Sardi feudatari

16 Marzo 2010

stiglitz

Alfonso Stiglitz

Comente a bois, Barones, / Sa cosa anzena est passada? / Cuddu chi bos l’hat dada / Non bos la podiat dare. (Come a voi, Baroni, / La cosa altrui è passata? / Chi ve l’ha data / Non ve la poteva dare).
Questi versi dell’Inno Sardo mi ritornano in mente ogni volta che mi capita di parlare di Tuvixeddu-Tuvumannu, la più importante area archeologica della Sardegna. Un sito che ci propone i segni di vita dall’età preistorica sino ai giorni nostri e che tra le varie qualità ha quella di conservare la più grande necropoli punica con tombe a camera al mondo. In effetti resta ancora da capire come delle emergenze archeologiche, le più importanti delle quali sono ipogee, possano essere state di proprietà privata, oggetto di compravendita e, infine, di accordi. Che tutta l’area di Tuvixeddu-Tuvumannu fosse area archeologica intensamente documentata è cosa nota, e non da oggi. Come in queste aree abbiano potuto costruire, e possano ancora, rimane un autentico mistero. Il cinque marzo scorso il Consiglio Regionale della Sardegna ha approvato un ordine del giorno con il quale impegna la Giunta “alla predisposizione di un apposito progetto di legge funzionale all’acquisizione al patrimonio pubblico, anche con il concorso finanziario dello Stato e nelle forme più convenienti all’interesse pubblico, delle ulteriori aree della necropoli del Colle di Tuvixeddu riconosciuto come bene unico paesaggistico culturale e ad istituire un parco archeologico-ambientale di fondamentale importanza culturale ed economica per Cagliari e l’intera Sardegna”. Un atto di estrema importanza in quanto unitariamente preso dai rappresentanti del popolo sardo in quanto per Tuvixeddu-Tuvumannu, ma direi per tutte le aree che conservano testimonianze della nostra identità, viene posto il principio che venga prima il diritto collettivo e che sia questo a guidare le scelte. Nessuno, e io men che mai, si illude che un ordine del giorno possa cambiare la situazione se a esso non seguono atti concreti quali, ad esempio, una legge. Il problema da ora in poi sta nel dare forma e sostanza a questa legge e agli interventi che si deciderà di fare. Ciò significa in primo luogo tornare sul terreno, perché se si vuole fare un Parco archeologico e paesaggistico è da lì che bisogna partire. Sino ad oggi, infatti, si è scelto il processo inverso, prima l’idea di edificazione e poi, in cambio, la cessione di aree per fare il Parco, infine la progettazione di questo. In altre parole il progetto non è stato fatto sulla realtà concreta dell’area archeologica, nelle sue dimensioni e nella sua straordinaria qualità, ma sulla base di delimitazioni fisiche e culturali determinate dalla edificazione di ville, palazzi, strade, parchi giochi. Questo è avvenuto con il serpentone di palazzi di viale Sant’Avendrace, con i nuovi palazzi di via Is Maglias, con i nuovi edifici dell’Università. Che l’ordine del giorno abbia un peso notevole è facile da dimostrare. Già si avevano le avvisaglie che qualcosa si stesse incrinando dal punto di vista politico quando, alcune settimane fa, l’Unione Sarda iniziò a pubblicare le intercettazioni e lo fece, sorprendentemente, a partire dall’ing. Cualbu e dall’on. Manninchedda. Al di là della pubblicazione, che personalmente ritengo un aberrante modo di mettere alla gogna delle persone senza possibilità di difesa, si notava un deciso cambiamento di rotta del giornale. Quindi è partita una “forsennata” campagna di stampa con infiammati e minacciosi articoli sulle possibili conseguenze devastanti dell’ordine del giorno. Questo fa pensare che la semplice proposta unitaria di ripensare lo spazio urbano di Tuvixeddu-Tuvumannu, approvata nel massimo luogo di rappresentanza dei sardi, metta in crisi un potente sistema di potere che allungava e, ancora, allunga le proprie ombre sulla nostra capacità e possibilità di decidere della qualità dei nostri centri. Un’ombra ben simboleggiata dalla lunga fila di palazzi che stanno trasformando Tuvixeddu-Tuvumannu in un giardino condominiale. Ma anche un ombra fisicamente concreta come quella che da tarda mattinata si allunga sul quartiere di Sant’Avendrace grazie al nuovo palazzo di Santa Gilla. Un autentico mostro edilizio, di cui poco ancora abbiamo parlato e che è riuscito nell’impresa, millenaria, di spezzare quella linea del paesaggio cagliaritano che il poeta Claudio Claudiano aveva cantato, rendendola famosa, nella tarda antichità. L’ordine del giorno rende possibile capovolgere l’approccio, il che comporta in primo luogo che i lavori di predisposizione della legge debbano tenere conto dei dati scientifici; non dimentichiamo che le due Università, Cagliari e Sassari, nonché molti studiosi hanno preso chiare posizioni su questo. Una volta tanto si sentano queste opinioni prima di fare una legge. Da parte mia, mi sento di suggerire, a chi verrà chiamato a portare un contributo scientifico alla tutela di Tuvixeddu-Tuvumannu, di evidenziare la reale estensione della necropoli punica, a partire dalle tombe a camera presenti sulla salita di Buoncammino e nella via Is Maglias; ma anche di non dimenticare l’importante e complesso settore preistorico che da Via Is Maglias, lungo il Tuvumannu, arriva fino alla Casa dello Studente, via Trentino, via Basilicata, dove è stata rinvenuta e distrutta dai supremi interessi edilizi la più importante necropoli a domu de janas di Cultura Monte Claro della Sardegna. Qui ci sono aree ancora vuote, scampate all’edilizia e dove è altamente probabile che siano conservate intatte altre domus. Non dimentichiamolo. Ciò significa anche che il lavoro della Commissione regionale del Paesaggio che propose il vincolo paesistico fu un buon lavoro, come sta sempre più emergendo, non ultimo in via giudiziaria. Quale morale trarne? Da tempi lontani la Sardegna è oberata da feudatari, caseari, palazzinari, industriali determinano le sorti dei sardi, evidentemente buoni solo all’obbedienza verso i prinzipales. L’auspicio è che venga fuori un nuovo Alternos, questa volta come soggetto collettivo, in grado di portare a termine l’abolizione del feudalesimo che un altro Alternos, Giovanni Maria Angioy, tentò qualche secolo fa senza riuscirci, per la viltà di molti.
A questo punto, a differenza di tanti inni nazionali, ormai antiquati, possiamo dire che il nostro si mantiene ancora attuale: Procurad’e moderare / Barones, sa tirannia / Chi si no pro vida mia / Torrades a cu’ in terra! E scusate la parafrasi.

1 Commento a “Sardi feudatari”

  1. Gianpaolo Ruzzante scrive:

    Anche dalla Thailandia seguiamo con interesse…
    Grazie che esisti Stiglitzeddu

    Paolo e Anny

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI