Manifesto della cucina neo-tradizionale

1 Novembre 2011

Piero Careddu

In una fase storica nella quale la scommessa ambientalista diventa un passaggio cruciale, anche un’idea nuova di cucina e alimentazione può diventare un potente contributo all’unica possibilità di evitare la distruzione della terra: cambiare modo di vivere, di nutrirci, di muoverci, di viaggiare, di comunicare. Questo Manifesto vuole essere un aiuto alla riflessione, lanciando l’idea della cucina militante anche tra le pareti di casa nostra.

La cucina Neo-Tradizionale  è una risposta alla attuale idea di alimentazione ingabbiata dentro gli schemi del consumismo e di un modernismo  ottuso  che uccide la dimensione identitaria  e culturale della gastronomia. E’ in antitesi  con il concetto di cucina moderna che, in nome di tutta una serie di forzature estetiche e ipertecnologiche, produce una mutazione del gusto e una mortificazione dei sapori originari passando sopra i più elementari concetti di rispetto dell’ambiente e dei suoi cicli naturali.

La cucina neo-tradizionale è basata sul rispetto di materie prime naturali attraverso forme di cotture semplici e quasi sempre brevi  che puntano al mantenimento dei sapori primari e delle consistenze dei prodotti stessi utilizzati.

La cucina neo-tradizionale non rifiuta in assoluto le tecnologie di base come i piccoli elettrodomestici  ma predilige l’uso di coltelleria tradizionale, mortai,  contenitori classici di cottura di metallo e /o terracotta, fuochi di legna o a gas, forni a legna e brace.

La cucina neo-tradizionale utilizza solo ed esclusivamente i prodotti della stagione e freschissimi, rifiuta congelamento e surgelazione dei prodotti e altre forme di conservazione come il sottovuoto, l’azoto e i conservanti di sintesi.

La cucina neo-tradizionale predilige l’utilizzo dell’olio extravergine d’oliva come unico grasso aggiunto. Promuove un uso moderato dei grassi saturi di origine animale e solo alle latitudini la cui tradizione ne contempla la presenza.

La cucina neo-tradizionale utilizza in maniera prevalente le materie prime del proprio territorio di appartenenza.  La salvaguardia delle tradizioni, della lingua, dei beni culturali, del patrimonio enogastronomico sono unite da un unico filo conduttore che è l’identità di un popolo.

La cucina neo-tradizionale prevede, da parte di chi  sceglie di praticarla, un approfondito studio e una vasta conoscenza delle tradizioni enogastronomiche della propria regione, una buona conoscenza delle cucine regionali del mediterraneo e degli altri paesi.  La tradizione non è chiusura ma abbraccio e comprensione di tutte le culture nel nome della fratellanza universale fra popoli.  Da ogni forma di cucina e di tradizione si può trarre insegnamento per migliorare la propria.

La cucina neo-tradizionale prevede la conoscenza della chimica alimentare e delle dinamiche legate alle varie forme di cottura e alla reazione dei prodotti ad esse.  E’ altrettanto importante un’impeccabile padronanza delle stagionalità di ortaggi, frutta e animali .

La cucina neo-tradizionale non spreca, cucina nelle giuste quantità, tende alla preparazione di pasti eccellenti ma senza ostentare abbondanze inutili. Ricicla e trasforma, ogni volta sia possibile, gli avanzi ancora commestibili e lavorabili. L’obbiettivo è mangiare meno e meglio.

La cuoca/o neo-tradizionale  acquista i prodotti delle sue preparazioni direttamente alla fonte riattivando la vecchia cultura del viaggiare per il proprio territorio alla ricerca delle eccellenze dei piccoli produttori.

La cuoca/o  neo-tradizionale non acquista prodotti preconfezionati di provenienza ambigua,  non utilizza congelati e surgelati,  precotti, liofilizzati. Si tiene alla larga da supermercati e cash&carry  privilegiando i piccoli commercianti che hanno un rapporto diretto col territorio.

La cuoca/o neo-tradizionale si pone come obbiettivo primario, ancor prima di una perfetta ed equilibrata riuscita dei propri piatti, la salute dei propri commensali. Lo fa con attenzione alle forme di cottura, ai contenitori, alla freschezza e alla pulizia dei prodotti utilizzati.

La cuoca/o  neo-tradizionale non può esimersi da una  scelta di vita radicalmente ambientalista con tutto quello che comporta: dalla raccolta differenziata dei rifiuti, ad un utilizzo misurato di tutto ciò che produce emissioni passando per il risparmio energetico ed idrico.

La cuoca/o  neo-tradizionale in quanto convinta/o ambientalista si fa promotore, da quel fortino che è la sua cucina e la sua professione, di battaglie ecologiste e di sensibilizzazione ambientale soprattutto nei confronti di agricoltori e allevatori.

La cuoca/o  neo-tradizionale è contro i brevetti delle materie prime alimentari, veri e propri beni comuni.
Qualunque persona, sia esso cuoco professionista, massaia, studente, lavoratore può praticare la cucina neo-tradizionale essendo essa basata su concetti semplicissimi di riduzione delle elaborazioni  dei piatti.  In questa idea di cucina la sottrazione di ingredienti è il suo stesso fondamento in contrapposizione ad una eccessiva elaborazione che spersonalizza le preparazioni.

Nella cucina neo-tradizionale è fondamentale l’apporto offerto dal vino e dalla birra artigianale quali ulteriori espressioni di linguaggio del territorio. Il vino e la birra, che nelle varie forme di abbinamento diventano esaltatori del lavoro della cuoca/o, devono essere preferibilmente scelti tra quelli prodotti senza chimica di sintesi, da vigne risanate dagli scempi dell’agricoltura intensiva e con i lieviti naturali.

In definitiva la cucina neo-tradizionale altro non vuole essere che la sintesi tra l’archeologia enogastronomica, che è la custode della memoria storica,  e la creazione di nuovi piatti della futura tradizione che può suggerirci un territorio risanato  e che riparte da una nuova idea di sviluppo economico e di rapporti sociali.

10 Commenti a “Manifesto della cucina neo-tradizionale”

  1. Piergiorgio Formigaro scrive:

    Un vero manifesto culturale. Lo sottoscrivo in maniera assoluta.

  2. Pietrina Chessa scrive:

    lo dico da anni e mi piace soprattutto il passaggio relativo al consumo di alimenti di origine animale!

  3. Tonino Arcadu scrive:

    Come non essere d’accordo, la salvaguardia delle tradizioni, del patrimonio enogastronomico, degli usi e costumi è certamente anche salvaguardia dell’identità di un popolo e sappiamo quanto in Sardegna abbiamo bisogno di recuperare identità.
    Se è vero che “etica” non fa rima con “politica”, però “identità” fa rima con dignità”.

  4. Marcello Madau scrive:

    Caro Piero, finalmente si stanno mettendo solide premesse per un discorso che unisca tutela dell’ambiente, cultura, desiderio, piacere e politica. Da quest’ultimo contributo importante, doppiamente …manifesto, unito a quanto scritto nei pezzi precedenti delle tue ’Piantagioni dell’utopia’, traggo l’opportunità di una riflessione sul lavoro. Non sarei un comunista se non dessi il giusto rilievo a questo punto: non per ‘obbligo ideologico’, ma perché il compito di chi lavora, a vari livelli, nella ‘produzione di cibo’, è decisivo per la natura e qualità sociale di tale produzione. Questo significa oggettivamente un ruolo politico centrale del lavoro, con la conseguenza di un’azione ed un impegno esplicita e militante (lo intendo, ovviamente, in senso allargato). So che a qualcuno verranno i brividi, ma la situazione reale si cambia con azioni precise. Il tuo manifesto mi pare che vada in tale direzione. Infine, mi hai dato un ulteriore motivo di approfondimento teorico e politico sui beni comuni.

  5. Red scrive:

    Segnaliamo una modifica nel testo del manifesto della cucina neo-tradizionale. Non avevamo inserito l’ultima versione a noi pervenuta. Il testo corretto, ora on line, si differenzia solo un capoverso, dove prevede, accanto al vino, l’apporto della birra, che peraltro registra in questi ultimi tempi una vivace presenza isolana, altamente qualitativa, da parte di giovani produttori. Ce ne scusiamo con i lettori e l’autore.

