Soru, Internet e le Case del Popolo

1 Marzo 2009

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Franco Tronci

1. Due giorni dopo la disfatta elettorale, “Repubblica” in un servizio da Cagliari, che riportava la discussione, tenutasi al quartiere generale di Soru, attribuiva all’ex presidente della giunta l’affermazione: “Internet non basta, dobbiamo costruire le Case del Popolo”. Confesso di aver accolto l’affermazione come un doveroso risarcimento a chi, come me, ha vinto, all’ultimo momento, in chiave antiberlusconiana,, per la prima volta nella vita, la tentazione, presaga di pesante sconfitta, all’astensionismo.

2. La frase citata contiene il riconoscimento che, per la Sinistra e per il Paese, un’inversione di tendenza non è possibile se non rimettendo in discussione i contenuti e i modi del fare politica. In particolare, il ruolo che l’informazione e la comunicazione svolgono nell’elaborazione dei programmi, nella costruzione intorno ad essi di consenso e aggregazione, nel promuoverne la circolazione. Si tratta anche, in parole povere, di fare i conti con il cosiddetto modello di “partito leggero”, con l’enfasi eccessiva posta sul ruolo miracolistico svolto dai mezzi di comunicazione di massa come sostitutivi di antiche e collaudate pratiche di impegno politico.

3. La domanda impellente, l’hic et nunc, è: come ricostituire una coscienza critica di massa, capace cioè di leggere la realtà, di coglierne le contraddizioni, di progettarne la trasformazione, di aggregare individui motivati da interessi concreti, da valori condivisi e renderli disponibili all’impegno, alla lotta, alla “pratica dell’obiettivo”? L’interrogazione, naturalmente, non può prescindere dalla consapevolezza che da più di trent’anni la proprietà e l’uso dei mass media (televisione, radio, stampa, editoria) sono stati programmati per riportare il paese a forme di regressione, di imbarbarimento, di analfabetismo di ritorno. Tutte cose facilmente deducibili dalla facilità con la quale si consolidano nel senso comune idee e pratiche fondamentaliste, xenofobe, squadristiche.

4. Nonostante qualche cervello balzano sostenga ancora che sarà la Rete a far uscire il mondo dalla grave crisi che attraversa, sono evidenti a tutti gli effetti della bolla speculativa che, circa un ventennio fa, faceva parlare di new economy e delle magnifiche sorti e progressive legate all’uso ed alle continue trasformazioni (conservazione e trattamento dell’informazione, produzione di testi e di forme multimediali, progettazione di strutture organizzative, utilizzazione commerciale delle potenzialità comunicative, editoria, ecc., ecc.,) rese possibili da una tecnologia in continua evoluzione. Senza nostalgia per le pratiche luddistiche, sarebbe tuttavia utile, facendo ricorso ad un sano materialismo e restituendo visibilità all’economia reale, segnalare gli infausti effetti provocati dalla new economy sull’occupazione in interi settori della produzione, circolazione e consumo di merci, sulla banalizzazione delle professionalità, sull’esclusione di intere popolazioni e strati sociali dai benefici del sistema ( non a caso gli indiani stanno cercando di produrre PC che non costino più di dieci dollari). Tutti effetti provocati da una diffusa mitografia che vede impegnati intellettuali ed economisti non disinteressati.

5. Non credo di suscitare reazioni eccessive sostenendo che le mitografie alimentano spesso fenomeni di narcisismo, solipsismo, manie di grandezza. L’apertura di un sito personale, oltre che alimentare il chiacchiericcio e intasare vieppiù una Rete ormai al limite della sopportazione e carica, tra l’altro, di messaggi moralmente discutibili (dalla pornografia  alla pedofilia e via discorrendo fino alle attività commerciali truffaldine), trasforma la comunicazione in dialogo fra individui solitari, compartecipi spesso di una realtà immaginaria, talvolta spaventati all’idea del confronto con le durezze del mondo. Un blog non fa diventare, di per sé, scrittori, artisti, tantomeno dirigenti politici. I messaggi della posta elettronica possono avere la stessa inconsistenza, la stessa assenza di spessore semantico degli anonimi e stereotipati volti dei manifesti elettorali che, a migliaia, hanno deturpato le strade durante la recente campagna elettorale. Chi sono? Che passato e che futuro hanno? Che idee sostengono e come intendono realizzarle?

6. La frase soriana da cui abbiamo preso le mosse ci induce a sostenere che alcune delle illusioni cominciano a cadere e che dietro la nebbia degli spot e della fraseologia tecnocratica si presenta una realtà economicamente, culturalmente, politicamente difficile. Non a caso, lo stesso governo, con il taglio dei finanziamenti, sta facendo saltare i programmi di alfabetizzazione informatica prevista dalle tre “I” della Moratti. La cosa non dovrebbe spaventarci eccessivamente visto che anche senza la Rete questo paese è riuscito, in passato, a produrre una delle costituzioni più avanzate del mondo, leggi sociali del calibro dello Statuto dei Lavoratori e della legge Basaglia, risultati non disprezzabili nel campo delle scienze e delle arti.

7. Un vecchio maestro della Filosofia della Prassi sintetizzava l’essenza dell’agire politico nella formula: conoscere il mondo per modificarlo. Da questa lezione di sano materialismo occorre muovere per riprendere il cammino. Non è un vezzo passatista ricordare come il movimento operaio nel costituire le prime Società di Mutuo Soccorso considerava l’insegnamento della lettura e della scrittura uno dei loro scopi prioritari. L’alfabetizzazione è stata d’altronde considerata fondamentale dai grandi movimenti rivoluzionari del Novecento. Oggi può essere anche intesa come metafora della necessità, per la politica, di mettere insieme persone e bisogni reali. Volendo, si possono facilmente immaginare Case del Popolo nelle quali, accanto al calcio balilla di vecchia memoria, siano presenti PC di ultima generazione che rendano più agevole e rapido il lavoro di informazione e organizzazione.

1 Commento a “Soru, Internet e le Case del Popolo”

  1. Giuseppina Mameli scrive:

    Meno Internet e più contatti personali è stata anche l’infelice uscita di Franceschini segretario, tipica di una cultura che vive con difficoltà i tempi che cambiano, anche quando scrive e pubblica queste critiche nella stessa Rete. Il vero problema è riempire di contenuti il PD e il centrosinistra in generale, fare una sintesi unitaria delle tante, troppe anime che lo compongono.
    Soltanto dopo si potrà pensare a come veicolare le informazioni e cercare consenso e condivisione tra i cittadini-elettori, sia tornando alle case del popolo che utilizzando i nuovi sistemi, che non sono affatto in competizione con quelli più tradizionali, perché gli uni non escludono gli altri.

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