Cagliari, mattone per mattone

1 Novembre 2009

scempio2.jpeg

Stefano Deliperi*

Cagliari è una città curiosa, per alcuni aspetti. Da un lato si spopola (meno 10 mila abitanti negli ultimi 10 anni, una media di mille residenti fuggiti all’anno), d’altro canto è sempre più affollata di appartamenti vuoti, attualmente se ne stimano 5-6 mila. La realtà è molto semplice e ridicolizza i proclami di ripopolamento della maggioranza di centro-destra che governa la città da 15 anni: le case a prezzi abbordabili in vendita o in affitto sono pochissime. E i prezzi rimangono artificiosamente alti perché nessun signore del mattone vuole perderci. Tuvixeddu, Magnolia, I Fenicotteri sono solo alcuni degli interventi attuativi in corso con vari strumenti giuridici. Nessuno scende sotto i 3 mila euro al metro quadro di superficie coperta. E l’Amministrazione comunale Floris coccola ed accoglie tutte le speculazioni possibili ed immaginabili. Grandi e piccole.
Basti pensare che il noto giornalista Alberto Statera, in un’inchiesta di qualche anno fa, definiva Cagliari la “città delle tre emme” per indicare i “pilastri” sui quali si regge la vita cittadina: “m” come “mattone”, “m” come “medicina”, “m” come “massoneria”. Qui non interessa parlare della “medicina”, dei grandi interessi che ruotano intorno alla sanità pubblica ed a quella privata, che pure esprime il sindaco Floris. Nemmeno interessa più di tanto parlare della “massoneria” e dei vari trasversalismi di questa Città. Per l’ennesima volta è il “mattone” il fulcro di quel che accade a Cagliari. Ed è l’interesse edilizio quello che ha pervaso il piano urbanistico comunale – P.U.C. che ha sostituito da qualche anno (2001) il vecchio piano regolatore generale – P.R.G.
Al di là delle enunciazioni di facciata (“Cagliari città ambientale”), la qualità della vita urbana è stata fortemente sacrificata in nome di interessi immobiliari sempre più invadenti. Una delle più evidenti dimostrazioni è stata data con la trasformazione delle tante – piccole o grandi – zone “S 3 – servizi pubblici” (es. verde urbano, parcheggi pubblici, scuole, ecc.) destinate a fornire i quartieri cagliaritani dei necessari “strumenti” per una buona qualità della vita mediante esproprio in zone “BS 3 *”, acronimo dal sapore iniziatico che indica le aree dove il proprietario può edificare sul 60 % della superficie (con un indice volumetrico di 5 metri cubi per ogni metro quadro di superficie) e deve cedere gratuitamente il 40 % al Comune per la realizzazione di quei servizi pubblici (verde, parcheggi, ecc.) che, comunque, si ritengono necessari. C’è, tanto per cambiare, anche la possibilità di una deroga, ovviamente in favore dei costruttori: se si dimostra che l’intervento edilizio con le condizioni ordinarie non è redditizio, si può chiedere di monetizzare una parte della quota destinata ai servizi pubblici. Bontà dei signori del mattone… Vien da sé che queste aree siano state di gran carriera accaparrate dai costruttori locali. L’affare è evidente.
Ma è così in tutta la città. Dalle ville progettate da Badas da abbattere sulla Via Milano alla nuova lottizzazione di Via Asti, dal “palazzone” incombente sulle Saline al posto d’una villa all’ennesimo palazzo su area archeologica in Via Mameli, dai cantieri nella Via Ravenna ed all’ex Istituto Biochimico allo storico rudere del Palazzo Aymerich trattato come un banale e volgare “vuoto” urbano, a decine e decine di casi simili.
Qualche volta – se sussistono vincoli ambientali e denunce ecologiste – la magistratura interviene e ferma procedure claudicanti, ma fin troppo spesso il mattone, vero e proprio dio minore della religione casteddaia, fa quello che vuole. Anche gli alberi, quasi con furia iconoclasta, vengono spediti nell’arcipelago gulag locale, con dirigenti comunali di settore furiosi per le difese ad oltranza ecologiste del verde pubblico.
Tutto il contrario di quanto dovrebbe accadere in una città attenta alla sua qualità ambientale, alla sua identità storica, alla qualità della vita dei suoi cittadini.
E nelle altre città sarde? Non accade molto di meglio: anche a Sassari e ad Alghero le ville storiche, spesso con ampi parchi, vengono “fatte fuori” per lasciare il posto a palazzoni tanto anonimi quanto fonte di lucro. Con la sciagurata legge regionale sul c.d. piano per l’edilizia recentemente approvata dal Consiglio regionale sarà anche peggio per le nostre città.
Oltre alle denunce ed alle attività di sensibilizzazione ecologiste, è fondamentale una presa di coscienza ed una mobilitazione dei cittadini. Se ci sono, è il caso che battano un colpo. In fretta.
* Gruppo d’intervento giuridico

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI