sia la prima vittima della sottocultura della diffidenza. E il paradosso è che è proprio  la diffidenza  ad alimentare le credenze nei miti,  nelle fedi  nelle verità assolute propinate nel WEB. La diffidenza come malinteso diritto al dubbio che sostituisce il dubbio metodologico proprio della scienza.
Illuminante il saggio di Gerald Bronner, che ho avuto modo di acquistare in un mio recente viaggio di lavoro in Francia.  Lo studioso parte dalla semplice constatazione che  le informazioni del WEB sono concepite in funzione del punto di vista e degli interessi  di chi le somministra e non di chi ne usufruisce. In questo modo si propagano rumors miti, legende metropolitane, ipotesi complottiste, interpretazioni  forzate di teorie scientifiche,  che internet amplifica e semplifica. In un’analisi di una serie di blog l’autore constata che il mito propugnato (dai cerchi sul grano, alle civiltà nate da interventi extraterresti, al complotto interno sull’11 settembre, all’influsso degli astri sulle vicende umane ecc.) trova sempre la stragrande maggioranza di approvazione tra i blogger, mentre gli interventi a confutazione sono decisamente minoritari. La spiegazione invocata  è  la scarsa motivazione  degli uomini di scienza  – che ritengono,  come Huxeley nel caso dello spiritismo, sia tempo perso – a confutare  proposizioni nate da miti o ideologie; al contrario, chi  propone miti è spesso motivato, in maniera militante, da convinzioni religiose o ideologiche. Comunque sia, la rete è accessibile a tutti, e perciò democratica, a questa democratie des crédules è illusoria perché si basa sul rifiuto della verificabilità/falsificabilità degli enunciati.
I rumors sulle trivellazioni, sulle  devastazioni indotte dal fracking (idrofratturazione )  dilagano si gonfiano e diventano verità: terremoti di magnitudo  spaventosa compreso il terremoto dell’Emilia, anche se in Italia questa tecnica per l’estrazione di idrocarburi dagli scisti bituminosi  non è mai stata applicata ( occorrono autorizzazioni specifiche) e non ha niente a che fare né col terremoto né   coi sondaggi per il metano campidanese. Se poi andiamo a vedere la fonte e gli “esperti” che denunciano le devastazioni del fracking ( che magari in alcuni casi ci sono esistono, specie dove viene applicato con iniezioni di solventi per trattare le rocce bituminose ) sul WEB  troviamo registi , attori, qualche fisico andato a male buono per tutto lo scibile umano, militanti ambientalisti, ma mai un ricercatore del settore. Nella ricerca scientifica si può e si deve essere obbiettivi ; la ricerca si basa sull’onestà intellettuale ( ci sono ovviamente le eccezioni: vedi Stamina, i microscopisti al soldo di Grillo, ecc.), meglio gli stregoni che dicono quello che ci piace  sentire; magari anche che la Tre A di Arborea produce latte biologico, da vacche di razza shardanica,  in pascoli  montani e non inquina falde né lagune.

10 Commenti a “Perché no?”

  1. piero boni scrive:

    Condivido pienamente il senso dell’articolo, volendo, al netto dell’ironia.
    Però è davvero difficile non fare dell’ironia, di fronte a posizioni passate tutte al filtro dell’ideologia.
    La scienza è certo neutrale, mentre non lo è affatto l’uso delle sue scoperte e l’utilizzo delle sue applicazioni. E’ compito della politica, evidentemente, fare in modo che la scienza sia al sevizio degli uomini, di tutti gli uomini e non solo dell’industria e dei suoi padroni o manager o operai che siano, la quale industria, anch’essa, non è di per se buona o cattiva, inquinante o salvifica, ma legata al fine che si vuole perseguire ed è sempre compito della politica indicarlo. Ritenere che l’eventuale ritrovamento del metano nella pianura del Campidano serva solo gli interessi della Saras, escludendo, quasi per principio qualunque ricaduta positiva per le popolazioni , mi pare una posizione ideologica come quella che si critica, inerente alla neutralità della scienza. Se davvero nel Campidano ci fossero depositi di metano, di consistenza economicamente significativa, spetterebbe alla politica decidere se , come , in che misura e vantaggio di chi, estrarlo.
    Però per estrarlo, anche in via di ipotesi, bisogna prima cercarlo e per cercarlo, occorrono i carotaggi. E qui la scienza, ma anche il buon senso , ci dicono che i carotaggi procurano un danno ambientale minimo. Certo non maggiore di quello che produce l’allevamento intensivo delle vacche in quel di Arborea.

