Mossa d’anticipo

1 Dicembre 2008

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Marco Ligas

Renato Soru si è dimesso, è stato messo in minoranza dal Consiglio Regionale, ma sarebbe più giusto dire che si è concluso un braccio di ferro che andava avanti da tempo tra il Presidente e la sua maggioranza. Da una parte un modo, quello di Soru, di dirigere un’Istituzione pubblica con criteri che poco hanno a che vedere con la collegialità, dall’altra una componente della coalizione, il Partito Democratico, che concepisce il governo della cosa pubblica come uso di un bene privato.
Non sappiamo se Soru ritirerà le dimissioni, quindi se si andrà a votare a febbraio o a maggio/giugno. Immaginiamo che per gli addetti ai lavori questa differenza non sia ininfluente: disponendo di tre o quattro mesi in più si possono mettere a punto reti clientelari sfilacciate e individuare capi-corrente capaci di raccogliere più voti. È probabile perciò che la mossa di Soru puntasse a spiazzare i suoi avversari, a saltare le primarie e mettere i suoi compagni di partito davanti al fatto compiuto.
Comunque andrà, tra non molto ci saranno le elezioni regionali. Siamo consapevoli che bisogna fare i conti con queste scadenze anche se da anni non ci appassionano più a causa delle affinità degli schieramenti in lizza, della loro inadeguatezza e della lontanaza dai problemi reali delle persone.
Infatti, le condizioni di vita dei cittadini sardi sono preoccupanti: migliaia di lavoratori, forse anche più, stanno per perdere il posto, intere fabbriche si apprestano ad interrompere le attività produttive mentre crescono le istanze di cassa integrazione, il precariato si diffonde come tipologia di rapporto di lavoro ma al tempo stesso riduce il numero dei suoi occupati perché subisce anch’esso i contraccolpi della recessione. Le famiglie, come ormai tutti riconoscono, stentano a chiudere il mese in pareggio.
La crisi istituzionale di questi giorni ci dice che non c’è consapevolezza di questo stato di cose o, peggio, c’è irresponsabilità in chi governa la Regione e nelle coalizioni che si apprestano a designare i futuri candidati per la presidenza. Queste formazioni sono impegnate su altri versanti: minacciano la creazione di nuovi poli, subordinano il funzionamento delle istituzioni al superamento delle loro conflittualità e poiché queste non si attenuano le istituzioni rimangono paralizzate o procedono con estrema lentezza. In questo modo la politica continua ad essere qualcosa che sta al di fuori dei bisogni dei cittadini. É come se l’una e gli altri vivessero su livelli diversi, tra loro disgiunti o poco comunicanti.
Ma questo contrasto è il contrario della democrazia, perciò è destinato inevitabilmente ad alimentare fenomeni pericolosi di cui cogliamo anche in Sardegna le avvisaglie attraverso manifestazioni di egoismi, di intolleranza e di forme di criminalità che sinora erano esclusive di altre realtà sociali (significative e pericolose le vicende verificatesi nei mesi scorsi nella Sardegna nord-orientale).
In questa situazione di crisi qualcuno ipotizza la formazione di un terzo polo come strumento necessario per un cambiamento. Ha senso questa indicazione? Ne avrebbe se coloro che la propongono partissero dai bisogni indicati, se individuassero e proponessero percorsi credibili per affrontare la disoccupazione, il precariato, la formazione professionale e culturale delle giovani generazioni. Purtroppo stenta a delinearsi questa tendenza e a farsi strada un gruppo dirigente nuovo che abbia queste caratteristiche. Emergono invece personaggi o piccoli gruppi già messi ai margini dalle due coalizioni esistenti. Le loro proposte sulla formazione di un terzo polo non presentano novità rispetto ai proclami dei partiti di provenienza, contengono piuttosto risentimenti nei confronti delle formazioni dalle quali sono stati emarginati. Qualcuno non esclude neppure il passaggio da una coalizione all’altra. E per giustificare questo trasformismo vengono accreditate nuove analisi del conflitto sociale per cui non esisterebbero più né una destra né una sinistra, ma soltanto il liberismo e il mercato, magari controllati (meglio se sovvenzionati) dallo stato visti i pericoli a cui andiamo incontro. Un po’ di sardismo, possibilmente accompagnato da una difesa forte dell’identità, meglio ancora se sorretto dalla Lega, darebbe un’immagine più credibile alle proposte di rinnovamento!
Purtroppo anche le idee di chi a sinistra non si riconosce nella politica dell’attuale coalizione appaiono deboli e a corto raggio. Una sinistra che voglia fare davvero una politica alternativa, come suggerisce Francesco Cocco, non può farsi condizionare dall‘assenza di uomini elettoralmente forti. Tanto più che l’impegno affannoso nelle campagne elettorali e la necessità di essere comunque presenti, distraggono da qualsiasi ipotesi di rinnovamento e di ricerca.
Dicevamo prima che con le elezioni bisogna farci i conti, ma facciamoli senza cadere nell’attivismo. Il rapporto tra elezioni e rappresentanza nelle istituzioni, così come si è consolidato nel corso di questi ultimi anni, dovrebbe piuttosto far riflettere coloro che in nome della governabilità hanno accolto con favore leggi elettorali che nelle assemblee elettive hanno emarginato o indebolito le opposizioni sino a renderle del tutto ininfluenti. Una ripresa della sinistra passa anche attraverso una riconsiderazione di queste leggi perché rinasca un rapporto dialettico tra maggioranza e opposizione; in Sardegna questa esigenza comporta una correzione radicale della legge statutaria.
Prioritaria resta comunque l’attenzione per le politiche del lavoro, le uniche che possano garantire la fuoriuscita dalla precarietà e dall’arretratezza. Se su questo versante non si recuperano i ritardi accumulati nel corso di questi anni sarà difficile risalire la china. Ecco il compito che un gruppo dirigente nuovo, che si chiami o no terzo polo poco importa, dovrebbe svolgere anche nel corso delle campagne elettorali.

13 Commenti a “Mossa d’anticipo”

  1. Nino Sanna Manca scrive:

    Sono un tifoso di Soru e sarò cancellato al 70% come succede a miei amici che scrivono lettere a questo sito. Però spiegatemi anche con una mail personale cosa vuol dire che Soru non fa nulla in modo collegiale. Le delibere dell giunta le prende da solo? No mi pare. Soru è stata eletto dai cittadini sulla base di un programma che è il solo vero riferimento. Nessuno tocchi il programma! Non lo possono fare i consiglieri che vorrebbero stravolgerlo per farsi le speculazioni in campagna. E Soru fa bene a dimettersi contro questa idea di fare diversamente dal programma condiviso. Il resto lo sapete bene che conta poco, non siamo rimasti all’idea del ciu ciu nei corridoi, ai bigliettini passati da dietro la tenda. La sinistra ha perso troppi voti perchè si è accodata a questa finta collegialità del dietro la tenda. Ma lo sapete chi sono questi della corrente contro? Leggete i nomi della vecchia guardia, roba da trasalire. Sono questi i nemici dei sardi, non Soru.

  2. Redazione scrive:

    Caro Nino Sanna, una cosa che vogliamo evitare con i commenti è quella di alimentare il tifo o l’ostilità verso chiunque. Non ci piacciono questi atteggiamenti perché li riteniamo l’anticamera del fanatismo. Forse gli amici a cui ti riferisci non rispettano le norme redazionali che ci siamo dati. Comunque proviamo a confrontarci ugualmente sulle questioni che poni. La collegialità è un modo di essere, una caratteristica della vita di un gruppo che ritiene fondamentale e applica il consenso. Senza la collegialità si scivola verso l’autoritarismo. Soru, dici, è stato eletto sulla base di un programma; benissimo, ma tra un’elezione e la successiva ci deve essere qualche organismo che collabora col presidente per l’attuazione del programma? E non ci dovrà pur essere un altro organismo che esercita un controllo, che dà la direttive perché quel programma venga realizzato? Se tutto ciò non avviene secondo regole precise non si cade nel populismo, con le conseguenze che tutti conosciamo? Bada che il fatto che ci sia una sinistra inadeguata (che usa abusivamente questo nome) non autorizza Soru o chiunque altro ad eludere le regole della democrazia. Questo è il senso dei nostri interventi. Ti invitiamo perciò a rileggere con attenzione tutti gli articoli che i redattori hanno scritto su queste questioni e a segnalarci dove il nostro giudizio ti appare squilibrato. Fai però questo tentativo senza essere prevenuto.

