Una fase nuova e più avanzata della nostra autonomia speciale
6 Luglio 2025[Massimo Dadea]
Più volte, in questi mesi, si è percepita l’arrogante volontà del Governo nazionale di smantellare quel che rimane della nostra Autonomia Speciale.
È di questi giorni la decisione, contenuta all’interno del nuovo Piano Strategico Nazionale (PSNAI), di abbandonare al loro destino le Aree Interne. Ad esse non si riservano neanche le “cure palliative”, quelle previste dalla pietas cristiana, ma una morte lenta e solitaria.
Vi è oramai una diffusa consapevolezza su quanto debole ed impotente sia diventata la nostra Autonomia Speciale di fronte alla prevaricante determinazione del centralismo romano.
D’altronde cosa si pretende da uno strumento, lo Statuto, che è stato concepito alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, quando non esisteva ancora la Comunità europea, le Regioni ordinarie, la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica e digitale.
Sarebbe però sbagliato se affrontassimo la questione della riscrittura dello Statuto, così come quella della riforma della legge elettorale, al di fuori e separatamente da un processo riformatore più complessivo.
Bisognerebbe avere l’ambizione e la testardaggine di pensare ad una riforma dell’intero istituto autonomistico così come è venuto configurandosi in questi primi settantasette anni di vita della nostra Autonomia.
Una fase costituente che insieme allo Statuto possa contestualmente procedere alla elaborazione della Legge statutaria e alla riforma della legge elettorale. In buona sostanza si tratta per un verso di rinegoziare il patto costituzionale che lega la Sardegna allo Stato italiano. Un patto tra eguali che assicuri alla Sardegna più poteri su tutte quelle materie dove più invadente è la presenza dello Stato. E per l’altro di avviare una profonda riforma dell’assetto istituzionale interno: una nuova Regione che nasca da una rivoluzione sia di tipo organizzativo che culturale, partendo dalla riscrittura della Legge regionale n.1/1977 in materia di organizzazione della Giunta e dell’assetto degli assessorati, di nuovi istituti di controllo e di partecipazione.
Per fare questo, dobbiamo affidarci ad un pensiero lungo e ambizioso che sia capace di rispondere ai grandi quesiti del tempo di oggi. Ad iniziare da quello più urgente: come può la Sardegna, nel tempo dei poteri sovranazionali e delle economie globali, partecipare da protagonista ai processi decisionali che la toccano più da vicino? Con quali strumenti la nostra Regione può interloquire con i grandi protagonisti del mercato e della finanza globale? Con quali poteri la Sardegna può aspirare a diventare il motore di una nuova prospettiva euro mediterranea: il ponte ideale tra le più importanti culture e religioni che si affacciano e si fronteggiano nel Mediterraneo?
Questi obbiettivi possono essere perseguiti solo attraverso un ampio e profondo coinvolgimento della società sarda in tutte le sue articolazioni, all’interno del quale diventa decisivo il protagonismo del Consiglio e della Giunta regionale.