  2. Stefano Deliperi scrive:

    Parla, parla, parla, Giacomo Oggiano. Da scienziato martella e bombarda qualsiasi opposizione a gasdotti, perforazioni, ricerche minerarie varie.
    Chi si oppone è trattato alla stregua di un imbecille luddista.
    Con tutto il rispetto, legge quel che vuol leggere, ascolta quello che vuole ascoltare, parla solo di quanto gli interessa.
    Perché non ci spiega che cosa vuol dire lo studio di impatto ambientale del progetto di ricerca mineraria Saras s.p.a. presso lo Stagno di S’Ena Arrubia quando dice che “con riferimento specifico al podere in cui verrà perforato il pozzo esplorativo, si è accertato che tutte le acque di corrivazione, che dovessero comunque interessare l’area, verrebbero drenate dai canali che circondano il podere, per essere poi disperse nella fascia dunare o scaricate nello stagno di S’Ena Arrubia attraverso il vicino impianto di sollevamento”. In estrema sintesi, qualsiasi certa fuoruscita di sostanze tossiche, come l’idrogeno solforato e il mercurio, qualsiasi eventuali perdite di idrocarburi che malauguratamente dovessero avvenire nel corso delle trivellazioni, dopo aver contaminato la falda idrica nel sottosuolo, saranno “disperse nella fascia dunare o scaricate nello stagno di S’Ena Arrubia”.
    Perché non ci spiega per quale idiota motivo dovremmo accettare questo ennesimo disastro ambientale e perché centinaia di aziende, migliaia di lavoratori, una collettività locale dovrebbero rinunciare al loro lavoro, alla loro vita?
    Perché non ce lo spiega? Perché no?

  3. G.Oggiano scrive:

    Non vorrei essere travisato:
    1) la scienza, come tutti prodotti dell’intelletto umano, è storicamente e socialmente determinata; non credo alla sua neutralità, né alla neutralità dei ricercatori;
    2) Neutrali sono i procedimenti della ricerca, impermeabili alle ideologie. Chiunque è libero di credere al disegno intelligente o alla verginità della Madonna, ma non un ricercatore. Se così fosse dovrebbe cambiare mestiere;
    3) Per chiarire meglio il concetto di sopra: se un gruppo di ricercatori che opera nel monitoraggio di S’Ena Arrubia trova tenori di cadmio fuori norma nei sedimenti, le acque eutrofiche piene di fosfati e zolfo ridotto (idrogeno solforato) e spiega tutto ciò con l’influsso astrale, non sta facendo ricerca, sta facendo un servizio alla 3A sfruttando la presunta neutralità della scienza;
    4) se il metano servirà a rimpinguare le casse di Moratti e non creerà vantaggi alle popolazioni sarde è un problema politico. Personalmente sono comunista (niente di ideologico, è l’unica condizione per la sopravvivenza della specie), perciò credo che le fonti energetiche, come quelle alimentari e l’acqua, devano essere della collettività e non dei monopoli (grandi o piccoli che siano);
    Caro Deliperi, acqua di corrivazione – in idraulica- è l’acqua meteorica che scorre in superficie. Sei sicuro che la tua frase decontestualizzata si riferisse all’acqua sotterranea? Comunque tranquillo, anche col pozzo, la 3A potrà continuare ad appestare la falda e lo stagno.

  4. Luisella Caria scrive:

    “acqua di corrivazione – in idraulica- è l’acqua meteorica che scorre in superficie” ok, ma dove finisce? ad alimentare la falda acquifera, trascinandosi appresso i contaminanti di superficie, quelli della 3A, quelli degli eventuali idrocarburi ancora da ritrovare…sembra che l’ecosistema sia a compartimenti stagni. e che gli uomini che ci vivano ne siano avulsi, per cui tutti a elevare alti lai per i danni ai pascoli, alle acque all’aria. e intanto i sardi son diventati i tristi detentori del primato dell’incidenza dei tumori. ve lo scrivo a lettere cubitali: URGE BONIFICARE, NON TROVARE ALTRE FONTI DI INQUINAMENTO.

  5. Giacomo Oggiano scrive:

    Gentile Luisella, io, semplicemente, non sono sicuro che un sondaggio o un pozzo di metano siano necessariamente fonti di inquinamento, così come non mi sogno di dire che la ricerca di fonti energetiche sia di per sé positiva e fonte di progresso: basta guardare gli Emirati. Quanto alle acque corrive posso solo immaginare che l’acqua che scorre in superficie, col suo carico di pesticidi ed altro, vada a finire dove e’ sempre andata (stagno dune ecc.); il progettista deve garantire che non finisca nel pozzo. Lo so perchè – ebbene si lo confesso – anch’io ho trivellato. Ho trivellato anche in Africa per trovare acqua decente che non facesse ammalare di fluorosi ossea le popolazioni Meru e Masai. La loro poca acqua era “inquinata” da processi naturali. Nonostante le divisioni tribali nessuno si è opposto alle trivellazioni nel proprio territorio, anche quando l’acqua serviva altre etnie. Credo ne sia valsa la pena: le donne Masai non fanno più 8 chilometri col bidone in testa per recuperare un po’ d’acqua, per giunta malsana che provoca la fluorosi. Certo, lì non ci sono no-triv (anche se in alcuni casi sarebbe molto bene che ci fossero, ma non per motivi ecologici).In Tanzania lavoravo all’ombra del Socialism Pick del Monte Meru. Ora del socialismo di Nierere non è rimasto nulla; non ci sono idrocarburi, ma la maledizione è il land grabbing delle multinazionali e della Cina, che impiantano colture intensive che spargono pesticidi. Ringrazio red per lo spazio.

  6. Stefano Deliperi scrive:

    “Tranquillizzo subito Giacomo Oggiano: non ho decontestualizzato nulla. Sono considerazioni svolte dalla stessa Saras nello studio di impatto ambientale (allegato 9, studio idrogeologico, pag. 6). La 3 A e gli allevamenti bovini che hanno contribuito fortemente all’inquinamento da nitrati di terreni e falde sono impegnati dal 2005 nell’attuazione del programma regionale di bonifica ambientale (http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_73_20060406132059.pdf). Sembrerà strano, ma lo stanno facendo addirittura con risultati positivi, secondo i monitoraggi.
    Rimane comunque una considerazione banale: per tutelare l’ambiente e la salute pubblica non bisogna aggiungere rischi e carichi inquinanti a quelli esistenti, è necessario invece diminuirli. O no?”

  7. Laura Piras scrive:

    Ma lei è un geologo Signor Oggiano?

  8. Giacomo Oggiano scrive:

    Gentile Laura,
    mi complimento per la sua perspicacia.

  9. Laura Piras scrive:

    Prof Oggiano, a me viene invece difficile complimentarmi con Lei, troppo livore nelle parole di uno scienziato. Quel livore che non si vorrebbe mai leggere nelle parole di una persona che, come lei, ha la fortuna di respirare la Scienza. Vada oltre quel sentimento, non serve a nessuno, non serve a lei, né tantomeno alla Scienza, quella vera. Buone cose.

  10. Giacomo Oggiano scrive:

    Gentile Laura, normalmente si dovrebbe parlare di contenuti e non delle persone. Comunque tutto mi si può accusare tranne che di coltivare livore e di essere uno scienziato, al massimo potrei essere un buon ricercatore, ma ora vanno di moda i top scientist e i profeti. Comunque se ha ravvisato qualche passaggio da cui traspare questo sentimento, a me estraneo, La prego di farmelo notare, la mia mail è [email protected]. Semmai qualcuno ha ravvisato un atteggiamento ironico, che non ha apprezzato (visto che condivide l’articolo al netto di questo atteggiamento). Mi scuso con i lettori per la scarsa drammaticità profusa, ma non riesco a prendere sul serio il catastrofismo – non me ne vogliano i credenti se trovo la bibbia un testo comico – se penso che in un secolo siamo passati da un’età media di 38 anni ad una di 80.
    Di realmente disastroso (ma non catastrofico) c’è la condizione di molte popolazioni sfruttate da noi europei in Africa e in altri continenti e, per restare da noi, la condizione degli stagni dell’alto Campidano ( vedi la moria di pesci e di altre forme di vita dell’atro giorno). Lei si chiederà, e giustamente, quale sia il nesso tra i due eventi drammatici. Molto semplice: sono accomunati dal silenzio (o forse l’omertà?) che su di essi stende chi è impegnato in operazioni ideologiche che, a torto o a ragione, si ritiene paghino in termini di consenso.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI