Cosa può fare la Presidente Todde per uscire dal guado? Cambiare la legge elettorale

3 Agosto 2025

[Roberto Loddo]

Se l’attuale situazione della Giunta Todde potesse essere descritta da una canzone sceglierei Sympathy for the devil dei The Rolling Stones.

Nella mia banale interpretazione di quel bellissimo testo, ho sempre pensato alla saggezza del simpatizzare per il diavolo. Non nel senso di seguire il diavolo, ma, al contrario, alla saggezza determinata dall’essere consapevoli degli orrori che derivano dal far parte della storia umana e dal seguire comunque la dimensione del male. Essere consapevoli di far parte della storia umana significa essere consapevoli che ogni scelta politica può essere una scelta di liberazione o di oppressione per il popolo sardo.

Essere consapevoli del male in cui ci troviamo significa dare un volto a chi ci costringe a fuggire dalla nostra isola o ad essere sfruttati facendo i camerieri e i rider per quattro soldi. E allora diamolo un volto al male che ha favorito attività estranee ai nostri territori, a chi ha portato vantaggi solo a una ristretta oligarchia politica ed economica, a chi non ha mai praticato la riconversione delle fallimentari industrie inquinanti e a chi ha favorito e continua a favorire l’occupazione militare, la presenza delle basi e le fabbriche di bombe.

Penso che la Giunta Todde sia consapevole del male in cui ci troviamo e dovrebbe seguire la saggezza contenuta nella canzone di Sir Michael Philip Jagger, e dal primo all’ultimo assessore ricordarsi che facciamo parte di una storia straordinaria, e che prima di loro c’erano Marianna Bussalai, Giovanni Maria Angioy, Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Antonio Simon Mossa, Mario Melis e Luigi Pintor.

Per questo ha ragione Gianni Loy quando scrive che il popolo sardo ha scelto liberamente di affidare il governo della Regione Autonoma ad una precisa maggioranza politica e che è “del tutto irragionevole e sproporzionato” che la decisione popolare possa essere sovvertita dalla decisione di un organismo che punisce l’inadempienza di una candidata mortificando una volontà popolare.

Anche io penso che sarebbe saggio attendere la pronuncia della Corte costituzionale prima di emettere sentenze e richieste di dimissioni dalla propria pagina Facebook. Giusto difendere la volontà popolare della Sardegna. Con le unghie e con i denti. Perché è la Costituzione ad essere dalla nostra parte.

Tuttavia, è innegabile che esista un conflitto senza esclusione di colpi con il governo di estrema destra. Vogliono cancellare la Giunta Todde e sostituirla con il ritorno dell’Ancien Régime delle destre sarde e delle oligarchie per mantenere un modello di sviluppo neoliberista, selvaggio e velenoso.

Quale medicina può utilizzare la presidente Todde per uscire da questa palude di poteri terribili e interessi che vanno ben oltre il perimetro delle possibilità di Viale Trento?

Un provvedimento che può favorire il cambiamento dell’ordine delle cose esistenti è l’approvazione di una nuova legge elettorale statutaria regionale che superi l’attuale legge vergogna che garantisce alla coalizione vincente una maggioranza del 55% dei consiglieri regionali e una soglia di sbarramento del 10% a danno delle formazioni non alleate con le due coalizioni più votate. Una truffa elettorale che ha già tolto il diritto alla rappresentanza politica ad oltre centro mila cittadine e cittadini come ha denunciato SarDegna-Liberamus su votu che il primo agosto ha consegnato quasi 10000 firme a sostegno di una legge elettorale proporzionale di iniziativa popolare.

Senza una legge elettorale regionale democratica non ci può essere nessun tentativo di capacità critica e di mobilitazione delle opposizioni e nemmeno una efficace verifica della funzione legislativa ed esecutiva.

Ma se l’attuale maggioranza del Campo Largo cambia la legge elettorale in senso democratico e proporzionale quali vantaggi può avere in termini di consenso?

Almeno tre. Il primo vantaggio è determinato dal terremoto dalle proporzioni imprevedibili che toglierebbe ossigeno ai vari baroni del consenso e delle clientele delle due coalizioni maggiori. Una vera e propria bonifica degli strumenti della rappresentatività democratica attraverso l’abbassamento della soglia di sbarramento per liste e coalizioni, la cancellazione del voto disgiunto e l’abbandono (o quantomeno lo stemperamento) del modello presidenzialista, come propone la Scuola Politica Francesco Cocco e il Gruppo AVS in Consiglio regionale.

Il secondo vantaggio è di opinione. Una buona parte della società sarda sosterrebbe questa maggioranza se solo si ritrovasse il coraggio e la volontà di introdurre una norma di democrazia paritaria che porti ad avere una composizione del Consiglio Regionale in cui ogni genere sia rappresentato superando l’orrore della cancellazione delle donne dal Consiglio.

Il terzo vantaggio è tutto interno al futuro del Campo Largo perché si avrebbe un cambiamento dei rapporti di forza. Senza la necessità di costruire coalizioni con liste fotocopia e prive di anima non sarebbe affatto scontata la relazione privilegiata con il maggiore azionista del Campo largo, il Pd. Potrebbero nascere nuovi rapporti e nuove soggettività politiche.

Persino la nostra atomizzata sinistra sarda avrebbe più di un interesse nel praticare forme di unità a partire dalle liste. Non è un dettaglio ininfluente. Una legge elettorale che consenta di unire i conflitti sociali in una soggettività politica radicale ha portato Zohran Mamdani a vincere le primarie democratiche per la candidatura a sindaco di New York. Ecco, male non ci farebbe se iniziassimo anche noi.

Dentro i partiti del Campo Largo si arriverebbe ad un cambiamento naturale perché con l’attuale legge, intere aree territoriali della Sardegna sono state dimenticate. Se si cambia, volti nuovi sostituirebbero i soliti noti attraverso una maggiore rappresentanza politica dei territori marginali, attraverso l’aumento delle circoscrizioni territoriali e la suddivisione delle circoscrizioni maggiori come proposto da Ricostruiamo la democrazia sarda.

Una nuova legge elettorale è obbligatoria se, come sinistra sarda, scegliamo di rimettere in discussione un processo, mai concluso, di interessi e poteri che ci imprigionano al centralismo politico e culturale della Sardegna nei confronti dell’Italia.

Sinistra significa anche questo. Rompere ogni tabù sulla nostra isola delle disuguaglianze a partire dal tabù dell’autogoverno, dell’autodeterminazione e del patto costituzionale che lega la Regione Autonoma della Sardegna allo Stato italiano.

Un nuovo patto costituzionale che possa accogliere un modello di sviluppo basato su un nuovo Statuto speciale. Una strada che ponga fine alla violenza di un modello di sviluppo economico neoliberista, selvaggio e velenoso.

Per avviare questa fase nuova la Giunta Todde non ha a disposizione centinaia di cartucce. Il cambiamento possibile passa dal modo in cui si pratica la democrazia e nelle regole che ci diamo per costruire le nostre assemblee.

Nel caricatore l’unica cartuccia rimasta è quella del cambiamento della legge elettorale. Sparatela.

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