  6. Roberto Petza scrive:

    Da anni ormai faccio questi discorsi, pratico e insegno questo tipo di cucina, mi piace questo manifesto, anche se non condivido alcuni punti per esempio: perché chiudere la porta alla tecnologia? Ragazzi siamo nel 2011 e usare la tecnologia a nostro favore non può far altro che giovare e migliorare i nostri risultati. Il sottovuoto è un mezzo che ti da mille opportunità di realizzazioni, rispettando tradizioni e materie prime. Vedo molto più logico capire ed apprendere le giuste temperature di cottura e non solo il tempo.
    Comunque bene, bisogna continuare su questa strada, lo stereotipo di cucina gourmet o alta cucina basata su ingredienti non stagionali provenienti da qualsiasi parte del mondo mi dà da pensare, vorrei vedere più chef o cuochi che si scontrano con il loro territorio invece di prendere la cornetta del telefono ed ordinare qualsiasi cosa alle grandi case fornitrici di materia prima (sicuramente di grande qualità), ma che assolutamente non rispecchia le tradizioni o gli ingredienti del posto dove si opera.

  7. Piero Careddu scrive:

    Caro Roberto, grazie di averci onorato della tua attenzione: non c’è bisogno che ricordi a chi ci legge cosa tu hai rappresentato e rappresenti per la Sardegna e non solo. Il mio Manifesto non ha la pretesa di aver inventato o scoperto niente di nuovo; mi prendo semplicemente il merito di aver dato ordine scritto a mille idee e discorsi che ci facciamo da anni ma che, ahinoi (a parte te e pochi altri) hanno trovato scarsa applicazione e tantissime chiacchiere. Questo lavoro ha la sola ambizione di essere un punto di partenza, una scintilla, per aprire un dibattito sul ruolo di chi maneggia materie prime alimentari per trasformarle in piatti. Non è rivolto solo a chi come noi lo fa per mestiere: chi cucina oggi, in questa società malata, non ha il dovere ma L’OBBLIGO di fare scelte radicali in senso ambientalistico: è finito il tempo del predicare bene e razzolare bugie e inganni verso la gente…So che tu non hai bisogno di questo genere di raccomandazioni: ti conosco dai tempi di San Gavino, so bene quanto amore nutri verso la tua terra, la sua natura, le sue erbe e animali. Il manifesto è un invito a fermarci tutti un attimo, pensare a dove stiamo andando. La stessa provocazione lanciata nei confronti del delirio tecnologico (ha preso la mano un po’ troppo a tutti) non voleva essere una criminalizzazione, ma un invito a riscoprire il piacere di fare un buon sugo o una ricca zuppa di pesce dentro un contenitore di terracotta. Un abbraccio affettuoso con la promessa di apparire a breve a Siddi.

  8. Roberto Petza scrive:

    Caro Piero, a questo punto mi viene un’idea, perché non organizziamo un convegno sulla cucina eco-sostenibile centrata sulle bio-diversità regionali? rivolta agli operatori del settore e non. Si potrebbe coinvolgere l’intero comparto agroalimentare.
    Penso che la Sardegna abbia bisogno di una scrollatina e una tiratina d’orecchio per svegliarsi e far capire a tutti che l’esotico ce l’abbiamo in casa, perché dare una proposta di ristorazione diversa oggi, è proporre quello che ci dà la terra o il mare stagione per stagione e non fare una salsa di kiwi, usare l’angus argentino o le ciliegie a gennaio etc. etc.

  9. Daniela Delogu scrive:

    Per me cucina neo-tradizionale significa tutto quello che hai detto con una piccola aggiunta sulle tecnologie, che non rifiuto a priori ma che vedo come un supporto, un di più positivo se usate con criterio e nell’ottica di valorizzare le materie prime.
    Mi piace quando dici che i cuochi dovrebbero conoscere la chimica e la fisica e io aggiungerei anche l’educazione ambientale. Tre discipline che non possono essere ignorate da chi gioca con la salute nostra e del nostro pianeta. Purtroppo vedo ancora fare cose da brivido come buttare i grassi o l’olio della frittura negli scarichi dei lavandini o scaldare a secco le padelle antiaderenti di teflon. Sono cose gravissime soprattutto se chi lo fa tiene anche dei corsi presso scuole o in tv.
    L’esempio giusto è importante.

    Bellissimo questo post!!!

  10. Tommaso Sussarello scrive:

    Mamma mia che paura! Paura perchè si evoca un cambiamento radicale, paura perchè è divenuto “via obbligata” e non una scelta romantica. Grazie comunque a Marcello Madau che in qualche maniera compone il ragionamento evocando anche azioni concrete. Bello questo post e avanti così!

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