Medea

2 Luglio 2022

[Marinella Lőrinczi]

Due bambine, due bimbe, una di cinque anni e una di cinque giorni, morte tragicamente. Due madri maggiorenni, ultraventenni, accanto ai corpi delle due piccole, più giovane la madre della prima bambina, infanticida confessa.

La bambina di cinque giorni, che non ha ricevuto nome, è stata invece ritrovata tra le lenzuola sporche del sangue del parto avvenuto in casa, senza evidente assistenza specialistica ma circondata da una famiglia omertosa. Siamo a metà dell’anno domini 2022.

Ho insistito sul femminile, peraltro inconfutabile, non inventato, perché questo dettaglio è sicuramente non solo fondamentale ma ha quasi il valore di un antico motivo mitologico. Che però si manifesta nella nostra contemporaneità, in parallelo con i maltrattamenti inflitti a donne e dei femminicidi (32 le vittime nella prima metà del 2022, un’altra si aggiunge ora, mentre scrivo). E dalle donne, la violenza tracima su bambini, che nei due casi di cronaca nera sono – casualmente? – bambine.

Perché tenere nascosta una giovane – ma non giovanissima – donna incinta, farla partorire in casa, esporla ad eventuali infezioni o emorragie, e stare zitti per cinque giorni assistendo alla lenta agonia della neonata? Perché l’altra donna, la giovane Medea si vendica del suo ex che si è trovato un’altra compagna, forse più giovane di lei, assassinando brutalmente la loro figlioletta, in uno stato di confusione mentale (per ora solo presumibile)? Ma lei, anche se sarà lacerata da rimorsi e pentimenti, non volerà via libera verso altri lidi lontani, verso le terre d’origine, come nel mito greco. Finirà invece in prigione o in una REMS (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, cioè ospedale penitenziario psichiatrico).

Qual è il ruolo e la responsabilità delle famiglie, in generale dei gruppi di appartenenza e della società, in queste tragedie quasi di altri tempi? E se i due bambini fossero stati maschietti, i comportamenti sarebbero stati gli stessi?

Guardiamoci intorno: la subalternità o la disparità femminile è intuibile e osservabile anche senza fare grandi ricerche. Anzi, ancor meglio osservabile, perché possono emergere dettagli sottili non rilevabili, o dati grezzi non rilevati attraverso le inchieste strutturate. E non c’è asterisco o schwa supponente o “gli studenti e le studentesse, gli avvocati e le avvocatesse ecc.” che migliorino lo stato delle cose, se poi vediamo come, in parallelo, l’escortismo di lusso o l’abuso sessuale, più o meno camuffati e più o meno imposti a chi li subisce, vengono innalzati a sistema, a normalità accettata, a certi vertici del cosiddetto mondo civile occidentale. E il loro fetore si sparge soltanto quando qualcuna/o osa scalfire la piaga purulenta che l’intero entourage fa finta di ignorare.

Perché evidenziare continuamente nella pubblicità che certe fragilità o caratteristiche fisiologiche o manifestazioni patologiche sarebbero o sono tipicamente femminili e non invece che “le donne provocano meno incidenti stradali degli uomini” (gennaio 2020) e che da questo le agenzie assicurative traggono vantaggi? Che 3 su 4 condannati per reati stradali sono maschi (a volte ubriachi)? Perché fare delle pretenziose ricerche psico-cognitive accademiche per dimostrare che le bambine e le ragazzine sono irresistibilmente attratte dal femmineo color rosa, senza prendere coscienza del fatto che l’imprinting in tal senso inizia dal primo attimo di vita, quando dal fiocco alla cuffietta al ciuccio, dalla giacchina alle scarpine alla carrozzina, tutto è rosa, per la premura di nonni, zii, genitori, al maschile e al femminile? In certi grandi magazzini avevano istituito tempo fa – non so se questo dato è ancora valido ma intanto il danno è stato fatto – reparti separati per giocattoli per bambine, da una parte, e per maschietti da un’altra.

Quante donne europee di mezza età, di ceto medio o medio-basso, sono state dissuase a loro tempo dall’usare attrezzi ‘maschili’ come cacciaviti, pinze, cesoie per potare ed altri utensili quotidiani (non domestici, come il coltello, bensì specialistici) di questo tipo? Oddio, il cacciavite è pure simbolico … dimenticavo. E, ancora prima o in parallelo, dal guidare? Come mai, per una ragazza, andare a studiare in città poteva essere considerato, ancora negli anni 60’-70’, da ‘puttane’? E queste sono madri o nonne delle generazioni più giovani che adesso ostentano chissà quali grandi libertà, conquistate peraltro da chi le ha precedute.

Certamente, chi realizza inchieste strutturate sulle conseguenze dei disagi intrafamiliari o di coppia non può andare a frugare nell’immondizia sparsa lungo le strade. Dove si possono ritrovare sacchi di vestiti femminili o maschili, buttati con rabbia in campagna (e non nei contenitori del comune), lungo le strade bianche percorse da macchine, che sono segni quasi inequivocabili di separazioni piene di rancore. Ma un caso per me abbastanza impressionante è stato quello di due indumenti da bambini, una tutina e un bavaglino nuovi nuovi, buttati così dal finestrino, all’uscita da una rotonda, dopo le feste natalizie di qualche anno fa: sul bavaglino era ricamato “Il mio primo Natale”. Sarà stato un regalo non gradito da qualche mamma o papà, nonna o nonno, subito eliminato con furia, appena aperto il pacco, attraverso il finestrino della macchina in corsa?

Questi sono raccontini della quotidianità, quasi bazzecole. Su una scala diversa cosa succede? Limitazioni crescenti della possibilità di abortire, in Europa come in America, in certi stati. L’ultimo, in ordine cronologico, è questo: https://www.washingtonpost.com/nation/2022/06/24/women-of-color-end-of-roe/ (su Roe, v. a https://en.wikipedia.org/wiki/Roe_v._Wade), di cui si è subito detto che peggiorerà soprattutto le condizioni di vita delle giovani donne di colore e di provenienza sociale disagiata. Questo e altro racconta, su una scala ancor più ampia e con maggiori dettagli e frazionamenti spaziali, attraverso ottanta argomenti mappati e graficizzati, l’Atlante delle donne coordinato dalla geografa canadese-statunitense Joni Seager (tr. it. Add Editore, Torino, 2020). Cito da una presentazione, quindi dalle conclusioni generali: “…le disuguaglianze di genere nel mondo sono ancora lontane dalla risoluzione, anzi rischiano di inasprirsi [in questo periodo storico]. I dati e i numeri, al contrario delle storie [cioè dello story-telling], sono impossibili da mettere in discussione.”

Altra conclusione: “Chi abita più spesso gli spazi casalinghi sono le donne, che hanno molte più possibilità di morire a causa dell’aria domestica inquinata dagli agenti chimici e dalle biomasse” e a causa dell’aggressività maggiore sviluppatasi in famiglia o nella convivenza odierna, pandemica, oserei aggiungere. La routine, il modo quotidiano del vivere degli uomini è ben diverso da quello femminile. E poi: “ancora oggi, le donne devono chiedere permesso a un uomo per uscire di casa; o sono costrette a interrompere gli studi per mancanza di politiche che le tutelino, … subiscono le violenze, spesso da parte del partner, o … non possono praticare alcuni sport perché a loro vietati.” E ancora: “la contraccezione è ancora responsabilità delle donne” tanto sono loro a rimanere incinte e poi a doversela vedere con la pillola del giorno dopo, con gli aborti, le cliniche, i medici ecc. per non dimenticare gli amorevoli parenti. Questo ovviamente in termini statistici, perché poi singoli casi contraddicono questi dati o queste constatazioni, che, anzi, saranno respinti con sdegno dalle stesse donne: ma quando mai che mio marito/compagno/fidanzato/padre/fratello mi abbia imposto questi comportamenti e queste rinunce.

E poi, scava scava, saltano fuori le dissuasioni, le raccomandazioni, oppure i pareri e le risposte del tipo “non le interessa, non ha interessi” se uno chiede a lui, in disparte, perché lei non continua a esercitare la sua professione. La violenza, sulla quale si insiste, non è solo fisica, è anche una guerra sotterranea, psicologica, che statisticamente non è evidenziabile: tu non ne sei capace (detto o fatto capire); non lo sai fare bene; io ho più esperienza dunque dammi retta; vedi i pasticci che hai combinato e che sono io a dover risolvere; non sai fare le operazioni on-line; non andare da sola a comprare la legna perché quel posto è frequentato da uomini; vorrei parlarne anche con tuo marito e non solo con te; e così via. Ognuna completi a questo punto l’elenco con esperienze e dati propri e soprattutto vada a leggere l’Atlante delle donne, sul quale le prime informazioni si possono avere qui di seguito: https://www.illibraio.it/news/dautore/atlante-delle-donne-1356410/, https://www.addeditore.it/catalogo/atlante-delle-donne/, https://www.chiacchiereletterarie.it/recensione-latlante-delle-donne-di-joni-seager/.

Altra documentazione qui: https://www.cittalia.it/wp-content/uploads/2020/01/citt%C3%A0-u-Le-donne-e-la-rappresentanza.-Una-lettura-di-genere-nelle-amministrazioni-comunali-2ed.pdf; https://www.radioradicale.it/scheda/632209/obiettivo-62-loccupazione-femminile-come-rilancio-nazionale-le-donne-come-priorita (convegno a distanza del 2021).

Immagine: Dipinto di Anselm Feuerbach, Medea.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI