Stragi e infamie di generali italici e Vannacci

21 Agosto 2025

[Francesco Casula]

La presenza in Sardegna di Vannacci mi ha evocato e fatto ricordare alcuni suoi “colleghi”, italici come lui. Ecco un piccolo campionario di generali particolarmente repressivi e sanguinari dall’Italia preunitaria al ventennio fascista. Chissà se il nuovo campione della destra estrema li conosce e, magari li ammira anche!

Ha a che fare direttamente con la Sardegna uno dei più famosi generali della storia italica preunitaria: Alberto La Marmora. Nel 1849 – esattamente un anno dopo la funesta “Fusione perfetta” – proclamerà nella nostra Isola lo stato d’assedio. Militaresco e repressivo quanto altri mai in qualche modo si riscatta però con i suoi libri. Grande studioso, consegna alla cultura sarda molti scritti: come “Itinerarie de l’île de Sardaigne” (1860) ma soprattutto quei monumenti che sono i quattro volumi di “Voyage en Sardaigne, ou description statitique, phisique e politique de cette ile, avec des recherches sus ses produtions naturelles et ses antiquités” (1826).

I due scritti, entrambi in francese, diedero un profondo contributo alla conoscenza della Sardegna da parte dell’Europa colta di allora.

Solo militaresco e senza riscatto alcuno e anche lui dell’Italia preunitaria sarà Giovanni Durando che sempre in Sardegna, (Gallura) nel 1852 proclamerà pure lui lo stato d’assedio, “vendicando” così l’uccisione di un ingegnere piemontese.

Anche più sanguinario dei due precedenti un altro generale: Nino Bixio. È lui il responsabile di immani e numerosi massacri nel Meridione, specie nel 1860, con la repressione violenta e assassina in seguito all’arrivo di Garibaldi e i suoi 1000. Si trattò di un vero e proprio sterminio “alla Pol Pot” (Pino Aprile) delle popolazioni siciliane. Da ricordare soprattutto l’eccidio di Bronte.

A fine secolo un altro generale. Fiorenzo Bava Beccaris passerà alla storia per una vera e propria strage: questa volta a Milano, dove fra il 6 e il 9 maggio, l’esercito comandato proprio da tale generale, utilizzando per la prima volta nella storia italiana i cannoni per reprimere una Manifestazione, sparerà sulla folla causando 80 morti e 400 feriti.

Per questa “balentia” Bava Beccaris sarà premiato da re-mitraglia (Umberto I) con la nomina a senatore e verrà insignito della più alta onorificenza la Croce dell’Ordine militare di savoia.

Un altro generale sanguinario, non a caso gli si appiccicò l’epiteto di “macellaio” è Luigi Cadorna, che portò l’Italia a una cocente sconfitta con Caporetto. Incapace e sprovveduto, (tanto da essere sostituito con Armando Diaz) considerava i soldati semplice “carne da cannone”. E dopo la disfatta di Caporetto del 1917, attuò la decimazione, una pratica che comportava l’esecuzione di soldati estratti a sorte tra reparti che avevano mostrato segni di cedimento o disobbedienza. Cadorna, con la sua concezione rigida della disciplina militaresca, vedeva nella decimazione uno strumento per ristabilire l’ordine e l’efficacia dell’esercito.

Su questo sanguinario cialtrone Lussu scriverà che “era più utile al nemico da vivo che da morto”.

Forse ancor più sanguinario fu un altro generale, questa volta fascista Rodolfo Graziani.

Ebbe responsabilità di comando durante le guerre coloniali italiane: nella riconquista della Libia (1921-1931), nella guerra d’Etiopia e successivamente nella repressione della guerriglia abissina (1936-1937). Il suo ruolo in Libia e i suoi metodi brutali gli valsero il soprannome di “macellaio del Fezzan”.

Nel dopoguerra, a causa dell’uso di gas tossici e dei bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa durante la guerra d’Etiopia, fu inserito dalla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra nella lista dei criminali di guerra su richiesta del governo etiope, ma non venne mai processato. Fu invece processato e condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo, anche se, scontati quattro mesi, fu scarcerato.

Aderì quindi al Movimento Sociale Italiano, del quale divenne presidente onorario!

Buon sangue non mente: fascista era e fascista rimase!

L’ultimo generale di questo mio breve campionario è Pietro Badoglio. Come Rodolfo Graziani anche lui nella campagna d’Etiopia (1935-36), utilizzo i gas asfissianti e dei lanciafiamme. Per “spezzare la resistenza nemica”, dichiarò M, il figlio del fabbro di Predappio, che in vari telegrammi lo sollecitava in questo senso.

L’uso di gas da parte delle truppe italiane in Etiopia è stato ampiamente documentato e confermato da diverse fonti, che descrivono l’impiego di aggressivi chimici come l’iprite, noto anche come “gas mostarda” per il suo odore. Questo gas causava gravi ustioni sulla pelle e danni respiratori se inalato. L’uso di tali armi chimiche fu considerato un atto grave, che violava le convenzioni internazionali sulla guerra.

Di siffatto generale è da ricordare anche il suo comportamento conigliesco, quando l’8 settembre 1943, dopo l’annuncio dell’armistizio con gli Alleati, insieme al re Sciaboletta, abbandonò Roma nella notte tra l’8 e il 9 settembre, fuggendo a Brindisi. Questo evento lasciò l’esercito italiano senza una guida, militare e politica e favorì l’occupazione tedesca dell’Italia.

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