Sui diritti delle educatrici e degli educatori della Sardegna

13 Settembre 2023

Murale di Zed1, Cercarsi negli altri, San Gavino Monreale, 2017

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Pubblichiamo la nota del comitato per i diritti degli educatori e delle educatrici professionali della Sardegna.

Sulla spinta del Comitato Diritti Educatori Professionali Piemonte, nell’aprile 2023 a Cagliari è natoil Comitato Diritti Educatori/Educatrici Professionali Sardegna. Così come da noi, colleghə di Marche, Lombardia ed Emilia-Romagna si sono riunitə in organismi simili e altri se ne stanno formando in altre regioni italiane.

L’intento del Comitato Sardegna è quello di sensibilizzare istituzioni, enti e territorio rispetto alle condizioni lavorative e contrattuali di professionistə del mondo educativo.

In particolare, vogliamo segnalare la situazione dei servizi di Assistenza Educativa Specialistica Scolastica, dei servizi socioeducativi territoriali, residenziali e semi residenziali.

Attualmente, il servizio di assistenza specialistica scolastica non ha delle linee guida regionali su cui fondare i capitolati dei rispettivi appalti, creando differenze nell’organizzazione e gestione dei servizi in appalto. Tra le criticità più rilevanti troviamo:

-Le ore di assenza dell’alunnə non vengono retribuite. Educatrici/Educatori di riferimento, in queste occasioni non possono stare in classe, se non in rari casi in cui la singola cooperativa decide di stanziare fondi propri per la copertura delle ore;

-durante le vacanze di Natale e Pasqua, alcune cooperative attuano la sospensione del lavoro per cui le giornate non sono retribuite; altre, invece, prevedono l’obbligatorietà delle ferie e/o permessi;

-ogni anno il Servizio di Assistenza Educativa Specialistica Scolastica non ha inizio con la riprese delle lezioni, ma diverse settimane (a volte mesi) più tardi. Gli/le alunnə fruitori/fruitrici del servizio rimangono senza il supporto della figura educativa con il rischio di non essere inseriti in classe, venendo così meno il diritto all’istruzione come strumento per il pieno sviluppo della persona umana;

-viene attuata la sospensione contrattuale dal 10 giugno fino all’incerta ripresa del servizio (vedi sopra). Questo comporta l’impossibilità di percepire la Naspi o altri ammortizzatori sociali a sostegno della mancata retribuzione per educatori/educatrici che hanno un contratto a tempo indeterminato e che lavorano in cooperative che non consentono l’impiego in altri servizi da loro gestiti;

-la figura educativa è riconosciuta e valorizzata adeguatamente nei progetti finanziati con PNRR, attraverso il solo lavoro di mentoring e coaching, delegittimando così competenze proprie delle professioni educative normalmente già attuate.

Per tutti questi motivi, riteniamo opportuno l’istituzione di un Regolamento Regionale sugli appalti e sulla gestione dei servizi educativi, per equiparare il servizio nei diversi ordini e gradi di intervento, per fornire un servizio di qualità al supporto alle persone in stato di disagio e fragilità sociale.

Allargando le criticità ad altri servizi sul territorio, riportiamo:

-in molti servizi territoriali è previsto lo spostamento (con mezzo proprio) da un luogo di lavoro all’altro (anche distanti svariati chilometri) all’interno della stessa giornata lavorativa. Tali spostamenti non vengono riconosciuti come orario di lavoro, per questo motivo non vengono retribuiti né viene riconosciuto un rimborso chilometrico;

-notti passive nelle strutture residenziali e previste dall’attuale CCNL come “servizio con obbligo di residenza in struttura” dalle ore 22.00 alle ore 06.00. La permanenza notturna continua viene retribuita con un’indennità fissa e non viene riconosciuta come effettivo orario di lavoro notturno. Inoltre, essendo considerate ore “passive”, non rientrano nel monte ore settimanale ed è necessario recuperarle agganciandole al turno del mattino (senza rispettare le 11 ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore) o in altri turni durante la settimana;

-banca ore, strumento spesso utilizzato per non retribuire il lavoro straordinario e far lavorare gratis;

-in molte realtà si registrano inquadramenti contrattuali non adeguati alla mansione svolta e al titolo richiesto per la stessa.

Chiediamo il riconoscimento del lavoro educativo come lavoro usurante, in quanto svolto in condizioni lavorative basate su un’organizzazione del lavoro malsana, dove il rischio di burnout è frequente.

Pretendiamo che la supervisione, la formazione e le ore di equipe siano obbligatorie, continuative e retribuite in tutti i servizi.

Il problema è sistemico, è strutturale e a livello nazionale. Il CCNL è fermo al 2019 e sembra che i tempi per il rinnovo siano sempre più lunghi. Il rinnovo dovrebbe passare per una seria riscrittura delle norme che regolano la nostra prestazione, a partire dall’adeguamento delle tariffe orarie per laureatə. L’attuale paga oraria per la nostra professione secondo il CCNL è di 9,60€ LORDE, tra le più basse tra quelle per cui è obbligatorio il titolo universitario. Se il terzo settore svolge una funzione pubblica, come anche ribadito dalla cassazione, anche i livelli salariali e condizioni contrattuali dovrebbero essere adeguati alla funzione pubblica da esso svolta.

Negli ultimi anni, i tagli dei vari governi alla spesa pubblica, al fondo sociale e ai servizi socioeducativi hanno determinato una diminuzione radicale delle risorse. In queste condizioni, gli enti pubblici lamentano scarsi fondi e ricorrono a bandi al massimo ribasso. Alcune cooperative si trovano costrette ad accettare per sopravvivere, altre accettano ben consapevoli che i tagli si ripercuotono sugli stipendi di lavoratori/trici e, purtroppo, di riflesso su soggetti più fragili della nostra società: bambinə, adolescenti, donne vittime di violenza, anziani, persone con disabilità, stranierə, persone in povertà etc. etc.

Come professionistə riteniamo che la nostra figura professionale debba essere maggiormente riconosciuta e valorizzata socialmente, economicamente e contrattualmente affinché i progetti educativi abbiano pieno compimento ed efficacia.

Siamo professionistə che vogliono perseguire gli intenti del proprio lavoro attraverso la responsabile presa in carico e relativo sviluppo delle capacità e risorse delle persone a noi affidate; non siamo più dispostə a rinunciare a svolgere il lavoro per il quale abbiamo investito anni di studio e risorse economiche per conseguire un titolo accademico.

Chiediamo, quindi, una maggiore assunzione di responsabilità del mondo istituzionale e sindacale, in quanto sino ad ora non hanno adeguatamente provveduto a dare il giusto valore al lavoro di professionistə dell’educazione. È compito delle istituzioni, dei sindacati e delle associazioni di categoria modificare le condizioni di ordine economico, sociale e contrattuale che limitano, di fatto, la libertà e l’uguaglianza di lavoratori/trici.

Come Comitato abbiamo aperto le nostre pagine sui social aggiornandole costantemente sulle iniziative svolte e su quelle che vorremmo organizzare per aprire tavoli di confronto utili a raccogliere contributi e suggerimenti per migliorare i servizi dei quali facciamo parte. Riteniamo utile dialogare con tutte quelle realtà che possono supportare la nostra causa. Abbiamo bisogno di andare controcorrente per far sentire la nostra voce e sensibilizzare quante più persone possibile. Dobbiamo pensare ad un approccio in grado di metterci in condizioni di riaffermare il primato del bene comune sugli interessi individualistici riattivando i legami sociali, la valorizzazione delle unicità, la promozione delle responsabilità individuale e sociale.

Il mondo educativo è eterogeneo e sfilacciato, per cui è davvero complicato fare gruppo tra di noi. Sono tanti e diversificati i servizi, sono tante e diversificate le rivendicazioni, sono tanti e diversificati i pensieri a riguardo.

Per stimolare il cambiamento e il miglioramento delle condizioni professionali è necessario ritenersi individualmente responsabili, contrastare la cultura del disimpegno e della deresponsabilizzazione e mettere in moto tutte quelle pratiche, attività e azioni volte a promuovere un cambiamento socioculturale che soddisfi i sogni bisogni delle singole persone, dei gruppi e delle comunità.

Con queste righe il Comitato Diritti Educatori/Educatrici Professionali Sardegna CHIEDE pertanto, a tutte le persone che credono nella nostra causa, di esprimersi chiaramente e apertamente su queste problematiche. È tempo di agire. Prendere una posizione attraverso azioni concrete è un atto dovuto verso la tutela di professionistə che si occupano di perseguire le politiche sul welfare, nonostante le numerose difficoltà lavorative riscontrate nella quotidianità.

È possibile sostenerci attraverso la sottoscrizione del documento online (https://forms.gle/qa9d9cFxD5cvmL9Z6 ), seguendo le nostre pagine e partecipando agli incontri e alle iniziative.

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