  3. Maddalena Mesina scrive:

    Non sono tanto capace a tradurre in parole chiare ciò che rifletto in questi giorni, anche a seguito dell’articolo di Francesco Cocco.
    Il timone marxista, quello che ci ha permesso di attraversare le acque perigliose del novecento, appare inadeguato a tenere la rotta e forse le definizioni “destra” “sinistra” riferite agli schieramenti politici in campo oggi appaiono più retaggi di schemi novecenteschi che reali differenze di vedute.
    Qualcuno su Micromega scriveva che se Bertinotti, anzichè andare a Porto Alegre e discettare sul Capitalismo avesse fatto un giro in Germania, Austria, Svezia e avesse studiato il loro “welfare” avrebbe fatto qualcosa di sinistra e non avrebbe contribuito all’odierno governo della destra.
    C’è stato, c’è, molto disincanto. E mortificazione. In questo panorama il “principe illuminato” è stato colui che ha risvegliato passioni sopite, che ha riconosciuto e spronato la nostra mortificazione anche perchè ci ha cercati paese per paese (da quando non accadeva?), ci ha parlato (a noi?) di politica come servizio e dovere….Pragmatico, con valori quali Lavoro, Onestà, Conoscenza, Solidarietà,Regole…Non era solo il nome elettoralmente forte. Forse non conosce la collegialità, e come lui, evidentemente, non la conoscono neanche i compagni della coalizione che spesso la scambiano per “formazione di gruppo…da contrapporre”. Nessun polo, neanche il terzo, sarà possibile e credibile finchè guidati dalle nomenklature conosciute. C’è troppa diffidenza.

  4. Sebastiano Demontis scrive:

    Anche io sono un fan del Soru Presidente, seppure per costrizione visto che tutte (proprio tutte!) le forze politiche in campo sembrano difendere soltanto gli orticelli dei loro consunti leader, veri o presunti.
    Questo discorso sulla collegialità è sempre lo stesso e, dal mio punto di vista, sembra semplicemente essere un tentativo di affondare chi ha seriamente provato a superare l’impasse in cui è finita la ns politica regionale. Impasse che faceva la felicità dei suddetti leader mentre produceva danni a tutti noi.
    Oggi sarebbe il caso di dire: da impasse ad impasse il passo è corto!

    Visto che attualmente si citano le raffinerie inquinanti non più per l’orimulsion, o per le leucemie, ma per dichiarare che vogliamo mantenere posti di lavoro e salvare dal dramma le famiglie colpite sarebbe ora che NOI si proponesse anche tramite questo giornale che strategie seguire a riguardo.
    Strategie propositive e di ampio respiro non i soliti aiuti pubblici (clientelari???) che vengono mangiati dai sindacati locali e dagli imprenditori. Non l’immobilismo che non produce niente tranne sterili diatribe che fanno la felicità dei professori, degli avvocati e dei giornalisti (con alcuni che ricoprono il ruolo dell'”uno e trino” quand’anche non siedano nelle comode poltrone del Consiglio Regionale).
    Siamo noi la Sinistra, non quella indicata come inadeguata!
    Infine ringrazio la redazione e segnalo una posizione che mi pare squilibrata e che si può leggere nell’editoriale di qui sopra: “La crisi istituzionale di questi giorni ci dice che non c’è consapevolezza di questo stato di cose o, peggio, c’è irresponsabilità in chi governa la Regione(…)”, è comunque una posizione legittima, chi dice che non si deve essere squilibrati?

  5. Tanino Vasari scrive:

    Io credo che Soru faccia tutto in modo piuttosto collegiale. Prima ha concertato con Murdoch e Sky Italia la cessione di Tiscali Uk mentre la borsa italiana andava a picco e nel mentre ha colto la palla al balzo e si è dimesso. Comunisti leggiamola la pagina economica e non raccontiamoci balle.

  6. Paolo Casu scrive:

    …che dire… “quoto” interamente, come si dice in gergo, quanto scritto da Nino Sanna Manca e Maddalena Mesina. Si discetta di collegialità e di scivolamento verso l’autoritarismo, di regole democratiche tradite o snobbate. Non capisco. Renato Soru ha una Idea di Sardegna, di quello che può essere quest’Isola (si, con la maiuscola) e di cosa bisogna fare per realizzarla. Vuole uno futuro basato su sviluppo sostenibile, tutela ambientale, cultura, conoscenza, ricambio generazionale. Non vuole l’industria importata che ha distrutto il nostro territorio nel giro di un walzer, e che alla fine della musica se ne va senza lasciar nulla, competenze comprese. Ha iniziato, passo passo, con scelte difficilissime, vedi per esempio la prima causa di frattura con quella che doveva essere la sua coalizione, la chiusura dei cordoni della borsa per la falsa formazione. Tutti gli altri? Tutte le mummie che hanno sbraitato in questi anni perchè non arrivavano all’uva? Che idea hanno del nostro futuro? Li paghiamo per pensare, programmare e agire per una Sardegna migliore. Se sono rispettate le regole, quelle scritte, chiare, il resto è aria fritta. A mio parere.

  7. Antonio Salis scrive:

    E’ curioso questo scivolare del Manifesto sardo verso le posizioni di una componente, quella soriana, del PD. Oggi ci si può aspettar di tutto, ma il Manifesto sardo (ed invero anche quello nazionale, quando tratta di cose sarde) come supporto di una corrente del PD, questo proprio no! Compagni della redazione, non è che dobbiate rivedere qualcosa nelle vostre riflessioni?

  8. Maddalena Mesina scrive:

    Mi dispiace che il dibattito scivoli sul pro o contro Soru, non era questo l’intento del mio scritto. Semplicemente volevo dire che tra l’attivismo e l’immobilismo votando Soru avevamo scelto la speranza del piccolo passo nella giusta direzione. Certo ci troviamo in grande impasse e non è tutto irresponsabilità politica. Io non vedo un terzo polo che non cada nel gorgo delle correnti.
    La connotazione surreale della nostra civiltà, il nichilismo, la violenza, la sfida ecologica – cui non basta, in risposta, un protocollo di Kyoto – richiedono un profondo cambiamento paradigmatico. In fondo il capitalismo è l’espressione del paradigma cartesiano che separa la rex cogitans dalla rex extensa. E nella rex cogitans il pensiero e il sentimento. Il fascino sottile di Renato Soru, o di Nichi Vendola, e di Luigi Pintor e di tanti altri “grandi” sta nel dare cittadinanza politica (anche) al SENTIMENTO. Perdonate i salti e sappiatene leggere i paragrafi mancanti. Mi piace tornare a Marx : a ciascuno secondo i propri BISOGNI e da ciascuno secondo le proprie possibilità. Non è solo una indicazione per una equa politica fiscale, ed è fuori da ogni escatologia. La nostra generazione ha solo tempo per fare un piccolo passo, non terzi o quarti poli. Ai giovani il testimone dei nostri valori, non la nostra ideologia. Saluti

  9. Gian Luigi Deiana scrive:

    Credo anch’io che “Il manifesto sardo” condivida con la stampa nazionale allineata al PD la corrente generale di sostegno a Soru, e che le notazioni critiche siano di corollario. A me sembra una posizione sbagliata. La quintessenza del mitico “programma” del governatore stava nella tesi “Non deve più esistere alcuna istanza centrale del sistema, Stato o Regione, che si ponga come garante dell’interesse generale”. E’ testuale.
    Condivido il senso di ciò che dice Elio Pillai: se le coste sono questione prioritaria, chi ha responsabilità di governo non deve trattare privatamente affari di coste (idem per “tutti” gli affari socialmente primari).
    Cara Maddalena, non vi è in Cartesio rex cogitans nè rex extensa (è la “res”) e non capisco che c’entri il capitalismo. Altri refusi sono però eloquenti: Renato Soru, ospite di Fazio senza vincolo di par condicio e con domande prefabbricate, ha evocato solennemente un tale Vittorio Foa’. Foa’, come Arnoldo. Quando il Potere si perde in prediche è utile vedere dove cade la maschera.

  10. Redazione scrive:

    Caro GianLuigi, vedo (vediamo) che il vecchio vezzo ideologico di dividere il mondo in due parti stenta ad andare in soffitta. Anche tu questo vezzo lo riproponi con determinazione. Che cosa possiamo dirti, che è difficile dialogare con chi è così deciso e sicuro nell’etichettare i propri interlocutori come fai tu, ma un tentativo possiamo farlo.
    Perché non provi (proviamo) a riflettere, lasciando una buona volta da parte Soru, su ciò che la sinistra potrebbe fare per risalire la china in cui si trova, magari approfondendo i temi del lavoro, dello sviluppo sostenibile (necessario soprattutto oggi a causa della recessione che stiamo subendo), dell’istruzione e della formazione professionale. Qualche tentativo mi pare che lo stiamo facendo: magari puoi anche cogliere – per quanto in sè non sia molto importante – che non è in linea né con Soru né con le varie anime del PD sardo, e tanto meno con la stampa nazionale allineata al PD….. E perché non provi (proviamo) a fare tutto ciò con modestia lasciando da parte quegli atteggiamenti saccenti che portano inevitabilmente a redigere classifiche del tutto arbitrarie dove i nostri interlocutori sono sempre dalla parte del torto?

  11. Gian Luigi Deiana scrive:

    Cara redazione, sono stretto tra le domande che mi rivolgi e l’impegno a non redigere interventi consecutivi. Comunque rispondo almeno per evitare malintesi. Il mio “commento” precedente è quasi l’ultimo di una lunga serie relativa all’editoriale (Mossa d’anticipo) e resta nel tema che ha preso forma con la sequenza di interventi: l’editoriale propone una rete argomentativa (Soru-istituzioni-partiti-terzo polo-sinistra-gruppo dirigente-lavoro) che nel suo testo e nei commenti gravita su Soru. Ho avuto il torto di insistere anch’io e per di più in modo manicheo. Il fatto è che la nostra vicenda democratica è in una prigione (bipolarismo, presidenzialismo, ecc.) ed è difficile argomentare come se essa non ci fosse. Questa prigione che riduce all’impotenza o al rifiuto parte del popolo della sinistra diventa per molti un’idea fissa e io ne sono reo confesso. Credo che la spirale avviata con l’opzione bipolare e con l’opzione delle privatizzazioni (da Occhetto e dal primo Prodi in poi) abbia prodotto un integralismo che ingoia sistematicamente il vivo (v. Rifondazione; v. le opposizioni istituzionali) accelerando il processo della spirale stessa. A parte i vizi di saccenteria credo di avere il diritto intellettuale di vedere il destino della sinistra “solo” fuori da questa spirale, e nel caso il dovere politico di contribuire ad aprire un percorso alternativo. Su questo secondo piano considero con assoluto rispetto (anche in caso di disaccordo) il vostro impegno dialogico. Ciao

  12. Massimo Mele scrive:

    Strano scambio questo. Siamo davvero al punto di “O con me o contro di me”? Spero di no. Io non ho votato Soru, forse perchè rifiutavo l’idea di un manager al Governo della Sardegna, forse perchè mi dava fastidio un miliardario che si costruisce con i soldi il proprio partito, forse per altro. Ma devo dire che nel deserto politico sardo e andando un pò indietro con la memoria a qualche legislatura fa, credo di esseremi ricreduto. Per quanto credo che la sua gestione sia stata in qualche modo autoritaria, credo anche che con i pescecani presenti in Regione, un pò di autoritarismo (amministrativo s’intende!) era necessario. Alcune cose su Soru possono anche essere vere, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Non voglio elencare le cose positive che ha fatto a partire dal PPR, perchè dovrei elencare anche quelle negative. Ma non nego il fascino che ha esercitato sulla popolazione sarda parlando di identità, di difesa del territorio dalle servitù militari oltre che dal cemento, di sviluppo sostenibile, della possibilità, per la nostra terra, di un nuovo inizio. La politica non è solo atti formali ma anche immaginario collettivo, senso d’appartenenza, comunità e sopratutto “credere in un futuro”. Se votassimo adesso credo che lo voterei per la prima volta, a prescindere da tutto, solo per averci permesso di sognare una Sardegna diversa.

  13. Sebastiano Demontis scrive:

    per caso, soltanto per caso mi è capitato tra le mani la pag odierna (18.12.2008) dedicata agli sms/mail/lettere di un quotidiano gratuito sardo-punico-italiano. Un tal Antonio Dessì ci faceva sapere che gli astenuti alle elezioni abruzzesi, così come noi tutti, sono in attesa di un Obama. Che noi, spettatori di una lotta tra il monarca ed ex/attuali oligarchi, aspettiamo Obama.Aspettiamo il Messia!!!
    Caro Dessì ti chiedo: dovrà essere anche figlio di Dio?
    O sarà sufficiente che sappia dire Sì a tutti gli amici e che, nel contempo li tenga tutti uniti nella via del Signore? anzi nella via degli on. signori!

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