La volontà del Cardinale Martini

16 Settembre 2012
Graziano Pintori
La volontà del Cardinale Martini, quella di morire senza essere sottoposto ad accanimento terapeutico, è stata soddisfatta; come lo fu per papa Wojtyla, anch’egli morto seguendo la medesima procedura. I due hanno rifiutato inutili cure sui loro corpi irreversibilmente condannati. E’ stata una scelta di eutanasia passiva. Ciò significa che i due grandi esponenti del cattolicesimo si sono posti contro i principi bioetici della loro religione, quelle regole che i vertici della gerarchia ecclesiale pretendono che siano rispettati da tutti gli esseri umani. Le procedure che causarono la morte alla Englaro e a Wellj furono condannate dalla chiesa perché definite eutanasiche, perciò i due non erano degni di preghiera e di assistenza spirituale. Il cardinale Martini e papa Wojtyla non erano in coma ma coscienti in vita quando manifestarono le loro intenzioni. Sarebbe interessante come le stesse gerarchie definiscono le morti dei due illustri personaggi, rapportandole, magari, a quelle provocate dalla sospensione dei trattamenti artificiali, come avvenuto per Englaro e Wellj. Con questi precedenti potrà la chiesa continuare a opporsi al testamento biologico, apponendo principi bioetici che i due grandi esponenti della chiesa avevano respinto? Potrà ciascuno di noi andare incontro al proprio destino avendo, liberamente, opinato sulle cure prima di essere colpiti da eventuali malattie lunghe e invalidanti? Sull’esempio dei due alti prelati l’auspicio è che da parte della chiesa ci sia ripensamento e rispetto sul testamento biologico, che è un atto individuale e libero, sottoscritto dal cittadino italiano sulla base del diritto sancito dalla cassazione nel 2007. Un atto che riconosce l’inequivocabile volontà di non accettare il cosiddetto “accanimento terapeutico”. Il caso del Cardinale Martini ha il merito di rimettere in discussione la questione della laicità dello stato, della sovranità statale nei confronti dell’etica cattolica, della libertà individuale del cittadino. Sul rispetto di questi punti le riflessioni possono riguardare anche alcune forme di suicidio assistito, che potrebbe essere considerato come l’atto finale praticato a persone già condannate da malattie, con percorsi di sofferenza tali da alimentare il disinteresse per la vita. Per esempio, l’indimenticato Lucio Magri era affetto da sindrome depressiva, causata dalla scomparsa della moglie. Il noto politico con la morte della compagna aveva perso anche la capacità di vivere, cioè il senso della vita. Immagino il depresso Lucio Magri senza sguardo, senza gusto e così senza tatto, udito e olfatto. I cinque sensi li penso morti prima della sua stessa vita. L’uomo raffinato, intelligente, acuto osservatore della realtà non c’era più, esisteva un corpo con un cervello incapace di sopportare, razionalmente, una vita senza un’altra vita: quella dell’amata moglie. Penso a un uomo che sentiva il suo cuore ridotto a un irroratore di sangue attraverso vasi sanguiferi, non più il luogo della vita affettiva e spirituale. Un uomo malato terminale che rifiutava le cure, un malato che aveva deciso di porre fine alla sua esistenza tormentata, attanagliata da un dolore infinito. Un uomo incapace di elaborare il lutto, perciò viveva nel lutto come unico modo del sopravvivere umano, sentendosi inutile, vuoto, senza senso della vita. Non può, a questo punto, stupire più di tanto la decisione di Lucio Magri di porre fine (come – dove – quando) alla propria esistenza: questo, in piena autonomia, decise di fare, cosi fece. Al contrario di chi, invece, a causa di malattia invalidante, non può causarsi l’agognata morte, per porre fine ai tormenti provocati dall’irreversibilità della stessa malattia. In uno stato libero da dogmi etico/religiosi la morte dell’esponente politico sarebbe stata solo annunciata, con il rispetto che merita un atto intimamente libero; come pure sarebbe stato per “lo stacco della spina” dalle vite della Englaro e di Wellj.
In Italia la laicità dello stato è storicamente una sorvegliata speciale dall’etica cattolica, che pone in campo proposte che depotenziano, come nel caso del testamento biologico, il diritto all’autodeterminazione. Prova ne sia l’inconsueta rapidità con cui il Parlamento approvò le proposte contenute nel decreto legge Calabrò. Il quale recepisce gli orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana e attende la definitiva approvazione da parte del Senato. Sarà interessante assistere alla contraddizione della Repubblica Italiana se accoglierà un decreto legge dogmatico e ispirato dallo Stato del Vaticano, dove un cardinale ed un papa hanno scelto liberamente l’eutanasia passiva. Una legge che renderebbe disuguali i cittadini, i quali, per soddisfare le proprie scelte, paradossalmente, dovranno trasferirsi dentro le mura papaline.

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